Capitolo 16

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Parcheggiò la sua auto in un parcheggio libero sull’altro lato della casa di Oskar e uscì dopo aver spento tutto. Attraversò con calma la strada perché non c’era anima viva che girasse e bussò alla porta.

Non dovette aspettare molto per entrare scortato da Delilah fino in cucina e salutandolo calorosamente con tre biscotti ripieni di marmellata di albicocche.

“Allora Igor, pronto per il tuo incontro? Ho sentito che sarà un incontro importante e degli agenti saranno lì.” esclamò elettrizzata continuando a preparare la cena.

Il biondo si sedette osservandola e salutando il padre di Oskar quando entrò.

“Hey ragazzo!” gli diede una pacca sulla spalla e rubò un biscotto quando la moglie si voltò per mettere delle patate e carote in forno.

“Salve Mr.Antares, come va all’università?”

“Una meraviglia come sempre.- disse con sarcasmo- I miei alunni non pensano solo alle feste, ad ubriacarsi e a chi portare a letto… No, no quelli sono proprio loro.”

Il padre di Oskar si passò una mano fra i capelli dello stesso colore delle figlie e non smise di guardarlo negli occhi.

Igor sapeva cosa voleva dire quello sguardo, non era la prima volta. Rispettava Mr.Antares, e sperava di non deluderlo.

Annuì a fargli sapere di aver capito mentre un tornado scendeva le scale e si lanciò in cucina “Igor sei già qui! Ho iniziato un nuovo libro, il quale è super mega arci wow e non ho visto l’orario. Dammi diec- quindici massimo e sono da te.” e come era arrivato, tornò al piano superiore.

Tutto tornò tranquillo in cucina tra chiacchiere futili e biscotti rubati.

Igor qualche volta si dimenticava che quella non era la sua famiglia. Si era così tanto abituato in poco tempo a quella sensazione di caldo e profumo di biscotti appena sfornati che il pensiero della sua vera famiglia volava via.

Amava Delilah e i biscotti preparati ogni giorno perché lei gli aveva spiegato, quando lui glielo aveva chiesto, che le ricordavano il Natale.

Amava le gemelline con la loro differenza ma completamente identiche.

Non poteva dire di amare il padre di Oskar, il quale era sempre molto protettivo con la sua famiglia e chiedeva sempre della scuola. Una volta aveva raccontato come avesse trovato l’amicizia tra Igor e Oskar strana e non riusciva a non smettere di guardare fuori dalla finestra… proprio come quella stessa volta.

Non smetteva di lasciare il suo sguardo viaggiare lontano e il russo capì da chi avesse preso Oskar.

Come aveva detto il fanboy, neanche dopo venti minuti il moro corse con il giacchetto indossato solo intorno ad un braccio “Andiamo?”.

Era da tanto che il biondo non scappava dal suo tutor e averlo lì, in quel preciso istante era strano, ma quella sensazione scomparve lasciando il posto ad una sensazione di normalità.

“H-hey.” sussurrò a disagio alzando una mano grande come cenno di saluto.

“Ciao.” rispose il moro rimanendo in palato sotto l’arco, il quale portava in cucina.

Il disagio tra di loro durò per tutto il tempo dei saluti e della partenza per il ristorante cinese fuori città.

Era sera, i lampioni coloravano di giallo i visi dei due ragazzi mentre Igor guidava concentrato e Oskar cambiava ogni due, tre minuti la radio per trovare qualcosa che gli piacesse.

Non parlarono molto per i primi venti minuti di strada e per Igor andava benissimo così.

Non che volesse rimanere per tutta la serata in silenzio, tuttavia la familiarità di quell’uscita era compromessa dal sapere la verità sui sentimenti che il suo tutor provava verso di lui.

Strinse le mani sul volante, lasciò andare per qualche istante la presa e tornò velocemente sul volante per far andare via l’ansia.

“Sei d’origine russa, vero?” interruppe il silenzio senza una vera ragione Oskar. Odiava il silenzio e non restava zitto neanche mentre guardava un film o leggeva un libro.

