"Esattamente.. dove stiamo andando?" Stavo cercando di trattenere la curiosità da un bel po' e non ce la facevo più. Non sapevo cosa aspettarmi e camminavamo da tanto.
"In un posto" fece lui, tranquillo, alzando le spalle.
"Non è una risposta" lo ripresi. Sbuffò, girandosi a guardarmi spazientito.
"Sembri una bambina"
"Oh, grazie, almeno so di non essere vecchia" scherzai, facendogli alzare gli occhi al cielo. Mi piaceva stuzzicarlo. "Daiiiiii, me lo dici? Ti prego, ti prego, ti pregoooo" iniziai a piagnucolare, cercando di trattenere le risate.
"Tu ti diverti, vero?"
"Effettivamente si, abbastanza" risposi con nonchalance guardandomi le unghie e fingendomi disinteressata. Si lasciò scappare un sorriso, tornando a dedicare la sua attenzione alla strada che stavamo percorrendo.
"Non hai intenzione di rispondermi?"
"Non hai intenzione di fare silenzio? È una sorpresa"
"Mi mettono agitazione le sorprese.."
"E tu stai tranquilla. Ti prometto che ti piacerá. Fidati di me" Ecco, quello era il punto. Io non mi fidavo facilmente delle persone. Ogni qual volta mi veniva chiesto di farlo, e lo facevo, puntualmente ero costretta a pentirmene. Non riuscivo a dare fiducia. Avevo sempre quella costante paura di essere abbandonata, di sbagliare e di soffrire. Ma lui tutto questo non poteva saperlo, così feci come mi era stato detto e restai in silenzio.
Tutto intorno a noi era bellissimo. Eravamo in un bosco, o almeno così sembrava. Alti alberi rigogliosi si ergevano dalla terra che stavamo incurantemente calpestando, innalzandosi verso il cielo ed intrecciando i loro rami l'uno con l'altro. Formavano una specie di rete di foglie, dalle quali proveniva un rassicurante fruscio. Il vento sibilava piano tra le foglie, creando una dolce melodia che scaldava l'anima. Mio padre mi diceva sempre che il suono delle foglie mosse dal vento non era altro che il loro modo di comunicare, il modo di passarsi messaggi, per sentirsi meno soli.
Il sole filtrava indisturbato, creando dei fantastici giochi di ombre ogni qual volta le fronde si strusciavano tra di loro, lasciando lievi fasci di luce a giocherellare con l'aria. Non sapevo come spiegare quella sensazione, ma mi sentivo a casa.
Poi Josh si voltò, sorridendo compiaciuto. Mi prese la mano, e giuro che mi mancò il respiro per qualche secondo."Siamo arrivati" mi guardai intorno. La natura che ci circondava, il calore del sole che ci riscaldava, con una brezza fresca che ci avvolgeva. Era bellissimo. Mi portò fino ad un albero un po' più grande degli altri, poi mi lasciò la mano e io, come una bambina, restai disorientata a quel gesto, guardandolo confusa. "Sali con me?" mi chiese, guardandomi negli occhi.
"Io.. io non mi so arrampicare." farfugliai. Perché con lui anche una semplice frase doveva risultare sempre così difficile? Perché sembrava che sbagliassi sempre, scegliendo le parole meno indicate? Ma lui sorrise, tranquillizzandomi.
"Ti insegno io" con quelle semplici parole mi destabilizzò. Ricambiai il sorriso, mentre mi perdevo sempre di più in tutta la confusione che mi creava.
Piano piano mi aiutò a salire, salendo con me. Un passo dopo l'altro ci trovammo sospesi sul vuoto, seduti su un ramo con le gambe penzoloni. Lui era agile, forte e sembrava essere abituato alle arrampicate. Si sistemò meglio, appoggiando la schiena al tronco e lasciando che una gamba ondeggiasse nell'aria. Sembrava così a suo agio, così tranquillo e sicuro. In lui non c'era nessuna paura del vuoto, nessuna paura di cadere. Lui si fidava. Io, al contrario, non osavo muovermi. Ero ancorata al ramo sotto di me, e quasi non respiravo per la paura di far incrinare il mio precario equilibrio, oltre che la base sotto di me. Lui mi guardò con un'espressione strana, indecifrabile. Poi spostò lo sguardo sulle mie mani, saldamente ferme al loro posto. "Puoi allentare la presa se vuoi" nel suo tono non c'era alcun cenno di scherno, era serio. Non risposi e guardai da un'altra parte. Poi però sentii la sua mano sulla mia, e non riuscii a non voltarmi. I miei occhi intercettarono rapidi i suoi, e fui sicura che in essi ci fosse riflessa tutta la paura che avevo dentro, quasi come se fossero uno specchio. Lo specchio dell'anima. "Non cadrai. Ci sono io con te." il suo sguardo si fissò nel mio, attirando la mia attenzione come una calamita. Non riuscivo più a staccarmi da quel profondo abisso che erano i suoi occhi, mentre un'altra paura si faceva strada dentro di me. Quelle parole erano molto pericolose. Ci sono io con te. Erano parole molto pericolose da dire ad una ragazza fragile non abituata alle dimostrazioni d'affetto. Erano parole molto, molto pericolose. E mi attiravano tantissimo. Poi allargò le braccia, lasciandomi confusa. Che stava facendo? "Vieni qui" Pericolosissimo. Si spostò piano, per farmi spazio. Lo guardai per un attimo, esitante. Lui ricambiò con un'intensità tale da farmi capire che non mi stava solo offrendo un abbraccio. Mi stava dando un punto d'appoggio. Equilibrio. Così mi decisi ad avvicinarmi, lentamente. Non appena fui abbastanza vicina le sue braccia mi guidarono, ed io lo lasciai fare. Mi ritrovai con la mia schiena contro il suo petto, le gambe distese. Piano piano sentii le sue mani accarezzarmi le braccia, per poi avvolgermi, tenendomi stretta. "Va meglio?" Annuii. Ora non avevo più paura di cadere. Nonostante la mia rigidità iniziale piano piano mi lasciai andare, rilassandomi e abbandonando la mia testa sulla sua spalla. Tutto era silenzioso intorno a noi, tutto sembrava magico, ovattato."Tu hai paura." disse ad un certo punto, lasciandomi spiazzata.
"Eh?" feci finta di non capire.
"Tu hai paura." Ripeté piano, lentamente.
"Che intendi?"
"La paura. È per questo che non ti fidi." Per un bel po' nulla sembrò muoversi, e un silenzio strano ci fece compagnia, interrotto solo dall'aria fresca che trasportava parole chiacchierone di alberi curiosi, silenziosi spettatori delle nostre vite.
"È... è difficile." dissi alla fine. Probabilmente si aspettava che dicessi altro, ma non sapevo cos'altro dire.
"Cos'è che ti spaventa così tanto?" si scostò quel tanto che bastava per guardarmi dritto in faccia, e mi sorpresi a scoprire nuove sfumature di colore, disperse nel suo sguardo. Non arrivò risposta. E non perché non fossi consapevole delle numerose paure che mi circondavano, ma perché non ero ancora pronta a gestire una conversazione del genere con lui. Sapevo che in fretta sarebbero arrivate anche altre domande, altri argomenti, e saremmo sicuramente andati a finire in quello che per me era un campo minato. E non ero pronta a mostrare le mie debolezze a qualcun altro. Le avevo rinchiuse dentro per tanto tempo, mascherandole di indifferenza e rabbia. Non ero ancora pronta per spogliarmi di tutte le mie paure e del mio orgoglio, il mio scudo preferito. Ci vuole un po' di tempo. Le sue braccia mi strinsero più forte, quasi come se mi stesse leggendo nel pensiero, e sapesse quanto fragile in realtà fossi. "Ora hai paura?"
"No. Ora sto bene." e lo pensavo davvero. Per una volta, dopo tanto tempo, non mi sentivo terrorizzata dalla vita. Finalmente, dopo anni, le mie ansie e le mie preoccupazioni sembravano meno grandi, viste da dentro quel caldo abbraccio.

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Shattered
RomanceSegnata da delusioni, amarezze e un'infanzia difficile, Sally decide all'etá di 17 anni di averne abbastanza. Vuole cambiare vita. Ricominciare da zero. Riprendere a vivere. Ed è così che, quasi senza pensare, prende il primo volo per il Canada, un...