2. Tapas e caffè

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Barcellona, agosto.

Ana ha quarant'anni, anche se ne dimostra dieci di meno, occhi neri, piglio deciso e fare energico. La vediamo spuntare per la prima volta dal balcone dell' appartamento che abbiamo trovato su internet, dove staremo per pochi giorni.

Ciaoooo – urla – vi apro, aspettate un minuto solo – dice prima di scomparire nuovamente e lasciarci dubbiosi sulla porta per un quarto d'ora buono. Quando finalmente ci accoglie in quella che scopriamo successivamente essere casa sua, basta un'occhiata per innamorarcene. I colori caldi delle pareti e dei mobili ispirano accoglienza sincera e genuina, l'accozzaglia scoordinata di oggettini e soprammobili sparsi in giro parla di vita vissuta, senza essere invadente. Mentre Ana ci illustra tutto quello che c'è da sapere, intravedo nella credenza di ciliegio una moka rossa e gigantesca, cosa che mi conquista definitivamente. Ci lascia le chiavi ed è sul punto di andarsene quando salta fuori per caso che non abbiamo mangiato e stiamo morendo di fame. Come se fosse la cosa più logica del mondo risponde: - Anch'io!! Venite che vi porto a pranzo.

Ci ritroviamo poco dopo nella piazza vicina, disseminata di tavolini e marmocchi che si danno un gran daffare per addobbarla in vista della imminente festa di quartiere. C'è questa cosa di alcune metropoli 'mediterranee' per così dire, dove nonostante le grandi dimensioni della città, sopravvivono lacerti di tessuto urbano in cui si respirano la vita e i ritmi di un paesino. Ana ne è consapevole e ce ne parla col tono entusiasta degli innamorati, ci racconta la sua Barcellona in modo schietto e deciso, senza risparmiarsi un candido – Non mi piacciono i turisti, sembrano degli zombie – al quale scoppiamo a ridere. 

Alla nostra domanda del perché abbia deciso di affittare casa sua ci parla di un progetto di vita che le illumina il viso, e basta una frase e uno sguardo per farci capire che ci sono scelte per cui vale la pena fare questo ed altro. Decido che mi piace molto questa donna sincera, coi capelli spettinati, i fianchi larghi e il fisico sinuoso. Ribadisco a me stessa che amo questa città aperta e cordiale, di affollati viali ottocenteschi, sonnacchiosi vicoli gotici e bambini che giocano in piazza. 

Alla fine, dopo esserci abbuffate ben bene di tapas torniamo all'appartamento. Lì Ana ci saluta calorosamente non senza averci fatto capire, col sorriso sulle labbra, che se le distruggiamo casa, ci fa un culo più incommensurabile della Sagrada Familia.

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