Capitolo 22

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POV TALIA

Siamo giunti a destinazione su delle montagne innevate che celano il mio bersaglio d'attacco. Clint procede con l'atterraggio del quinjet, e con cautela mi appresto a scendere dalla grande rampa.
–Sei sicura che non ti serve aiuto?- si accerta il mio 'collaboratore'
–E' una questione che riguarda me. Non voglio mettere in mezzo altre persone-
-Qualsiasi problema non esitare a chiamare. Buona fortuna Talia-
Lo saluto con un cenno del capo, e poggio piede sulla terra ferma, osservando il velivolo mimetizzarsi in cielo.
Il posto in cui mi trovo è freddo e isolato. Nessuna anima viva, o almeno non per il momento. Inizio ad esplorare la montagna, alla ricerca del bunker desiderato, seguendo le coordinate della mappa che ho stampato.
Dopo una decina di minuti, passati per lo più a sprofondare nella neve con gli anfibi che ho ai piedi, poco adatti al clima del posto, giungo davanti all'edifico. In mente mi ritorna un flash della prima missione affrontata: nessuna guardia al di fuori e perimetro libero. Lo scenario è lo stesso, ma ormai ho già vissuto questo evento, ed è improbabile che la situazione rimanga lineare per lungo tempo. Sarebbe troppo facile.
Ripongo la mappa nella tasca del mio giubbino, e mi dirigo felpata verso l'ingresso. Poggio le mani sulla maniglia e il timore mi frena. Inizio a pensare se questa sia la cosa giusta da fare...
Ho paura, non voglio morire e non voglio che altre persone muoiano per me. E Bucky...penso al male che gli hanno procurato, e non posso permettere che ciò riaccada. Non di nuovo, e non a lui.
Volto lo sguardo ad ammirare i fiocchi di neve che si posano leggiadri sul tappeto bianco. Inalo un grande respiro, e senza esitare ancora apro l'ingresso dell'inferno. Mi sto addentrando nella dimora del Diavolo, sacrificandomi per il bene di tutti gli altri. Mi sto offrendo al nemico.
Non so cosa mi aspetterà, non so se questo possa salvare la loro, la sua vita. So soltanto che devo tentare, e alla fine mi convinto che forse questa sia l'azione giusta da compiere.


Buio, tutto all'interno è tenebroso, privo di fonte luminosa. Mi incammino lungo quello che deduco sia un corridoio, palpandomi intorno e affidandomi ai restanti sensi. Tutto d'un tratto, uno schiocco, seguito da un secondo, mi lasciano pietrificata. Rimango ancorata al mio posto, e intorno a me tutto inizia ad illuminarsi, mostrando quello che sembra assomigliare ad un immensa stanza colma di tubature e con un piedistallo circolare al centro, sopra la quale vi è posizionata una poltrona nera collegata a macabri macchinari. Non oso immaginare quale sia il loro scopo.
–Talia- pronuncia una voce sconosciuta con accento russo. Scruto intorno, senza vedere nessuno
–Dove sei?- prendo coraggio e ribatto, incamminandomi con accortezza verso l'interno della stanza, senza mai distaccare lo sguardo attento, pronto ad agire all'istante in caso di pericolo.
Un battito continuo di mani dietro le mie spalle, mi fa compiere uno scatto immediato, mentre con agilità estraggo la pistola dalla fondina, puntandola dinnanzi alla figura di un uomo.

Questo individuo è alto e massiccio, di carnagione color sabbia, ricoperto di muscoli e cicatrici visibili dal suo torso nudo. Braccia palestrate e pompate, una delle quali cosparsa di tatuaggi tribali, così come la sua testa calva. I suoi occhi color nero pece irradiano malignità e ira, e a rendere il suo aspetto ancor più raccapricciante, vi è una cicatrice di artigli che percorre tutto il suo occhio destro, fino alla guancia. Lui deve essere l'uomo che mi sta dando la caccia.
–Qual buon vento ti ha condotta fin qui?- si rivolge con un ghigno sul volto. Lo prenderei a pugni all'istante.
–Tu sei Abram, il bastardo che ha rovinato la mia vita- prorompo abbassando la pistola, pur senza posarla
–Mi offendi dicendo questo. Io ho solo cercato di renderla migliore- replica menefreghista
–E in che modo? Rendendo mio padre una macchina da guerra?- ribatto sprezzante. Si mette a ridare: una risata malefica, agghiacciante.
–Bei ricordi Talia, bei ricordi. Tuo padre era fenomenale, forse uno dei prototipi migliori che siano stati progettati. Ma i suoi cari compagni me lo hanno sottratto dopo tre anni-
-E tu gli hai dato la caccia- ribadisco ipocritamente
–E ci sarei riuscito se non fosse stato per l'intervento della tua stupida madre!-
Accecata dalla rabbia, gli punto nuovamente la pistola dritta in fronte, con le dita ben posizionate sul grilletto.
–Non osare mai più parlare di mia madre in questo modo- sibilo tra i denti stretti. Mi guarda per nulla atterrito, rivolgendomi un sorriso beffardo.
–Avanti, perché non premi il grilletto- cerca di persuadermi, ma sarebbe troppo semplice. Riabbasso l'arma, senza mai distaccare lo sguardo da quel suo volto spregevole.
–Sapevo che avresti ragionato. Perché sei qui?-
-Per salvare la vita ai miei amici-
-E cosa ti fa pensare che io li risparmi?-
-Mi sono consegnata a te. Adesso hai ciò a cui aspiri da anni- commento mostrandomi ambiziosa.
Più appaio intimorita, e più lo alimento. È questo ciò di cui si nutrono i nemici, della paura.
–Ti stai sacrificando per i tuoi amici...ammirevole. Saresti disposta a perdere la tua vita per loro?- mi scruta dritto negli occhi, che mi pervadono di oscurità.
–Sarei disposta a tutto. Ma se osi torcere un dito contro Bucky, ti ucciderò ancor prima che sia tu a consumare me- lo minaccio con vigore.
–Wow, il Soldato d'inverno che trova l'amore da parte di una ragazzina. Notevole- commenta mostrando la sua perplessità.
Si avvicina di un passo verso di me, allungando la sua mano e portandola ad accarezzare la mia guancia. Io rimango ferma, immobile, inorridita dal suo gesto e dal suo contatto ruvido.
–Diamo a quest'ospite un benvenuto degno della sua dignità- mormora provocandomi i brividi.
Con un cenno del capo, invita alcuni dei suoi agenti a scendere da una piattaforma elevata, che noto solo in questo momento. La luce dei riflettori mi permette anche di scorgere altre figure maestose, con divise nere, volto scoperto e fucili in mano. In poco tempo, due di questi energumeni mi affiancano, afferrandomi saldamente per le braccia.
–Portatela sul piedistallo, e preparate i sedativi- ordina Abram con espressione vittoriosa. Mi si gela il sangue al solo pensiero di ciò che mi attende. In cosa mi sto cacciando...

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