Capitolo 8

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Budapest, 27 luglio 2014
Il Gran Premio d'Ungheria era appena terminato, e Daniel sorrideva come non mai dal gradino più alto del podio. Proprio come a Montreal, a pochi giri dalla bandiera a scacchi si era guadagnato la testa della corsa con una serie di sorpassi magistrali e un duello da cardiopalma con Alonso.

Erano passati quasi due mesi dalla sua ultima vittoria, due mesi in cui il nostro rapporto si era rafforzato sempre di più; Daniel veniva spesso a trovarmi in Inghilterra durante le settimane di pausa tra un gran premio e l'altro, e durante i weekend di gara sfruttavamo ogni minuto libero per stare insieme, di nascosto ovviamente. Eravamo come due adolescenti che si incontrano all'insaputa dei genitori, e la cosa in fondo era anche divertente. Quando decidi di essere un pilota e di fare sul serio, spesso non hai occasione di vivere le esperienze tipiche degli adolescenti -le prime cotte, i primi baci dati di nascosto, gli incontri segreti- perché quegli anni li passi viaggiando di circuito in circuito, prima con i kart e poi, se hai fortuna e talento, nelle formule minori.

Quella domenica, come dopo ogni gara, aspettavo Daniel nella sua stanzetta del motorhome. Arrivò puntualissimo dopo la conferenza stampa, con la tuta slacciata e le cuffie adagiate intorno al collo dalle quali proveniva la musica degli Alexisonfire, la sua band preferita. In una mano stringeva la bottiglia di Champagne che aveva stappato sul podio.

-Ne ho conservato un po' solo per te- disse, passandomela.

-Ma che gentile- ridacchiai, e presi un lungo sorso. Ah, quanto mi mancava quel sapore: il sapore del podio, il sapore più buono di tutti quando salivi sul gradino più alto.

Mentre gli restituivo la bottiglia offrendogli l'ultimo sorso, notai che da quando era entrato si era passato la mano tra i capelli almeno dieci volte, con l'unico risultato di spettinarli ancora di più; lo conoscevo da abbastanza tempo per sapere che quel gesto significava che era nervoso, e non poco.

Inarcai un sopracciglio -Devi dirmi qualcosa?- gli chiesi, cogliendolo di sorpresa.

Daniel tornò a stuzzicarsi i capelli -Cos... oh. No, no, non devo dirti niente di nuovo. Perché... cosa te lo fa pensare?-.

-Non lo so... forse il fatto che tra un po' rimani pelato?- scoppiai a ridere e lui arrossì violentemente.

-Oh, ok, va bene, te lo dico- si arrese alla fine. Con gesti estremamente lenti si tolse le cuffie e le posò con cura sul bordo del lettino dove ero seduta, e si passò un paio di volte i palmi delle mani sul sottotuta. Stava prendendo tempo, e la cosa iniziò ad innervosire anche me. Cercai di non pensare, prima che ipotesi assurde su cosa avesse da dire di tanto importante iniziassero a frullarmi in testa a velocità folle.

-Ecco, allora...- esordì Daniel, sempre tormentandosi i capelli -Sai che oggi era l'ultima gara prima della pausa estiva... e... ecco, io durante queste settimane sarei tornato a Perth, dai miei, come tutti gli anni... e volevo chiederti, ovviamente solo se per te non è un problema... sì, ecco... di venire con me-.

Quando finì di parlare aveva ormai assunto il colorito di un pomodoro, e il suo sguardo vagava per la piccola stanza, evitando accuratamente di incrociare il mio.

Dal canto mio rimasi decisamente sorpresa da quella richiesta. Non correndo più non mi ero quasi resa conto che dal giorno dopo saremo stati tutti ufficialmente in ferie. E poi, conoscere la famiglia di Daniel un po' mi innervosiva; sapevano della nostra relazione? Sapevano qualcosa di me e del mio passato?

Daniel interpretò quel mio improvviso silenzio nella maniera sbagliata -Ripensandoci no, è una pessima idea. Possiamo andare dove vuoi tu, possiamo partire anche domani...-.

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