Capitolo 14

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La sera prima della partenza del team per Spa, Daniel rincasò più tardi del solito. Aveva i vestiti e le mani macchiate di quello che aveva tutta l'aria e l'odore di grasso di motore.

-Che hai combinato?- domandò Lex, che stava sparecchiando i resti di una cena per due.

-Niente- bofonchiò lui, mentre cercava di lavarsi la mano sana nel lavandino della cucina sotto lo sguardo schifato della ragazza, che però non osò dirgli nulla.

Fu lui a parlare dopo qualche minuto di silenzio interrotto solo dallo scorrere dell'acqua -Non vado a Spa- annunciò.

A Lex scivolò il piatto sporco che teneva in mano, che finì in pezzi ai suoi piedi -Che hai detto?-.

-Ho detto che non vado a Spa- ripeté Daniel, scandendo bene ogni parola.

-Ma ti hanno detto che la mano è a posto e puoi correre!-.

-Non è per la mano-.

Lex sospirò -Così non la aiuti- disse, abbassando la voce per non farsi sentire da Luna -Perderai uno dei gran premi più belli, farai incazzare tutta la squadra, magari perderai il posto... e qui non risolverai nulla. Lei non uscirà da quella stanza e non verrà da te solo perché quel coglione del suo ragazzo ha rinunciato a correre un gran premio!-.

Daniel scattò in avanti tanto bruscamente da spaventarla -Tu non puoi saperlo- sibilò, a pochi centimetri dal suo viso, lo sguardo infuocato come mai lo aveva visto.

-Oh, posso eccome!- ribatté lei, spingendolo via -Lei ha bisogno del suo spazio, ha bisogno di riprendersi e tu la opprimi! La tua sola presenza in questa casa la fa sentire soffocata!-.

-Come sai queste cose? Te lo ha detto lei?- un lampo di puro terrore balenò negli occhi di Daniel.

-No, ma so che è così, Dan. E forse lo sai anche tu...-.

-Tu non sai niente!- gridò, e Lex sussultò -Tu non sai di cosa ha bisogno lei, e non puoi dirmi cosa devo o non devo fare io! Non ne hai il diritto!-.

Lex si era un po' spaventarla da quell'improvviso scatto d'ira, ma cercò di non darlo a vedere. Fece un respiro profondo per calmarsi e per scacciare la voglia di gridare più forte di lui e di vomitargli addosso tutti gli insulti che le venivano in mente -Sai una cosa? Hai ragione- disse, prendendo il suo cellulare -Io non so nulla, e soprattutto non posso dirti cosa devi o non devi fare. Sono una semplice PR, e non lavoro neanche per te. Ma Christian, o chi per lui, ha tutta l'autorità di dirti che stai facendo una cazzata colossale e di ordinarti di muovere il culo e andare in aeroporto, altrimenti perderai il posto, o sbaglio?- così dicendo mostrò a Daniel lo schermo del telefono che segnalava una chiamata in uscita verso la PR di Christian -non si sentiva ancora così in confidenza con il loro capo da telefonargli al cellulare alle nove di sera passate, anche se i rapporti erano molto migliorati dall'incidente di Luna-, e uscì sul balcone chiudendosi fuori per evitare che il pilota potesse fermarla in qualche modo. Daniel tuttavia non si mosse né provò a dirle qualcosa. Scavalcò i frammenti del piatto che Lex aveva rotto e si lasciò cadere a peso morto sul divano, esausto. Si sentiva completamente svuotato. Non sentiva nemmeno più quella voglia matta di correre che lo pervadeva durante le pause tra una gara e l'altra, non aveva più stimoli. Come poteva anche solo pensare di salire in macchina e rimanere concentrato su quello che stava facendo, se la sua testa era altrove?

Dei leggerissimi passi sulla moquette alle sue spalle attirarono la sua attenzione; non poteva essere Lex: lei sarebbe rientrata di gran carriera annunciando di aver fatto la spia sulla sua decisione a mezza squadra, e che l'indomani mattina sarebbero venuti a prelevarlo di forza se non si fosse recato all'aeroporto sulle sue gambe. Si voltò, e vide che Luna era uscita dalla sua stanza e stava venendo verso di lui. Con il cuore a mille la vide aggirare il divano e sedersi sul tavolino basso di vetro di fronte a lui, a distanza di sicurezza.

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