Capitolo 13

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Nel pomeriggio una psicoterapeuta trascorse qualche ora nella stanza di Luna, la cui porta era costantemente presidiata da Daniel e Lex, che non lasciavano la loro postazione nemmeno per andare in bagno. Christian era tornato in ufficio: avrebbe messo insieme tutti i PR del team per prevenire qualsiasi mossa dei media, già appostati dalle prime luci dell'alba davanti all'ospedale. La versione ufficiale concordata con Lex e Daniel era che Luna era stata coinvolta in un incidente stradale, fortunatamente senza conseguenze, e che i medici avevano preferito tenerla ricoverata un giorno in osservazione.

La diagnosi della psicoterapeuta fu un lieve disturbo post traumatico da stress. Spiegò che nelle vittime di aggressione era piuttosto comune che si sentissero minacciate dal contatto con un uomo, anche se si trattava, come in quel caso, del loro stesso compagno. Si raccomandò di non forzarla, perché avrebbero solo peggiorato le cose: avrebbe fatto lei il primo passo, quando si fosse sentita pronta.

Quella diagnosi fu come un pugno nello stomaco per Daniel. Lex lo vide afflosciarsi sempre di più a ogni parola della dottoressa, e quando riuscì ad incrociare il suo sguardo vide che quella scintilla di vitalità che lo aveva da sempre contraddistinto, quella che lo rendeva Daniel Ricciardo, si era spenta. Non riusciva a vedere nemmeno la rabbia verso l'uomo che aveva aggredito Luna che lo aveva accecato fino a poco prima. A posto del ragazzo sempre allegro e sorridente che aveva imparato a conoscere ed apprezzare sempre meglio ora c'era un guscio vuoto.

-Tornerà- disse Lex, sfiorandogli il braccio -La conosco da tanto tempo, e non l'ho mai vista così felice come da quando ti conosce. Lei ti ama, e non se n'è dimenticata-.

Non riuscì ad ottenere più di un cenno meccanico del capo da Daniel, ma era sicurissima di aver visto una lacrima sfuggire al suo controllo prima che si voltasse.

***

Luna venne dimessa quella sera stessa, e fatta uscire da un'uscita di sicurezza sul retro dell'edificio per evitare la massa di giornalisti che ancora piantonavano l'ingresso principale dell'ospedale. Lex l'aveva accompagnata lungo i corridoi, mentre Daniel le aspettava in macchina con il motore acceso, pronto a partire.

La vide rannicchiarsi sul sedile posteriore della sua stessa Infiniti, nascosta in una felpa troppo grande per lei, allacciata fino al collo, con le maniche che le coprivano quasi completamente le mani e il cappuccio tirato su. I loro sguardi si incrociarono per un secondo nello specchietto retrovisore; Daniel aprì la bocca per parlare, ma lei si ritirò ancora di più nel rifugio sicuro che le concedeva il cappuccio.

-Parti, veloce!- la voce di Lex lo riportò bruscamente alla realtà -Certo che potevamo prendere la mia macchina, di sicuro da meno nell'occhio di questa!-.

Daniel partì sgommando, proprio mentre due ragazzini che non dovevano avere più di vent'anni facevano capolino da dietro una delle piante che circondavano l'ospedale, armati di macchine fotografiche quasi più grandi di loro. I flash rimbalzarono sui vetri oscurati dell'auto mentre lasciava a tutta velocità il cortile.

-Ecco perché non abbiamo preso la tua- sibilò Daniel, la voce tagliente come un rasoio, mentre Lex si aggrappava con entrambe le mani alla cintura di sicurezza e ringraziava mentalmente l'amica per aver voluto i vetri oscurati sulla sua auto.

A parte quello scambio di frecciatine sulla macchina e qualche domanda di Lex a cui Luna rispose a monosillabi, il tragitto verso casa fu silenzioso e carico di tensione, tanto che non appena scesero dall'auto a Lex parve di tornare a respirare di nuovo dopo essere stata per troppo tempo in apnea.

Casa di Luna era pulita e in ordine come non lo era mai stata. Non appena il medico aveva dato l'ok per dimettere Luna, Lex era corsa a casa sua per far sì che fosse tutto a posto quando fosse tornata. Con il cuore pesante come un macigno aveva tolto dalla stanza da letto qualsiasi cosa appartenesse a Daniel e aveva riposto tutto in una borsa ai piedi del divano, sicura che il pilota avrebbe insistito per passare la notte lì.

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