Capitolo 42: Fiori

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Marion sbuffò, poggiando il mento fra le braccia.

- Jill, è da quasi un'ora che aspettiamo, ormai - sospirò, annoiata. - Oggi non verrà.

- Ma deve venire - sbottò lui, seccato. - Ha promesso che ci avrebbe detto com'è andata a finire, e io non mi muoverò da qui finché non l'avrò saputo.

Mary alzò gli occhi al cielo e trasse un altro, profondo sospiro, soffocando uno sbadiglio.

Raccolse un ramoscello e lo usò per disegnare degli omini nello spesso strato di polvere rossiccia che ricopriva i mattoncini della piazza. Perché suo fratello doveva essere così cocciuto?

Non potevano tornarsene a casa e basta?

La mamma stava preparando una torta di mele, quando se n'erano andati, e Mary già la stava pregustando, pregando che loro padre, con una fame da lupo, non tornasse a casa prima di loro e se la mangiasse tutta.

La cosa la preoccupava seriamente.

Ci mise un attimo per rendersi conto che suo fratello si era messo a confabulare con gli altri bambini, che si erano radunati attorno a lui in cerchio. Allungò il collo e si avvicinò per capire cosa stessero dicendo, ma, quando arrivò da loro, questi avevano già cominciato ad andarsene.

Mary si accostò a Jill, tirandogli una manica della maglia.

- Dove state andando? - gli chiese, in tono lamentoso. - Non lasciatemi qui tutta sola!

- Andiamo da Artigern. Dicono che viva nella foresta, in quella casa dove c'era la vecchia strega, un tempo. Andiamo a chiedergli di raccontarci la fine della storia.

- Oh... ma la mamma non vuole che andiamo nella foresta - mormorò Mary, pensierosa. - Dice che è pericoloso.

- Beh, se tu sei una fifona, puoi anche restare qui. Io non ti racconterò mica il finale, se non vieni.

- Ah, e va bene, vengo. Però non dire alla mamma che sono venuta anche io.

- Certo, certo - sospirò suo fratello, stringendo il suo mignolo con il proprio per sigillare la promessa. - Su, e adesso muoviti.

*

La casa di Artigern si trovava in una radura quieta, nella quale c'era una luce soffusa che creava morbidi arabeschi sul terreno. Accanto alla capanna, piuttosto rudimentali ma solidi, c'erano un capanno, un pozzo e un tavolo con degli sgabelli.

- Artigern? - chiamarono i bambini, sbirciando all'interno attraverso le finestre.

- Dove sei? - chiese Jill, in punta di piedi, la faccia poggiata contro la finestrella incastonata nella porta.

Un passo pesante e strascicato li fece voltare, ed ebbero un attimo di smarrimento, nel vedere il grande drago bianco. Di solito i bambini erano piuttosto spaventati dal suo aspetto, ma avevano finito per farci l'abitudine.

La creatura, alta almeno cinque metri, abbassò l'enorme capo per poterli guardare da vicino, annusando i loro vestiti.

Emise un rumore di gola che sapeva di rimprovero, ma, allo stesso tempo, aveva un che di bonario. Non avrebbe mai fatto del male a dei cuccioli. Sembrava volesse solo sapere cosa ci facessero lì.

- Siamo venuti a cercare Artigern - spiegò Jill, tenendo Mary per mano. - Aveva detto che sarebbe venuto a trovarci, oggi, per raccontarci la fine della storia.

Il drago si intristì e alzò il collo. Il suo sguardo rosso brace si perse fra gli alberi della foresta, come se stesse osservando qualcosa di molto lontano.

Il Nido del DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora