Capitolo 11

6.2K 389 59
                                    

“Oskar? Perché ti allontani? Hai paura di me? Mi credi un mostro? Vuoi la verità?” gli chiese a raffica Igor avvicinandosi sempre di più al piccolo fanboy, il quale cercò di farsi più piccolo possibile e scomparire.

“Ti ho chiesto: VUOI LA VERITÀ! RISPONDI!”

Il tutor saltò su sé stesso per lo spavento e annuì senza pensarci una seconda volta.

Era in trappola. Era iniziato tutto come una normale lezione e adesso stava per finire con i suoi genitori che dovevano riconoscere i suoi resti morti.

“La verità è che sono un mostro. Un mostro che brama la carne, la sofferenza degli altri e il sangue a macchiare le mani… il tuo sangue.” e senza aspettare altro si lanciò contro il più piccolo atterrandolo e-

“Oskar Antares! Ma cosa le è preso oggi?! Si addormenta in una lezione così importante? Non è da lei.”

Il moro si guardò intorno spaventato dal sogno -o meglio incubo- appena fatto.

La classe era normale, con i soliti alunni, il professore e solo questo.

“Antares! Mi sta ascoltando?”

Il ragazzo con gli occhiali si girò in panico e vedendo che era solo la professoressa prese un lungo respiro.

“Mi scusi, Mrs. Benki. Non ho dormito molto bene. Mi scusi di nuovo, non si ripeterà.”

La professoressa accettò le sue scuse, si voltò ed iniziò di nuovo a spiegare l’argomento di qualche minuto prima.

Oskar chiuse gli occhi e si massaggiò le meningi con fare stanco. Non aveva mentito. Era da un po’ che non riusciva a dormire. Sempre con l’immagine degli spruzzi di sangue attorno a lui, pugni e Igor. Sempre e solo il russo.

Igor nel cerchio. Igor a terra frastornato. Igor che reagisce. Igor che quasi uccide il suo avversario. Igor che un attimo prima gli urla contro e l’altro ancora gli sta dicendo che è speciale.

Sbuffò, Mi farà diventare pazzo.

Alzò gli occhi e incontrò proprio gli occhi azzurri del ragazzo che governava i suoi pensieri e i suoi sogni.

Era preoccupato per lui. Si vedeva dallo sguardo curioso di sapere cosa gli stesse succedendo -se non lo sapeva neanche lui!-, la fronte aggrottata come quando non riusciva capire bene un esercizio.

Oskar si stupì, si stupì di sapere qual era l’espressione del pugile quando non riusciva in qualcosa. Lo aveva osservato così bene? E come era riuscito a non accorgersi dei capelli che sotto alle luci al neon sembravano fili di seta bianca quanto la luna? E che aveva delle labbra piene da far sciogliere, sicuramente, chi aveva avuto il privilegio di provarle, assaporarle. Sembrava strano che lui voleva essere uno di quelli?

Gli sorrise rassicurante portando per finta l’attenzione alla lavagna e prendendo appunti automaticamente anche se i suoi pensieri, come sempre negli ultimi tempi, erano da un’altra parte -o meglio con qualcun’altro-.

La campanella della prima ora suonò tuttavia loro continuarono a rispondere a domande, farle e prendere appunti per altri dieci minuti quando un bussare alla porta risveglio la classe nel torpore in cui era caduta quando Mrs. Benki aveva assegnato un esercizio.

La professoressa sospirò rassegnata e diede il permesso al segretario del preside di entrare.

Il segretario del preside era un uomo altissimo, dagli occhiali tondi, baffoni bianchi e capelli neri naturali che indossava sempre un pantalone elegante e una camicia di diverso colore ogni giorno.

My TutorDove le storie prendono vita. Scoprilo ora