L'imperatore delle fiamme

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«Papà, Ace mi ha detto di tenerti stretto.
Dice che sei l'unica persona, sangue del mio sangue, non posso permettermi di lasciarti senza dirti che ti voglio bene»

Efesto rinchiude nel cuore queste parole per poi incoraggiare il ragazzo:

«Che aspetti?
Ti ha insegnato a controllare il tuo fuoco, ti ha ricongiunto a me, ti ha fatto ritrovare quel bel sorriso che ti ritrovi spiaccicato in volto.
Vallo a ringraziare!»

Leo saltella carico di energia dove ha lasciato Ace.
Si guarda intorno.
Sembra svanito nel nulla.
I suoi occhi fissano ogni particolare, cerca di individuarlo.
Si chiede se non sia riaddormentato alla locanda. Corre lì.

«Il ragazzo con la narcolessia è qui?»

«No, non disturbare»

Comincia a perdere la pazienza, finché non incontra Percy.

«Spostati acquedotto, sto cercando Ace.»

Il ragazzo continua a bloccarlo freddando il volto del vispo ragazzino con gli splendidi occhi verdi.

«Cosa cerchi Percy?»

«Calmati. Questa è per te.
Mi sa che dovevi ringraziarlo prima, ci tenevo anche io a conoscerlo sai?
Pazienza...»

Leo afferra ciò che sembra una lettera.
Forse, una lettera d'addio.
La apre lentamente con la paura di trovare qualcosa di spiacevole.
Gli occhi scuri viaggiano sulle parole, si sforzano di seguire quelle lettere.

“Caro Leo,

ti avevo pregiudicato sai?
Sembravi una molla che si divertiva a saltare di balcone in balcone; disturbarvi anche me.
In realtà non mi dispiaceva ricevere il tuo strano buongiorno.
Quando camminavo per le stradine di quella città etichettata come senza nome, tu scimmiottavi un babbeo come me. Io ho capito successivamente il perché.
L'ho capito quella notte.
Ti sei aperto a me, mi hai illustrato il tuo sogno con semplici parole.
L'ho capito quella mattina.
Ti sei infranto ai miei occhi, hai caricato e poi sei esploso.
Quando mi hai dato quel bel cazzotto, non ho sentito il dolore sulle labbra, ma ho sentito il tuo di dolore. Mi ha trafitto come una spada.
Mi sono abbattuto un po' in quel periodo, ma tu sei venuto per me. Ti sembrerà strano, ma tu sei stato da insegnante.
Io non ho fatto altro che tirar fuori il tuo male.
Piccolo Leo, anzi Leo Valdez semidio del fuoco, sono entusiasta di essere riuscito nell'intento di riportarti su un buon binario.
Ora ti chiedo di farmi una promessa: porta a termine il tuo sogno, quando ci riuscirai, magari un giorno ci rivedremo e chissà...
sarai più un sedicenne con una faccia da schiaffi?
Io ora sarò lontano e non preoccuparti, sto bene.
Buona fortuna con la tua persona  speciale e riguardati.

Grazie,
Ace pugno di fuoco”

Leo toglie lo sguardo dal foglio di carta.
Invece di piagnucolare come al suo solito, finalmente sorride senza nascondere niente.
Dietro di lui si presenta Nico.

«Ehi, mi spiace che se ne sia andato così»

Leo non è affatto dispiaciuto, afferra Nico per il braccio e gli da un bacio sulla guancia.
L'altro, dal suo volto pallido, diventa rovente.

«Questo è per l'altra volta.
Ora devo andare.
Ci si vede Nico»

Si allontana in tutta fretta il ragazzino, lasciando l'amico sotto sopra.

«Papà, ho un sogno da realizzare.
E ho bisogno di te»

«Di che si tratta e cos'è tutto questo sprint?
Hai bevuto una lattina sprint?!»

La risata di Efesto è l'unica a rimbombare sull'Olimpo.(Tale padre, tale figlio).

«Okay, sei peggio di me.
Comunque è qualcosa di importante.
Non so quanto ci impiegherò, ma sono sicuro che l'unico ingrediente che serve è la volontà»

Detto ciò, il semidio, comincia a costruire un capanno dove procederà col suo progetto.

«Ora so ciò che sono.
Io sono Leo!
Indipendentemente da chi mi giudica»

Nella sua testa l'unica cosa che riesce a pensare è:

«Grazie a te,
Imperatore delle Fiamme»

"Intreccio Di Fuoco"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora