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Cammino sul marciapiede. Fa un freddo terribile e non vedo l'ora di arrivare a casa. la Festa di compleanno di Maggie, la mia migliore amica, è stata uno schifo. Lei è scomparsa dopo due secondi insieme al suo ragazzo, e io sono rimasta due ore a casa sua senza avere nulla da fare, circondata da un branco di scimmie della nostra scuola, che bevevano birra e limonavano come se non ci fosse un domani.

Così ho deciso di tornare a casa.

Oggi è l'ultimo giorno di novembre, e la temperatura rasenta i due/tre gradi, il che vuol dire che il mio cappotto non basta a lasciare fuori l'aria gelida che cerca in tutti i modi di sfiorarmi la pelle.

Come se non bastasse, dopo qualche minuto di cammino comincia a piovere. Merda, non ho neanche l'ombrello. Cerco di ripararmi un po' con il cappotto, ma sembra un vero e proprio temporale e non c'è nessun posto in cui potersi rifugiare in attesa che smetta.

Proseguo affrettando il passo, ma ormai sono praticamente una spugna vagante che sta assorbendo tutta la pioggia del quartiere. Grandioso.

Il rumore di una macchina mi fa sobbalzare, e prima che possa fare qualcosa o quantomeno rendermene conto, le ruote passano sopra una pozzanghera, e vengo inondata dalle ginocchia in giù.

-Cazzo.- impreco sottovoce, fissandomi le punte delle scarpe in preda al panico. Camminare in queste condizioni non è esattamente la cosa migliore da fare, anche perché rischio veramente di prendere una polmonite. Che faccio? Di tornare indietro non se ne parla, ma non posso pensare di continuare in questo stato. Non faccio in tempo a prendere una decisione.

La macchina si ferma poco dopo, e io riprendo a camminare, imponendomi di non insultare chi è alla guida. 

-Hey, belle gambe.-

Questo è davvero troppo. Mi avvicino al finestrino, e guardo in cagnesco il tipo che mi ha appena parlato; non che riesca a vederlo bene, la strada è buia e non si può distinguere granché. 

-Vaffanculo.- dico, sottraendomi poi alla sua vista e proseguendo per la mia strada, tra una goccia e l'altra.

Sento l'avanzare della macchina, e vedo che il tipo ha ancora il finestrino abbassato.

-Senti...- dice la voce -Non volevo sembrarti, ecco... scortese. Scusami.-

-Non fa niente.- dico proseguendo -Voi uomini ragionate col cazzo. Ma se invece ti va di farti perdonare, perché non mi dai un passaggio?-

L'auto, che stava continuando a seguirmi lentamente, inchioda, e vedo un braccio sporgersi per aprirmi la portiera. Non pensavo che l'avrebbe fatto davvero. Non dicevo sul serio, che cosa mi è venuto in mente?

Mi affaccio per guardare meglio chi mi sta offrendo un passaggio. Ha i capelli neri, il naso all'insù e gli occhi sembrano marrone scuro, ma non ne sono sicura. L'ho già visto qualche volta, è un ragazzo della mia scuola, ma non ho una buona memoria quindi non ricordo la sezione. Mi pare si chiami Darren, o Derek, qualcosa di simile.

-Arrivi anche tu dalla festa?- Domanda per ingannare l'attesa, mentre io decido che fare.
Annuisco con circospezione, e dopo un po' decido di entrare in auto.

Appena mi siedo si gira verso di me squadrando tutto il mio corpo, e mi sento un po' a disagio. I suoi occhi si soffermano in basso.

-Si. Mi sembrava.- sussurra, distogliendo lo sguardo e riprendendo a guidare.

-Ti sembrava cosa?- dico, iniziando ad irritarmi un po'. Lui fa un gesto con la mano, come per scacciare un insetto fastidioso. -Le tue gambe. Sono belle. Mi sembrava.- Dice -Allora, ragazzina, dove ti devo portare?-

Gli do l'indirizzo della via vicina alla mia, facendo finta di non aver sentito la prima parte del discorso. In macchina si tratta di pochi minuti, ma  non fa differenza fare qualche passo in più a piedi dal momento che sono già fradicia e preferisco non dare il mio indirizzo preciso.

Percorriamo la strada in silenzio, svoltiamo a destra, a sinistra, e poi ci fermiamo ad un semaforo.

-Questo semaforo dura un'eternità.- dico,  per distrarlo dall'occhiata insistente che lancia al mio seno.

Lui però non distoglie lo sguardo subito, e accenna un sorrisetto, guardandomi poi negli occhi, senza dire nulla.

Prego in silenzio che scatti in fretta il verde.

Sento la sua mano appoggiarsi al mio ginocchio.

Di scatto la prendo, allontanandola da me, ma invano: torna nella stessa posizione, e aumenta un po' la presa.

-No.- Dico, spostandola nuovamente. Lui mi sorride, e la rimette sulla mia gamba passandola sul ginocchio e poi su, fino alla gonna, che mi copre metà coscia.

-No.- Ripeto freddamente.

-Okay, okay. Non te la prendere.-

Riporta la mano sul volante, come se non fosse successo nulla, mi accorgo di aver trattenuto il fiato.

Quando si ferma all'indirizzo che gli ho dato, noto con disappunto che la portiera è chiusa. 

-Puoi aprirmi, per favore?- Domando, cercando di mantenere la voce ad una tonalità normale.

Lui sorride ancora. -Mi stai davvero chiedendo se posso aprirti?-

-Apri subito questa cazzo di portiera.- Gli dico furente, e sento un 'TAC' metallico che mi fa capire che ha fatto quello che ho detto.

Esco velocemente e chiudo con un tonfo la macchina, senza più guardarlo negli occhi e senza aggiungere altro.

Perché mi sono fatta dare un passaggio? 

Entro in casa, salendo in camera mia senza salutare i miei, svestendomi e infilando i a letto.

Voglio dimenticare quello che è appena accaduto.

Sex Toy || Dylan O'brienDove le storie prendono vita. Scoprilo ora