Lezioni - parte II

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Eragon ed Astra passarono le due settimane successive a pedinare gli stregoni, allenarsi con la spada e a contattare il Limes.
Eragon faceva ottimi progressi, lei un po' meno con la spada, finché non applicò un incantesimo alla sua arma di ferro per renderla più leggera (all'insaputa del suo avversario). Non amava particolarmente gli ampi gesti che doveva fare con una sola mano, ma apprezzava la forza che poteva imprimere con due braccia contemporaneamente.
Ma la spada non fu l'unica arma che utilizzarono: Astra infatti aveva portato con sé un bellissimo bastone elfico intagliato con rune arcane che le aveva regalato Eldoar dopo la sua trasformazione. Purtroppo Eragon non aveva mai combattuto con un bastone, per cui, venne ricoperto di lividi in ogni parte del suo corpo. Quando Astra voleva prenderlo in giro o farsi rispettare lo minacciava dicendogli che l'avrebbe riempito di legnate, cosa che per Eragon era una vera e propria minaccia fatta col cuore. Infatti, non gli risparmiava un colpo neanche per permettergli di impugnare meglio la sua arma: lui poteva vendicarsi solo quando si allenavano con la spada, ma le occasioni di rivalsa stavano diventando sempre di meno data la velocità di apprendimento di Astra. Gli allenamenti si facevano sempre più lunghi e stancanti e spesso finivano senza un vincitore.
Per conto suo Astra continuava a studiare tutti i libri che si era portata da casa e quando Eragon glielo chiedeva, era pronta a spiegargli tutto ciò che voleva sapere. Diventarono così l'uno il maestro dell'altra e viceversa. Stava nascendo un'intesa piacevole tra i due.

Quella settimana, come previsto da Astra, era arrivato l'inverno: dagli altipiani che stavano attraversando si poteva vedere chiaramente una grande distesa di neve che imbiancava il territorio circostante. Le montagne che si stavano lasciando alle spalle erano costantemente avvolte da strati di nuvole; i rapaci erano scesi dalle vette alle valli per cercare cibo per il loro cuccioli.
Nel punto che stavano attraversando faceva troppo caldo per nevicare, quindi quel giorno Astra ed Eragon arrivarono a fine giornata totalmente bagnati.
"Odio... i vestiti... bagnati. Ti si appiccicano... addosso" ansimava mentre tentava di togliersi i vestiti da viaggio ormai zuppi; era talmente in preda al panico che non si stava neanche preoccupando di spogliarsi davanti ad Eragon.
Lui si voltò discretamente dall'altra parte e si preoccupò di accendere il fuoco: una bella sfida dato che pioveva da un giorno intero e che fu difficilissimo trovare la legna asciutta sotto le foglie. Non sarebbe certo bastata per asciugare i vestiti e tenerli a caldo per tutta la notte, così Astra evocò un fuoco magico che bruciava a mezz'aria senza bisogno della legna: le fiamme avevano colore verde ed oro, e guizzavano danzanti verso l'alto con vivacità.
Eragon rimase incantato da quei colori e continuò a fissarli finché Astra non gli parlò:
"Che fai tu non ti cambi? Morirai di freddo." Le dispiacque avergli parlato mentre lo stava guardando intensamente: per un attimo se lo ricordò come lo aveva visto esattamente tre settimane prima seduto a guardare il fuoco in una radura vicino a Narda, esattamente come nella visione di un mese prima. Non avrebbe mai voluto smettere di guardare i suoi lineamenti affilati e perfetti del volto essere accarezzati dalla luce del fuoco.
Non ci pensare nemmeno. Si disse.
"Beh si, il tuo fuoco è caldo, mi asciugherò..."
"No, questo è quello che pensi tu, stanotte morirai di freddo se non ti cambi. Tranquillo non ti guardo."
Una volta al caldo e all'asciutto, Astra tirò fuori dal nulla teli e coperte per poter fare un rifugio per la notte. Sapevano che sarebbe piovuto nuovamente, quindi fecero un rifugio dove poter dormire vicini senza il rischio di bagnarsi. Una volta ne avevano fatto uno da piccoli, insieme a Roran, per gioco nella foresta: allora era costituito solo di rami e foglie secche. Era solo un vago ricordo nella mente di Eragon, eppure non aveva dimenticato che anche allora era stata lei a progettare il tutto.
Si sdraiano a pancia in giù nei sacchi a pelo ed Astra tirò fuori un grande libro rilegato in pelle: conteneva almeno un centinaio di pagine tutte disegnate a mano. In ogni pagina c'era un disegno di una creatura magica e nella pagina accanto una breve descrizione al riguardo. Era esattamente quello che serviva ad Eragon per comprendere meglio le forze magiche che si trovano intorno a loro.
"Guarda" disse Astra. Schioccò le dita e i disegni presero vita: il folletto che stavano guardando fece una capriola nella pagina e all'atterraggio fece una pernacchia ad Eragon.
"Sono dei tipacci questi folletti, molto maleducati."
Astra soffocò una risata, ma con scarsi risultati.
"Aspetta ma sei stata tu?"
Astra a quel punto scoppiò a ridere.
"Ma che impertinente!" E le fece il solletico. Lei, fulminea come sempre, scattò lontano ridendo: si teneva il fianco con la mano.
"No ti prego, il solletico no!"
"Va bene, solo se torni qua e mi fai vedere altre creature. Magari senza farmi pernacchie!"

