Capitolo 7.

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Avete presente quando vostra madre vi dice che la cena è pronta e voi correte in cucina con il sorriso stampato sul volto per poi realizzare che in realtà l'unica cosa pronta è la tavola che deve essere apparecchiata?

La stessa cosa mi è successa quel lunedì mattina quando, contenta di aver superato indenne un giorno così temuto e odiato, al suono della campanella ero sfrecciata fuori dalla classe di chimica talmente veloce che Bolt mi fece un baffo solo per ritrovarmi il diluvio universale fuori dall'entrata.

E, poiché di tornare a casa non se ne parlava proprio, valutai per alcuni istanti l'ipotesi di affogare nell'enorme pozzanghera vicino al cancello della scuola.

Vidi tutti gli studenti uscire, chi correva verso la propria macchina, chi invece si riparava sotto l'ombrello e chi, con chissà quale coraggio, affrontava la pioggia senza nessun timore mentre io rimanevo titubante sull'entrata della scuola.

Se fosse stato un altro giorno probabilmente anche io avrei iniziato a correre, facendomi letteralmente la doccia ma era lunedì e, dannazione, avevo fatto la piastra solamente il giorno prima e non potevo mandare all'aria un lavoro di due ore per della stupida pioggia.

Presi il telefono iniziando a cercare su internet come camminare sotto la pioggia senza bagnarsi quando qualcuno mi richiamò obbligandomi ad alzare gli occhi dalle innumerevoli ed inutili risposte che Yahoo mi aveva offerto.

La scena che mi ritrovai davanti assomigliava vagamente all'immagine di un pulcino con una bandana rossa, che riconobbi essere Ashton, il quale tentava di correre e schivare le pozzanghere contemporaneamente con quella poca coordinazione che aveva.

-Che ci fai qui? No aspetta, non me lo dire. Non voglio sapere per quale motivo mi stavi seguendo.- dissi non appena si fermò vicino a me, baganto dalla testa ai piedi.

-Ti va di venire a prendere un frullato?- disse solamente riprendendo fiato.

Frullato?

-Ashton, sei consapevole del fatto che siamo a novembre o la pioggia ti ha allagato il cervello?- risposi sarcastica continuando a guardare l'acqua cadere.

Ashton sbuffò divertito.

-Avevo voglia di un frullato e allora mi sono detto perchè non chiedere alla mia unica e pallosa amica di accompagnarmi quindi, andiamo?- il biondino iniziò ad incamminarsi, dando per scontato la mia risposta affermativa, verso la strada da cui era arrivato poco prima ma non appena mi sentì parlare si bloccò sul posto.

-Ma ho fatto la piastra ieri...- dissi lamentandomi ed accarezzandomi morbosamente i capelli lisci.

Quando Ashton mi guardò con i ricci incollati alla fronte e le innumerevoli goccioline che tracciavano linee invisibili sui suoi lineamenti ben marcati mi sentì come Bella Swan che ammirava con la bava alla bocca un Edward Cullen bagnato dalla pioggia, con l'unica differenza che gli occhi di Ashton erano verdi e decisamente più brillanti.

-Per la tua gioia, ho anche una macchina.- i miei occhi si illuminarono nel sentire quelle liete parole uscire dalla bocca del riccio.

-E da quando hai una macchina?- Ashton non mi sentì, o forse fece finta di non sentirmi, e io mi feci coraggio prima di seguirlo sotto alle catinelle d'acqua che stavano scendendo dal cielo plumbeo.

Camminammo per qualche mentro, svoltando sia a destra e sia a sinistra, mentre la pioggia continuava a cadere indisturbata bagnandoci dalla testa ai piedi.

Iniziai a chiedermi dove accidenti fosse quella benedetta auto e se, per una qualche strana ragione, era invisibile ai miei occhi e, quando Ashton iniziò a rallentare, iniziai a respirare di sollievo.

Asylum; Ashton Irwin Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora