Casa Davis

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Dopo aver salutato la signora Sullivan e il piccolo Ricky - e dopo aver promesso loro di sentirci ogni tanto - scesi dall'aereo. Immediatamente una marea di gente parve venirmi addosso, mentre correva impazzita da tutte le parti. La frenesia di un'areoporto, pari a quella di un alveare pieno di apette operaie. Tutti impegnati a raggiungere una destinazione, che fosse vicina o lontana non aveva importanza, tutti con l'urgenza di raggiungere qualcuno, qualcosa. Di facce felici ce n'erano a bizzeffe, chi tornava stanco da un lungo viaggio, desideroso di tornare a casa , bambini che correvano tra le braccia dei genitori. Ma c'erano anche facce tristi. Facce di chi, probabilmente, aveva appena perso l'amore della propria vita, la propria migliore amica o parte della propria famiglia, portati via da un aereo. Facce di chi avrebbe voluto essere altrove, ma si trovava costretto a restare, o ad andare. Tutte decisioni difficili, scelte, problemi.
Chissá come sarebbe stata la mia vita qui in Canada. Chissá.
Mi sbloccai dalla trance in cui ero caduta e mi trascinai di peso le valigie guardandomi attorno. Con lo sguardo cercavo un qualche volto familiare. Cercavo la sorella di Lesli, senza sapere dove andare. Improvvisamente qualcuno mi venne addosso, e per poco non caddi a terra.

"Oh, mi scusi tanto signorina non l'avevo vista!" Una signora di mezz'etá con l'aria del tutto mortificata cercava di verificare che fosse tutto okay, ma quando finalmente alzai lo sguardo... sorpresa! Era Susan quella che mi stava di fronte. Aveva gli stessi identici occhi di Lesli, ed era incredibile quanto si somigliassero. Certo, i capelli rossicci e ondulati che le ricadevano sulle spalle erano molto diversi da quelli di Lesli, biondi e lisci come spaghetti. Ma tutto sommato, era possibile riconoscerle come sorelle. Il suo volto s'illuminó immediatamente.

"Sally! Oh sei proprio tu, come è andato il volo? Come stai? Non ci vediamo da una vita! Ti stavo giusto cercando.." Susan inizió a parlare per un bel po', tempestandomi di domande e curiositá varie. Ero felice di averla incontrata in quella confusione, anche se per caso. Mi aiutó con le valigie e uscendo dall'areoporto ci dirigemmo verso la sua modesta macchina, parcheggiata non troppo lontana dalle porte scorrevoli. Posammo tutto nel bagagliaio, poi presi posto nel sedile anteriore. Poco dopo, Susan mise in moto la macchina e partimmo verso casa.

Sapevo che la famiglia Davis possedeva una bella villa, e che stava bene economicamente, ma non mi sarei mai aspettata di trovarmi di fronte tutto quel lusso. Un grande cancello bianco custodiva un delizioso e curato giardino, con un vialetto lineare che conduceva alla porta d'ingresso. Il bianco, che sembrava essere il colore predominante, rifletteva la luce, dando alla casa un tocco di eleganza. Susan aprí il portone, facendomi strada verso la hall. Un lungo tappeto rosso si stendeva fino all'inizio delle scale che portavano al piano superiore. La sola vista mi strappó un sorriso: sembravamo dei VIP accolti dal tappeto rosso. Mi aspettavo quasi di veder spuntare i paparazzi da qualche angolo con i flash delle loro fotocamere. Ai muri c'erano appesi numerosi quadri astratti, ma ugualmente belli, e sparse qua e lá c'erano delle foto della famiglia. Mentre percorrevo lentamente quel piccolo corridoio mi soffermai a guardarle. Sembravano vecchie di qualche anno, ma conservavano la dolcezza tipica dei ricordi. Un appendiabiti in legno attendeva in un angolo di ricevere borse o cappotti, completamente immobile.
Susan mi fece strada fino ad un ampio salone. La stanza incredibilmente luminosa possedeva delle grande porte-finestre che davano su un dolce balconcino il cui stile ricordava vagamente l'etá vittoriana e delle candide tende bianche ondeggiavano cullate dal vento. I divanetti, posti al centro della stanza, erano pieni di cuscini dalle scritte moderne. Tra di essi c'era un tavolinetto in legno, con una ciotola in vetro piena di cioccolatini. Era tutto disposto in maniera cosí perfetta che avevo paura di rovinare quell'atmosfera con il mio solo passaggio. 