“Non si vede?”

“Volevo essere sicuro.- pausa per osservare fuori- Da quando sei qui in America?” chiese curioso.

Igor aggrottò le sopracciglia e nel frattempo mise la freccia per informare i guidatori dietro di lui che stava per girare.

“Daaaa quando ho sette anni.”

Il moro chiuse le mani a pugno e iniziò a contare con le dita e “Hai passato più tempo in America che in Russia, quindi dovresti essere più americanizzato. No?”

Il fanboy era molto interessato su questo argomento. Era sempre stato in America, non poteva provare la sensazione di appartenere a qualche altro posto e non poteva capire la sensazione di frustrazione di imparare una nuova lingua, non farsi capire e quando ti mancano le parole per spiegare una cosa.

“Avevo sette anni, ma non significa che non ricordi la mia vita lì. Amavo fare l’esperimento di tirar l’acqua bollente dal balcone quando faceva meno cinquanta gradi sotto zero e vederla diventare come neve.”

“Però, sei cresciuto più che altro qui. Non dovrebbe essere come la tua vera patria?”

Il pugile rise, scosse la testa contemporaneamente “No, alcuni infiniti sono più grandi di altri infiniti.” ed esclamò col sorriso sulle labbra.

Oskar spalancò la bocca e se fosse stato in una delle sue Larry Stylinson fanfiction, Louis o Harry avrebbero già detto qualche cosa di molto esplicito su quel gesto.

“H-hai appena- ingoiò della saliva- citato Colpa Delle Stelle?”

Il biondo rise di nuovo superando una macchina e “Sì, sorpreso?”

Non ce la fece più, il fanboy iniziò a ripetere velocemente di fermare l’auto e che aveva bisogno d’aria.

Lo ripeté così tante volte e con affanno che il russo non riuscì a non farsi preoccupazioni. Accostò l’auto, mise le quattro frecce e seguì Oskar fuori dalla macchina stringendosi nel cappotto.

“Oskar, tutto okay?”

Nessuno rispose perché l’altro era troppo concentrato sul girare in tondo e borbottare parole a caso.

Igor ci riprovò “Stai bene?” e finalmente gli occhi grigi del tutor incontrarono quei ghiacci della Siberia di Igor.

“Se sto bene? SE STO BENE?!” si avvicinò e se il pugile non avesse avuto i riflessi pronti per i tanti incontri, avrebbe fatto sicuramente cadere Oskar.

Gli era saltato addosso, abbracciandolo a koala senza avvertire. Lo stava stringendo così forte che il biondo aveva paura per la sua povera testa. Sicuramente, sarebbe volata via dal suo collo con un pop.

“Certo che sto BENE! Hai citato un libro! Ti sto facendo entrare nel mondo dei fandom!- prese le sue guance con le mani e lo baciò dappertutto: guance, fronte, mascella, con tanti piccoli tocchi di labbra- Io. Ti. AMO!”

Si fissarono negli occhi e Oskar capì cosa avesse realmente detto quando vide l’espressione del suo studente.

Voleva essere in una fanfiction dove il ragazzo impossibile e super etero- la descrizione è puramente casuale, e tutto ciò che fa ricordare Igor è solo una coincidenza- si innamora del nerd e tutti vivevono felici e contenti.

Io non sono in una fanfiction, ti devi aggrappare alla realtà qualche volta, Oskar, o finirai col cuore calpestato.

“Non- non volev- andiamo al ristorante, ho fame.” si lasciò appoggiare a terra e come un fulmine tornò a sedersi in macchina.

Il resto del viaggio fu silenzioso. Nessuno provò a romperlo con qualche rumore o suono, erano troppo occupati con i loro pensieri.

Perché non l’ho baciato? Avrei proprio dovuto .

Per voi chi lo dice?😉

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SONO TORNATA!

La pausa è finita e riprenderò gli aggiornamenti delle storie (forse ne inizio anche un'altra, boh) come sempre.
Ciaooo e spero abbiate fatto buone vacanze (looo soooo sono in ritardo)♡

Al prossimo capitolo,
BB

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