Ti vorrei abbracciare come ho fatto sempre. 11

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La testa di Mario era invasa di dubbi. Aveva sbagliato a comportarsi cosi? Aveva lasciato andare la persona che amava per paura di soffrire.
Ma stava male ugualmente.
Riguardó la foto che aveva stampato e appeso in camera dopo l'ultima esterna. L'aveva stampata in un momento di sconforto, quando era del tutto sicuro che non sarebbe stato lui la scelta. L'aveva stampata per ricordarsi di tutte le emozioni vissute insieme. "Lo ameró comunque", giurava. "Lo ameró anche quando mi dirà che non sono io la scelta. Forse anche dopo"
Ma tutto era andato per il verso giusto. Quella notte del 2 dicembre, dopo la scelta in studio, erano corsi a casa di Mario. Claudio alla vista della foto aveva deciso di immortalare il momento scrivendoci dietro "senza mai nessun freno", la frase che aveva caratterizzato il loro percorso vero, intenso, puro, privo di freni. Privo di blocchi.
Sfioró la scritta con l'indice. Ancora il vuoto che bruciava nel petto.
Nonostante il periodo buio che l'aveva costretto a cancellare tutte le tracce del loro amore, non aveva avuto comunque il coraggio di buttare via quella foto.
Gli aveva detto ti amo. Aveva aspettato quel momento per mesi. Non l'aveva mai immaginato cosi.
Era finito tutto in maniera cosi veloce, neanche il tempo di realizzare, neanche il tempo di darsi l'ultimo bacio. Ripensó alle labbra di Claudio, a quanto le aveva desiderate.
L'avrebbe voluto gridare anche lui. Avrebbe voluto gridare anche lui il suo amore ma qualcosa l'aveva bloccato.
La radio trasmetteva la canzone sbagliata al momento sbagliato.
"Ti vorrei sentire anche per un istante, ti vorrei abbracciare come ho fatto sempre, ti vorrei guardare senza dire niente, lasciare dietro quello che non serve... Ti vorrei sentire anche per un istante capire che anche per te è importante".
La lacrime ricominciarono a scendere calde sul viso.
Chiamó Dafne.
"Mario.. Claudio è andato via."
Infiló il giubbotto e uscì di casa.

Non c'era più niente da fare, era arrivato il tempo di tornare a casa. Solo.
Claudio salutó Dafne e sistemó il suo zaino. La ringrazio per l'ospitalità, per averlo aiutato e per averlo ascoltato. Poi prese la metro e raggiunse la stazione. Compró un biglietto direzione Verona, entró in un bar per comprare le sigarette. Quei posti erano sempre cosi affollati in quella fascia oraria. Durante l'attesa in fila alla cassa osservó una coppia di fidanzati. Scherzavano tra di loro, si scambiavano teneri baci. Lui le accarezzata la mano, lei arrossiva. Giró lo sguardo.
Alla radio passava una canzone.
La canzone sbagliata al momento sbagliato.
"Ti vorrei sentire anche per un istante, ti vorrei abbracciare come ho fatto sempre, ti vorrei guardare senza dire niente, lasciare dietro quello che non serve... Ti vorrei sentire anche per un istante capire che anche per te è importante".
Claudio abbassó lo sguardo, pagó in fretta le sigarette e scappó via.
Decise di attendere seduto su una panchina. Quando il treno arrivó, leggendo il codice, si rese conto di aver atteso nel binario sbagliato.
Il binario giusto che conduceva a Verona si trovava sulla corsia opposta e aveva solo pochi minuti per raggiungerlo. Preso dal panico corse via, scese le scale, trascinó con se il suo zaino. Durante la corsa per il binario sentì una voce chiamare il suo nome. "Claudio! Claudio!" Si voltó.

Mario corse alla stazione, non aveva idea di come trovarlo, dove. Aveva pochissime possibilità, non era neanche a conoscenza del binario e dell'orario della partenza. Probabilmente era già andato via. Improvvisamente udí la voce elettronica "Treno per Verona in partenza sul binario 7"
Corse. Aveva pochi minuti per trovarlo.
Salì le scale. Corse ancora.
Raggiunse il binario. Niente. Nessuna traccia di Claudio. Guardó nei vagoni ma nulla. Probabilmente aveva preso il treno precedente, probabilmente era gia a verona.
Aveva perso tutto ancora una volta.
Doveva tornare a casa. Col fiatone scese nuovamente la scale per dirigersi verso l'uscita e improvvisamente tra la gente riconobbe il ciuffo fluttuante di Claudio. Gridó il suo nome una, due, tre volte finchè finalmente si voltó.

Da lontano, tra la gente che correva, riuscì a scorgere il viso di Mario. Rimase pietrificato, credeva di aver perso la capacità di parola e di movimento. Mario sorrise e camminó verso di lui.
"Scusami." Accennó.
"Scusami se non ti ho dato modo di parlarmi. Sono stato uno stupido, rischiavo di perderti per orgoglio personale"
"No sono stato io stupido ad accettare quel lavoro, a farmi prendere ingiro da persone più furbe. Ma ti giuro che sono state solo cazzate! Non è successo nulla quella notte, niente! Credimi"
Mario sorrise. Non c'era più niente da dire. Le parole non servirono più. Mario non era del tutto certo delle parole di Claudio ma voleva fidarsi. L'amore è anche questo.
Si fiondó delicatamente tra le sue braccia, appoggio la testa sull'incavo del collo. Claudio lo strinse, gli accarezzó i capelli. Poi, delicatamente lo bació ignorando le persone circostanti. Ignorando le sue paure la sua timidezza. Quanto tempo era passato dall'ultima volta? Gli era mancato cosi tanto quel sapore di felicità. Lo bació ancora e ancora sorridendo di tanto in tanto. "Il treno!" Esclamó portando gli occhi al cielo.
Poi insieme si persero ancora in un sorriso e in un lungo bacio.
La gente li fissava, qualcuno faceva finta di non guardare, qualcuno sorrideva, chi faceva foto, video, chi fischiava.
Loro non sentirono niente di tutto ció. Erano sbarcati di nuovo nel loro mondo.

I nostri occhi che diventano mani. ~ CLARIODove le storie prendono vita. Scoprilo ora