Sento come il cemento ruvido quasi graffia i miei polpastrelli, mentre accarezzo la scritta sulla sua tomba. Immagino i suoi capelli neri, ad accarezzare il viso dolce e solare, che brillava grazie a quegli occhi azzurri che si confondevano con il cielo, come se ti ci potessi perdere guardandoli, come facevi con la grande distesa azzurra sopra la tua testa. Immagino, sentendo un sorriso farsi spazio sul mio volto, come le sue risposte mi potessero rendere furioso, durante i suoi futuri quindici anni, come l'avrei vista crescere, diventare più e più matura, ma rimanere sempre la mia bambina. Apro gli occhi: tutto ciò che avevo reso immaginario, è lì, sotto i miei occhi come sotto terra.
Era morta, sepolta, il suo viso pallido ancora impresso nella mia mente limpida da tutto meno che da lei, dagli occhi che da azzurri caddero in un immenso colore scuro, addolorante, un colore morto.
"Daisy,- la mia voce trema, non posso negare che è anche ciò che stanno facendo le mie mani, con le lacrime titubanti nel buttarsi giù per le mie guance o meno.- sentiamo la tua mancanza.
Mamma sta male, sai? Penso che tu lo sappia, hai passato i tuoi pochi anni di vita ad impegnarti ad essere forte e matura più di quanto una bambina della tua età possa essere.
Qualche volta apparecchia ancora per tre, rimanendo a guardare il posto a capotavola vuoto, penso che speri che qualche forza ti riporti da noi.
Dopo tutto quello che è successo, ci spererei anche io un po', ma ho sentito la tua voce spezzarsi, la tua vita strapparsi ed ho realizzato che non ci sei più.
Fa male, ogni giorno, andare a lavoro e non poterti dare nessun bacio, nessun buongiorno. Ed è piuttosto triste non poter andare dalle maestre e sentire i loro complimenti, sentirle fiere di dire che i tuoi voti erano perfetti ed annuire pensando 'mia figlia è perfetta'.
Non ne dubitare mai di questo, Daisy, sei perfetta, lo sei sempre stata per il tuo papà: anche quando ti ho vista, con gli occhi spiritati, la pelle a confondersi con il lenzuolo che a breve ti avrebbe coperta, per me eri la mia piccola bambina bellissima.
Mi sembra strano, stare qui, a pensare che sei stata incastrata nei tuoi eterni nove anni, a causa di una cosa che nemmeno ti riguardava minimamente, a causa di una cosa che nessuno, adulto, anziano, adolescente che sia avrebbe meritato."
Asciugo una lacrima, caduta sulla guancia dopo l'ennesima, che non riuscii a trattenere. Mi alzo, guardandola dall'alto. Rimango immobile, anche quando sento qualcuno chiamarmi, sono inchiodato davanti a mia figlia, sepolta. "Niall." La sua voce suona, roca, bassa al mio orecchio e mi volto, di scatto, scordandomi persino di essere in un cimitero, in quel cimitero, il suo cimitero. "Non sei andato a lavoro oggi. Pensavo fosse successo qualcosa, ma immaginavo di trovarti qui. Ne avuto la conferma quando Melissa mi ha detto che avevi preso un permesso."
"Non so nemmeno il perché tu ancora mi venga a trovare dopo tutto questo tempo, a dirla tutta."
"Perché sono tuo amico." Risponde, prontamente, come se quella affermazione fosse ciò che si aspettava.
"Giusto, amico." Ridacchio, amaro, schernendolo. "Dovrei andare, il permesso è solo per la mattinata ed è tardi."
La sua mano mi tira verso di lui, pretendo che io resti. "Sono le undici."
"E per me è tardi." Sbotto, strappandomi via dalla sua presa e andandomene nel silenzio di quel posto, luridamente sporco di morte.
//Emily's Point Of View//
Muovo la mano nell'acqua, fredda e sporca del lago in cui lui mi strinse, in cui lui mi disse di amarmi per la prima volta. Vedo una coppia, stringersi nell'acqua e lei ridacchiare quando lui la alza e la aiuta ad uscire. Stringo il pugno, pur non afferrando niente a causa del fatto che la mia mano è ancora nella fredda acqua del lago, serro la mascella, rimanendo a guardarli: sono quasi gelosa della loro felicità, quasi spero che prima o poi si distrugga la loro felicità, come se l'essere sadica mi stesse possedendo.