"Sally, benvenuta in casa Davis!" Susan sembrava emozionata, e felice di ospitarmi. 

"Grazie mille... qui... qui è davvero stupendo!" le risposi, ancora meravigliata da quanto mi circondava, consapevole del fatto che avrei vissuto qui per un bel po'. 

"Oh, ma ancora non hai visto il resto della casa!" e così dicendo, Susan mi trascinò fino alla cucina, poco lontana. Era molto spaziosa, e mi sorprese la scelta dei colori: le mura erano bianche, ma tutto aveva una sfumatura verdina. Non un verde aggressivo, quasi un verde pastello. Dava alla stanza un'aria meno rigida e più allegra. Alla mia destra c'era il frigorifero, semplicissimo e senza neanche una calamita, al contrario di casa mia. Poi una grande cassettiera, probabilmente contenente le posate, le pentole e le padelle, e il forno, dal quale usciva un profumino delizioso. 

"Dato il tuo arrivo, ho deciso di fare una torta al cioccolato! Lesli mi ha detto che l'adori, e anche Josh!" Disse lei facendomi l'occhiolino. Io risposi con un timido sorriso, non mi aspettavo una simile accoglienza. Mentre posava le valigie e le borse sulle sedie in legno decorate, mi soffermai a pensare a quel nome. Chi era Josh?
Beh, probabilmente il marito, mi risposi da sola.
Tornai a dedicare la mia attenzione alla cucina, alla credenza piena di piatti di valore e alla cucina gas pulitissima. Wow, sembrava davvero di essere in un castello, dove tutto era apparentemente perfetto. Mi sentivo ottimista.

"Vieni, ti porto di sopra" obbedii seguendola, mentre mi intratteneva con qualche battuta. Mi mostrò i bagni, puliti e spaziosi, per poi passare alle camere.

"Questa è la camera mia e di mio marito." Disse aprendomi la porta e mostrandomi una grande stanza con un enorme letto matrimoniale con molti cuscini immediatamente sotto la testata. Il bianco era il colore dominante, insieme a del bel legno che si impadroniva dell'armadio con un enorme specchio sul davanti ed un settimanile. Anche i comodini erano in legno levigato, e su ciascuno c'erano delle foto, un piccolo rosario e dei libri.
Uscimmo dalla camera.

"Questa sará la tua camera! Spero ti piaccia!" Mi disse poi con lo stesso entusiasmo di una bambina che ti chiede speranzosa di giocare insieme. Non appena aprí la porta ebbi paura di svenire. Se la camera da letto di Susan era bella, la camera degli ospiti era semplicemente magnifica! Oltre ad essere molto spaziosa - come il resto della casa d'altronde - e ordinata, aveva un che di familiare. Guardai il letto da una piazza e mezza con le coperte chiare, ma non bianche, e i vari cuscini decorativi. La scrivania, quasi del tutto vuota, aveva una lampada turchese, che spiccava nel chiarore di quella stanza, e sui comodini erano posati dei libri. C'erano anche da me un settimanile ed un'armadio, ma bianchi. Tutto era così bello e pulito che non riuscii a non essere raggiante. Mi girai verso Susan con le lacrime agli occhi.

"Abbiamo pensato di lasciarti molto spazio libero, cosí potrai svuotare tranquillamente le valigie e riempire la stanza con ciò che ti va"

"Grazie. È semplicemente stupendo" e mi buttai senza pensarci ad abbracciarla. Davvero, non mi ero mai sentita più coccolata di cosí. O almeno, non da tanti anni.

"Vorrei mostrarti anche la camera di Josh, alla fine sarete vicini.. la sua camera è proprio di fronte alla tua, quindi se hai bisogno di qualcosa puoi tranquillamente chiedere a lui, sono sicura che sará felice di aiutarti!" Ancora quel nome..
Aprí la porta e.. no. Non era definitivamente il marito.

***Spazio Autrice***
Ciao a tutti! Come state??
Again... scusateeee la mia lumga assenza, è che è stato davvero un periodaccio e non avevo per niente ispirazione. Spero che questo capitolo vi piaccia. Che ne pensate?
A voi piacerebbe vivere in una casa così lussuosa? Fatemi sapere nei commenti! :)

Un bacio, Luna ♡

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