Mamma andò a letto presto, io aspettai sul divano, a guardare la luna. Non so il motivo, so solo che quella ormai era la mia abitudine. Poco prima di dormire guardavo la luna, ascoltavo la musica con le mie amate cuffiette o scrivevo. Già, amavo scrivere. Era il mio modo personale di sfogarmi, di creare la mia "vita perfetta".
Mamma sapeva di questo mio amore per la scrittura, sin da quando ero piccola. Mi incoraggiava a continuare, a scrivere sempre, qualsiasi cosa. Che si tratti di poesie, storie o semplicemente pensieri. Scrivere, per essere sé stessi. Era quasi un mio motto.
Poi, gli occhi si stancarono, non avevo più le forze per scrivere e me ne andai a dormire.La mattina dopo, fu come sempre molto stressante. Motivo? Scuola. E ho già detto tutto.
Mi vestì e preparai velocemente, salutai mamma e mi incamminai a piedi fino a scuola. Non era molto distante da casa mia.
Misi le cuffiette evitando categoricamente le canzoni tristi. Sapevo come funzionava: se ascolti canzoni tristi a raffica l'umore sprofonda negli abissi, se invece ascolti musica movimentata mantieni la tranquillità e anzi, riesci a sorridere. Optai per musica neutra, né troppo triste né troppo "happy" come la chiamavo io.
Quando arrivai notai il solito e comune brusio del corridoio. Non è che l'odiavo, solo mi dava un po' fastidio. Era come stare in un bar 24 ore su 24. E io preferivo la calma alla confusione.
Mi diressi verso la mia classe, ancora deserta considerando il fatto che ero entrata dieci minuti prima del suono della campanella.
Buttai lo zaino sul banco iniziando a uscire svogliatamente i libri.
Aprii la pagina di un quaderno e come per magia, gli scarabocchi si trasformarono in parole. Eh si, stavo ricominciando a scrivere. Piú che altro erano frasi di canzoni o piccole riflessioni.
Il tempo voló, e la classe inizió lentamente a popolarsi di fastidiosi e rumorosi esseri umani. In quella classe non avevo legato con quasi nessuno, erano tutti troppo snob e superficiali. Ho provato a fare amicizia, ma poi mi sono stancata. Quindi, vivevo con me stessa. Non era così brutto come si puó immaginare.
Purtroppo, varcarono la soglia della porta due persone che non avrei mai voluto vedere. Le uniche che realmente non sopportavo. Che riuscivano a farmi innervosire di brutto: Fabio e Nensi.
Lui, il famoso "bulletto" della classe, che appena incontrava bulli piú grandi scappava a gambe levate, lei, la mia ex migliore amica. Di una falsitá unica, la odiavo con tutta me stessa.
"Oh, guarda chi c'è, la piccola che scrive."disse lui con un ghigno mentre lo guardavo in cagnesco. "Che c'è? Scrivi sul tuo paparino?" Il coglione sapeva perfettamente tutta la storia, come il resto del mondo d'altronde.
A quelle parole non ci vidi piú. Mi alzai di colpo dal banco, lo afferrai per le orecchie e lo buttai sul banco. Probabilmente non si aspettava la mia reazione, perchè rimase immobile.
"Ascoltami bene." Dissi avvicinandomi al suo orecchio, sussurrando e cercando di reprimere la rabbia "ti conviene smetterla di scherzare con queste cose. Tu non sai chi sono e non sai di cosa sono capace. Spero per te che non ti azzardi a rifarlo mai piú, perchè una me incazzata, ti giuro che non sai cosa puó fare." Conclusi poi, alzandomi bruscamente e risedendomi al banco, ignorando gli occhi sorpresi degli altri, mentre Fabio volava via terrorizzato.Passarono le ore e nessuno si azzardava a rivolgermi la parola. Che bellezza! Era proprio ció che speravo. Ha sbagliato a mettersi contro di me con un tasto cosí delicato. Giá lo odiavo, questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Posso essere buona e cara, ma se le persone se la cercano, beh, poi non devono lamentarsi. In piú, la mia voglia di pestarlo era aumentata notevolmente, quindi al suono della ricreazione volai via dalla classe. Se fossi rimasta lí probabilmente avrei fatto qualcosa di cui non mi sarei pentita, ma che mi avrebbe guadagnato il posto d'onore nella sedia della presidenza. Sinceramente, non mi andava.
Come sempre, in giro per la scuola non conoscevo nessuno. Mi limitai a camminare ignorando sguardi esterni.
Finalmente, dopo un periodo di tempo che mi sembró infinito, tornai in classe. Dovetti subire ancora altre due ore di matematica prima di poter ritrovare la salvezza della strada di casa.
Misi le chiavi nella toppa, aprendo la porta e un'illuminazione attraversò la mia mente. Era un'idea molto pazza devo ammetterlo, ma potevo provarci.Dopo aver suonato qualche pezzo con la chitarra, andai in cucina, apparecchiai la tavola e mangiammo.
"Mamma"
"Ehy, Sally, dimmi"
"Oggi tornando da scuola... mi è venuta un'idea." lo sguardo interrogativo della mamma mi incitò ad andare avanti "Ho pensato di ricominciare tutto da zero."
"Che vuoi dire?"
"Sono stanca. Qui non c'è niente che mi appartenga. A scuola vado male, non ho amicizie e sinceramente non voglio averne. Odio il tempo sempre grigio di Londra. Voglio cambiare. Voglio farmi una vita. Voglio smetterla di vivere come un fantasma attaccata al passato. Sono sicura che anche papá lo vorrebbe..." un silenzio di tomba scese tra di noi. Lei mi guardava non sapendo cosa dire, io me ne andavo con lo sguardo verso la finestra.
"Vuoi... vuoi andartene?" Disse lei con voce rotta. Mi si spezzó il cuore. Abbassai lo sguardo incapace di mostrarle il mio tormento. "Se te ne vai... cosa mi resta?" Continuó lei, piangendo. Alzai gli occhi d'istinto vedendo lacrime di tristezza scenderle lungo le guance.
"Vieni con me" osai quella frase, pur sapendo che non avrebbe acconsentito. Lei era ancora troppo attaccata al passato. Troppo legata a quella casa, a quella vita di merda che avevamo. Non avrebbe lasciato. Lo sapevo. Lo sapevo, ma ci speravo.

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Shattered
RomanceSegnata da delusioni, amarezze e un'infanzia difficile, Sally decide all'etá di 17 anni di averne abbastanza. Vuole cambiare vita. Ricominciare da zero. Riprendere a vivere. Ed è così che, quasi senza pensare, prende il primo volo per il Canada, un...