Tutti così felici, tutti così spensierati, mentre il mio mondo cade, pezzo dopo pezzo, briciola dopo briciola, frammento dopo frammento. Mi alzo, voltandomi e sbattendo contro una persona, non alzo lo sguardo. "Fai piano, cazzo." Sbotto, spostandomi da lui mentre il mio sguardo rimane basso. Lui ridacchia e ciò mi fa bloccare sul posto: ricordavo quella risatina. Mi volto di scatto e vado verso di lui. Non lo vedevo da mesi, come se uno stacco ci avesse improvvisamente allontanati senza che nemmeno ce ne accorgessimo.
"Acida." Mi guarda dall'alto, avvicinando una mano al mio fianco. Faccio un passo indietro, spingendo una mano sul suo petto, allontanandolo da me. "Emily, sono io. Non avere paura." Mi osserva, come fossi un esperimento appena testato e scuoto la testa.
"Non ho paura." Dico, il tono duro, sembra quasi cattivo mentre pronuncio quelle parole, pur non essendo mia intenzione. "Mi fa solo un po' strano vederti, dopo tutto questo tempo. Prima ci vedevamo praticamente tutti i giorni, era un'abitudine ormai vederti."
"Io e Harry abbiamo pensato di andare a vivere insieme, a Nord.- scrolla le spalle, i suoi occhi azzurri sono più chiari dell'ultima volta, non capisco se sia una mia impressione o se, semplicemente, non li avevo mai visti così felici. Alza la mano sinistra, mostrando l'anulare. – Volevo invitarvi alla nostra festa di fidanzamento. Lo abbiamo annunciato ufficialmente, i nostri genitori lo hanno accettato. Vi andrebbe di venire?"
"E ti presenti così?" Sbotto, scontrosa. Alzo le braccia al cielo. "Non ti fai vedere per mesi e ti presenti dicendomi che tu hai compiuto la tua bella vita felice mentre io mi sono imbottita di anti-depressivi dopo la morte di mia figlia?"
Sospira, chiudendo gli occhi e prendendo le mie spalle tra le sue mani, avvicinandomi a lui: non mi scosto, perché, nonostante tutto, mi è mancato e non posso negarlo. "Ti ho vista piangere, ti ho vista cadere a pezzi. L'unica cosa a cui ho pensato, è stata 'questa volta non ce la faccio'. Perché era vero, Emily, io non ce l'avrei fatta a tirarti su. Non si trattava più dell'abbandono di Niall, del suo arresto o di Zayn e le sue stronzate. Si trattava della morte della piccola bambina che ci ha segnato tutti. Daisy è stata una perdita per tutti noi: per te e Niall, soprattutto, per me, Harry e tutte quelle persone a cui quella bambina aveva regalato un sorriso. Harry ed io abbiamo deciso di allontanarci, di lasciarvi soli per un po', magari il vostro rapporto sarebbe migliorato visto che l'ultima volta che vi siamo venuti a trovare, dopo la sua morte, vi stavate letteralmente urlando contro, per motivazioni assolutamente inutili, oltretutto."
"Louis, è solo peggiorato tutto." Scrollo le spalle, scuotendo la testa. "Ha segnato tutto, non solo la nostra coppia, ma noi stessi. E questo ce lo aspettavamo, quando abbiamo saputo di lei. Non è colpa tua, ma nemmeno nostra, non penso sia di qualcuno, se non di quel bastardo che me l'ha portata via."
Lo vedo annuire, sorridendo debolmente mentre mi stringe a lui, forte prima di lasciare un bacio sulla mia fronte. "Cercheremo di venire." Sussurro, infine, sentendo un sorriso più grande farsi spazio sul suo volto. So che il tempo ci ha portato via i contatti, ma non ciò che tra noi c'è.
"Ci fareste un piacere enorme, mancate anche ad Harry." Ammette, con voce fragile. Annuisco, ricambiando, finalmente, il suo debole sorriso.
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PSYCHO 3
FanfictionLi guardo, prima lei, poi lui. Entrambi nervosi, a giocare con le proprie dita, le labbra socchiuse come se le parole da dire fossero lì, in balia del rimanere ferme in gola o uscire, essere urlate mentre il corpo trema dal nervoso. Io rimango a gu...