Capitolo 20 - EPILOGO

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Melbourne, 15 marzo 2015
Finii di allacciarmi la tuta e respirai profondamente, prima di girarmi verso lo specchio. Quando vidi la mia immagine riflessa il mio cuore iniziò ad accelerare pericolosamente; non era la prima volta che indossavo la tuta da pilota quell'anno, c'erano già stati la presentazione della vettura, i test invernali e le sessioni di prove dei giorni precedenti, ma era la prima volta che la indossavo per gareggiare. Solo in quel momento mi resi conto che stava succedendo davvero, stavo per ricominciare a correre, a lottare per il titolo mondiale.

Ero stata ferma solo un anno, un anno che sembrava non finire mai e in cui era successo di tutto. In quei dodici mesi ero cambiata così tanto che quasi stentavo a riconoscere la ragazza che vedevo riflessa allo specchio; sorridevo, e forse per la prima volta in vita mia avevo un altro grande amore, oltre alle corse. E non potevo essere più felice di così. Tutto era come doveva essere.

Un bussare frenetico alla porta della mia stanzetta del motorhome mi riportò alla realtà. Un secondo dopo entrò Lex con aria preoccupata.

-Non stai andando in panico, vero?- domandò.

Inarcai un sopracciglio -E perché dovrei andare in panico?-.

-Non lo so... è la tua prima gara dopo un anno, c'è un sacco di gente sugli spalti, e poi con tutto quello che è successo l'anno scorso... insomma guarda me, sono un fascio di nervi!-.

Scoppiai a ridere e di slancio l'abbracciai, un gesto che non avevo mai fatto da quando la conoscevo.

Lex s'irrigidì, ricambiò timidamente la mia stretta poi si scostò leggermente, in modo da potermi guardare in faccia -Chi sei tu e che cosa hai fatto alla mia amica?!-.

-Sono il clone di Luna, venuta dal futuro- risposi, con l'espressione più seria che riuscii ad assumere -Sono qui per informarvi che Luna vincerà i prossimi quattro titoli mondiali-.

-Pff, solo quattro?- la mia PR finalmente si rilassò e ridacchiò -Dì alla Luna del presente che deve schierare la monoposto tra quindici minuti- disse poi, prima di andarsene e lasciarmi di nuovo sola.

Presi il casco dalla mensola accanto allo specchio e dopo aver lanciato un'ultima occhiata al mio riflesso lasciai la stanzetta. In quel preciso momento la porta di fronte si aprii e ne uscì Daniel, anche lui con indosso la tuta e il casco in mano. Un enorme sorriso si aprì sul suo volto.

-Pronta a perdere?- disse con aria di sfida.

-Pronto a fare una figuraccia davanti al tuo pubblico?- replicai.

Daniel annullò la distanza tra di noi e mi spinse contro la porta chiusa della mia stanza. Il mio cuore accelerò di nuovo -Potrei anche ritirarmi che il mio pubblico mi amerebbe lo stesso- soffiò a pochi centimetri dalle mie labbra.

-Non solo il tuo pubblico...- risposi, prima di baciarlo. Tuttavia Daniel non rispose al bacio, anzi, si scostò leggermente. Lo guardai senza capire: l'espressione strafottente era sparita, sostituita da un sorriso e uno sguardo piuttosto da... ebete.

-Daniel?- lo richiamai, sventolandogli una mano davanti agli occhi.

Lui sembrò ritornare sulla Terra e mi baciò, premendo tutto il suo corpo contro il mio e rischiando di farmi perdere il controllo.

-Se stai cercando di deconcentrarmi, sappi che non funziona- sussurrai quando ci staccammo, mentendo spudoratamente.

-Bugiarda-.

Se ne era accorto.

-LUNA! DANIEL! Non fatemi venire lì!- la voce di Lex, proveniente dal piano inferiore e piuttosto irritata, ci fece sussultare entrambi.

A malincuore Daniel si scostò da me, ed entrambi ci avviammo lungo lo stretto corridoio che portava alle scale.

-Ah e per la cronaca, ti amo anch'io- sussurrò al mio orecchio mentre camminavamo.

Stavolta fui io a rimanere inebetita, tanto che mi fermai di colpo e lo guardai con un'espressione che lo fece scoppiare a ridere. Mi sentii di colpo avvampare.

In un secondo Daniel fu al mio fianco con il cellulare in mano, e prima che me ne rendessi conto aveva scattato un selfie mentre mi cingeva le spalle con un braccio.

-Ehi!- protestai, riprendendomi da quello shock momentaneo.

Lui mi mostrò soddisfatto lo schermo del telefono: aveva scattato la foto dall'alto, ed io sembravo ancora più piccola vicino a lui. Daniel aveva il suo solito mega sorriso che andava da un orecchio all'altro, ma quello che mi colpii di più fu l'espressione incredibilmente serena e naturale che vidi sul mio volto. Avevo le guance leggermente arrossate e un sorriso sincero e spontaneo che raramente riuscivo ad avere in foto -che tra l'altro avevo sempre cercato di evitare come la peste.

-Questa va su Instagram!- esclamò Daniel tutto soddisfatto, e per evitare qualsiasi replica da parte mia fuggì, scendendo le scale due gradini alla volta.

Quella foto avrebbe sollevato parecchi interrogativi, sicuramente sui social sarebbe rimbalzata ovunque l'ipotesi che io e Daniel fossimo qualcosa di più che semplici amici e compagni di squadra, e probabilmente sarebbe diventata oggetto delle domande dei giornalisti per i prossimi mesi, ma per la prima volta non mi importava. Ero felice, e questo mi bastava.

Quando arrivai ai box Daniel era già dentro la sua monoposto con il motore acceso. Davanti a me, oltre la pitlane e il muretto, intravidi le tribune stracolme di pubblico festante e avvertii quella piacevole sensazione alla bocca dello stomaco che mi era mancata per un anno.

Quasi mi tremavano le mani quando mi infilai il casco, mi calai nell'abitacolo e posizionai il volante, mentre i meccanici mi assicuravano al sedile con le cinture di sicurezza. Avviai il motore, lo sentii svegliarsi e rombare alle mie spalle, e il mio corpo si riempii immediatamente di pelle d'oca.

Come di consuetudine, prima di lasciare il box aprii il canale radio premendo il pulsante sul volante per controllare che funzionasse tutto -Radio check. Posso andare?-.

Con mia grande sorpresa la voce che mi rispose non era quella del mio ingegnere di pista, ma quella di Christian -E' bello sentire di nuovo la tua voce in cuffia! Buona fortuna!- esclamò, facendomi sorridere sotto al casco.

I meccanici alzarono il monitor, liberandomi la visuale, e mi fecero scendere dai cavalletti. Uscii lentamente dal box, accodandomi alla vettura di Daniel. Quando finalmente uscimmo dalla pitlane il boato del pubblico quasi sovrastò il rumore dei motori, mentre davanti a me si snodava pian piano il circuito dell'Albert Park.

I quindici minuti che mancavano alla partenza passarono senza che me ne accorgessi. In un battito di ciglia ero schierata in griglia, di fianco a Daniel, e il primo semaforo stava per accendersi.

Uno.

Era tutto vero. Ero tornata in pista.

Due.

Se solo mi avessero raccontato tutto questo un anno fa non ci avrei creduto.

Tre.

Strinsi saldamente il volante tra le mani.

Quattro.

Chiusi gli occhi e respirai profondamente.

Cinque.

Si comincia.


FINE



A breve pubblicherò un capitolo dedicato ai ringraziamenti, non voglio "intasare" l'epilogo e lasciarvelo godere così com'è :)

LunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora