La notte era sicuramente più fresca,rispetto a quelle giornate passate all'ombra delle pesanti tende difortuna piazzate alle finestre; ma era l'umidità a rendere tutto piùdifficile. Davanti al portone i miseri resti del soldato cominciavanoa marcire, e dalle viscere piccoli striscianti creature bianchecominciavano a sgusciare sull'asfalto verso il loro futuro damosche.
Gli odori di marcescenza, feci, urine e morte si fondevanoinsieme, nell'aria ferma e calda della sera. E nel buio spezzato solodalla luminescenza della luna tutto appariva azzurrognolo e senzaforma, come in un mondo a due dimensioni
Sono uscito, per strada non c'ènessuno. Guardo a destra, poi a sinistra, nessuno. Fisso lo sguardodavanti a me sulle viscere del soldato, esposte in manierainnaturale: un conato mi stringe lo stomaco, come un'incontrollabilevoglia di rimettere fuori tutto quello che ho visto. Ma la fame èpiù forte dello schifo, e continuo a muovermi. Non manca poi tanto.Devo solo proseguire qualche metro lungo il marciapiede, attraversarela strada, il giardino, e infine entrare dalla vetrina sfondata delmarket. Ce la posso fare.
Piccoli e scuri volatili notturniroteavano nel cielo, alla ricerca di quelle mosche che ormai a nugolisi alzavano da terra in ogni dove, anche loro alla ricerca di unlauto pasto.
Da lontano, ancora fischiavano a tratti le sirene diqualche spompo antifurto, confondendosi con le ultime grida deisopravvissuti. L'esercito aveva capito troppo tardi che arrivare asirene spiegate non era la mossa più furba, ma non abbastanza tardida essere sterminato.
Ora i reduci si muovevano con le camionetteche nel mondo di prima venivano utilizzate davanti agli stadi.Rapidissime toccata e fuga, cinque o sei soldati in assettoantisommossa che scendevamo sistemandosi a vertice, un fascio di luceda sopra il tettuccio e una sventagliata di mitra era tutto quelloche erano addestrati a fare. Nessuna incursione nei palazzi, men chemeno nei negozi: solo pattugliamento di strade e vicoli.
Cercodi passare inosservato. Non so se ci sia rimasto qualcuno, oqualcosa, nei palazzi di fianco al mio; per cui attraversare lastrada è un'impresa che impiega molto, troppo tempo. Mi nascondodietro i paraurti e le auto rovesciate, cercando di non farmidistrarre dal richiamo del fetore che si alza dietro ogni angolo.Rannicchiato, quasi a passo felino, mi muovo più veloce che posso daun nascondiglio all'altro. Spero che una pattuglia un giorno passi dinuovo da qui, per darmi riparo e cibo e speranza. Ma sono giorni chenon se ne vedono più in questo quartiere.
Il comandanteaveva dato l'ordine. Le microcamere di sicurezza, quelle che primaerano adibite al controllo del traffico, ora erano l'occhiodell'esercito sulle strade e sui loro nuovi abitanti. Così lapattuglia 54 era partita, direzione quartieri periferici. Unicoobiettivo: annientare. Di notte succedeva sempre qualcosa, ilcomandante lo sapeva. E per salvaguardare i pochi superstiti, tracivili e militari, non si poteva sbagliare. Poche preziosissimemunizioni da spendere, poche e ancor più preziose vite da impegnare.Raffiche mirate e precise, sia che fossero in tanti o uno solo. Anzi:nel caso fossero più di tre, gli ordini erano di scappare il più infretta possibile, anche se di solito non erano mai più di due.Viaggiavano di solito in coppia, e di solito sempre un maschio e unafemmina; o almeno, nel vecchio mondo lo erano stati. Ma non erainusuale trovarne da soli, in giro, alla ricerca di cibo.
Sonoin mezzo al giardino ormai, manca poco. Dall'altra parte, vedo giàla luna riflettersi su quel che resta della vetrina del market.L'aria è ferma e calda, respiro a fatica, il mio rantolare daasmatico sembra riecheggiare per chilometri, ho paura. Ma ho fame,non posso rimanere ancora qui a lungo. L'alba non è così lontana, estare un altro giorno senza cibo sarebbe insopportabile, dopo giornidi digiuno. Vado. Uno scatto e mi nascondo dietro una vecchia berlinatedesca, ancora con le portiere aperte. L'ho sentita andare avanticol motore acceso al minimo per due giorni, prima che finisse ilcarburante. Di notte era l'unica fonte di luce rimasta dopol'apocalisse. Via libera. Con un salto evito la base della vetrinaatterrando a piè pari sui vetri con un rumore che riecheggianell'aria. Cazzo. Devo nascondermi. Se c'è qualcosa in giro,sicuramente saprà che adesso ci sono anche io.
Solo unpiccolo rombo preannunciò l'arrivo della camionetta. Le indicazionierano chiare: fiancheggiare la recinzione, puntare, agire e scappare.Quella sera gli avvistamenti erano già stati cinque: questo era ilsesto, e dalla radio di bordo il comandante aveva gracchiato qualcosasu un presunto focolaio a otto isolati di distanza da dov'eranoadesso. Dovevano sbrigarsi. Uno colpito era uno in meno dacolpire.
Si vociferava che il comandante ne avesse fatti fuori ben5 insieme, di cui 3 a mani nude, o con il solo aiuto di un coltello,e quasi senza riportare ferite. Quei bastardi mordevano forte, ma nonera l'unico dei loro difetti. Almeno non erano infettivi come neifilm da drive-in. La camionetta si fermò di botto, le porte siaprirono con un fischio sommesso, i soldati bardati scesero veloci edi disposero a V, con i fucili spianati. Tutte le luci sopra lacamionetta si accesero, inondando la strada di luce e dei riflessidei vetri di una vecchia berlina blu.
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Apocalisse Ora
TerrorUn racconto in divenire diviso in parti; un sopravvissuto all'apocalisse, in pericolo di morte in un mondo diverso e stravolto fin nelle sue radici, cercherà di non arrendersi alla fame e alla fine del mondo.