23. Acccordo rosso

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Ci sono degli appuntamenti a cui cerco di arrivare  in anticipo. Per esempio a quello di sabato pomeriggio, quando sono andata a prendere un'amica in stazione centrale.

Centrale è un altro dei miei luoghi preferiti a Milano, soprattutto quando non sono io a dover salire o scendere da un treno. Allora mi metto in un cantuccio, puntino minuscolo e fermo in quel moto perpetuo di orari stampati negli occhi.  È impossibile descrivere l’entropia garbata di Centrale, ma viene quasi da credere che sia regolata da principi appartenenti solo a questo luogo.  C’è omogeneità, quasi armonia nei visi che si susseguono, non mi fisso su nessuno, mi cullo su  un’ impressione generale, costante esattamente come il rumore di sottofondo.

Poi all’improvviso, una nota acuta. Provate a immaginarlo, un accordo rosso in mezzo a suoni appena abbozzati. È una cosetta piccola e aguzza, attende irrequieta al gate, una mantella che scopre due gambe esili, un  bel guizzo cremisi, che totalizza il campo visivo. Ha una lunga treccia bionda che sposta continuamente da una spalla all’altra, un ampio cappuccio che si cala sulla fronte. Si specchia nei monitor, non si piace, lo abbassa, ci ripensa, lo risistema, si tormenta. Chissà chi è, questa creaturina delle favole prestata alla dimensione urbana. Passeggia nervosa, l’attività di aspettare può rendere incredibilmente occupati, lei ci si applica con perizia. 

D’un tratto dal Gate sgorga una nuova corrente di passeggeri, tutti identici, tutti rumori di sottofondo. Eppure lei ne individua uno, lo raggiunge lo avvolge, lo  estrae dal flusso e  lascia che le vite degli altri scivolino loro addosso.

Per questo a certi appuntamenti cerco di arrivare prima. Per assistere a un rumore che diventa musica.

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