"E adesso cosa fai?" Eragon era orgoglioso di essere riuscito a mettere la lama della sua spada al collo di Astra: non ci era mai riuscito prima, ma adesso la stringeva tra le sue braccia in una presa decisa e potenzialmente mortale.
"Ti darei un calcio in mezzo alle gambe, ma non credo che ti rialzeresti mai da terra."
"Te la do per buona, ma ricorda che sei già morta."
Lasciò cadere la spada a terra: era esausta e dolorante dato che si stavano allenando da un'ora. Eragon la lasciò andare con una carezza di scusa sul volto, ma lei era troppo delusa per rendersene conto. Stava sbagliando troppe cose fondamentali da due giorni, come la distribuzione dei passi e i fendenti: le facevano male i polsi a causa del peso della spada lunga, per nulla adatta alla sua massa, e per questo si sentiva costretta a cambiare mano ogni dieci minuti. Eragon, per pura cavalleria, cambiava mano a sua volta, ma rimaneva comunque più bravo.
"Stai migliorando" disse lui "sei solo stanca. Ti capisco..."
"No. Tu sei paziente e fiducioso, ma io devo arrivare subito e perfettamente al risultato. Io o imparo subito, o mi alleno per non retrocedere... ma non miglioro come fai tu."
"Ti sementirò" disse lui convinto.
"Lo spero" disse sinceramente lei.

"Vedi quelle luci che corrono tra i rami? Quelle di color oro e smeraldo?"
"Scoiattoli?"
"No, Eragon. Folletti. Decisamente curiosi, ma non abbastanza coraggiosi da palesarsi. Sentono la nostra potenza e ci temono. Ora dammi la prova di aver capito come fare: falli avvicinare a noi."
Eragon era deciso a non deluderla, e concentrandosi sui folletti, infuse tutte le emozioni positive e calmanti che potè nella loro coscienza. Era come comunicare con gli animali, ma bisognava essere più precisi e rispettosi. Dopo poco tempo le luci si avvicinarono seguendo un percorso leggiadro nell'aria (i folletti sapevano volare, aveva appreso nelle sere precedenti), e atterrarono proprio sulle ginocchia di Eragon; nell'antica lingua lui gli disse "Vi saluto amici miei, sono un Cavaliere dei Draghi e non vi farò del male. Potete fidarvi."
Poi aprì gli occhi e si riscosse dalla condizione di ascesi in cui si trovava: si ritrovò in grembo un esserino curioso, dotato di piccole ali trasparenti e una faccia verde dal naso e le orecchie lunghissime; un sorriso fatto di denti aguzzi lo fece sobbalzare ed Astra rise della sua reazione: il folletto fece una capriola e una giravolta intorno a lei, poi guizzò da dove era arrivato nel folto delle fronde dove non poteva essere visto.
Astra stava ancora sorridendo, i capelli castani le ricadevano morbidi sulle spalle e i lineamenti delicati erano incurvati in uno dei suoi sorrisi tanto belli quanto rari; aveva notato questo Eragon nelle tre settimane in cui avevano viaggiato: eccezion fatta per i momenti di sarcasmo, Astra non rideva mai. Eppure era così luminosa quando rideva...
"...molto bene. I folletti sono schivi, e tu al primo tentativo sei riuscito a fartene amico uno. Davvero, sei un alunno perfetto!"
"Ho avuto un'ottima insegnante."
"Beh si, ovvio! Grazie grazie."
La notte si stava facendo buia, segno che gli rimanevano poche ore per riposare. Quella notte faceva molto freddo, più delle altre notti: sulle montagne era arrivata la bufera; per fortuna loro, il giorno dopo sarebbero entrati a Teirm, dove finalmente avrebbero dormito in un letto vero.
Quella notte si dovettero accontentare di un letto di foglie, che non bastò a isolarli dall'umidità della foresta; Eragon si accorse che Astra stava tremando, così prese una coperta in più e si sdraiò accanto a lei mettendola a coprirli entrambi. Ancora immersa nel sonno, lei percepí il calore di Eragon e smise di tremare: se ne accorse solo la mattina seguente, quando una volta sveglia sentì il calore del suo respiro sul suo collo.
Ancora una volta, sorrise.

Eragon - La Seconda ProfeziaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora