Il Natale era ormai passato da più di un mese, un Natale diverso, senza regali, senza albero, senza Margherita.
Ricordavo gli occhi gonfi di mia sorella, colmi di lacrime pesanti, la guardai senza dire nemmeno una parola, sapevo cosa stava pensando, sapevo quello che poteva passarle per la mente in quei giorni, lei era una ragazza di soli diciassette anni che avrebbe tanto voluto addobbare un piccolo e semplice abete con qualche pallina colorata e un paio di ghirlande dorate, ma purtroppo il destino le aveva riservato un trattamento crudele, era chiusa in quelle quattro mura, era rinchiusa in una torre impenetrabile ed io non ero un principe azzurro pronto a salvare la mia piccola principessa, no.
Ero un codardo ricoperto da un'armatura rigida e fredda.Le accarezzavo i capelli castani mentre era concentrata a guardare fuori dalla finestra. Quella stanza così grigia e impersonale era come una gabbia per lei e io lo sapevo molto bene.
《Che giorno è oggi, Ric?》
Una voce debole quasi inesistente mi avvolse.《È il 28 di gennaio Amanda, giovedì.》
La osservai per qualche istante, cercavo semplicemente di non pensare a nulla, solo a lei e a quanto mi mancava averla al mio fianco nella quotidianità.《Oggi vengono a trovarci i ragazzi del volontariato.》
Si voltò di scatto verso il mio viso stanco, un sorriso accennato si staglió sulle sue labbra sottili.《Sei contenta, quindi?》
Me ne aveva parlato più volte, era un gruppo di sette ragazzi e ragazze, venivano ogni settimana a trovare i pazienti più giovani, interagivano con loro e cercavano di aiutarli con la loro presenza confortante.
Il loro era semplice volontariato, ma nemmeno immaginavano quanto i loro gesti, anche se piccoli, aiutavano le persone chiuse in quella clinica.《Sì. Ci sono due ragazze molto simpatiche.》
Un paio di occhi verdi mi guardarono per qualche secondo con una luce diversa, più viva forse e, insieme ai suoi occhi, anche io ero ritornato a vivere per pochi istanti.《Ne sono contento.》
Sorrisi sereno per poi avvicinarmi e stringerle una mano.
Chinò in avanti il viso e la sua espressione si tramutò con una velocità disarmante.
《Cosa succede?》
Le chiesi.Si alzò senza dire nulla e si avvicinò alla finestra, strinse le braccia intorno al corpo, come se stesse cercando di abbracciarsi da sola.
《Perché papà non è venuto oggi? Non lo vedo da due settimane.》
Potevo immaginare le sue guance bagnate, e le sue labbra tremanti, mi dava le spalle, ma sapevo esattamente ogni singola emozione che in quel momento stava attarversando il suo corpo.Rimasi seduto sul letto, a pochi metri da quella figura magra.
《In questo periodo nostro padre sta lavorando molto Amanda, ma sicuramente verrà a trovarti presto.》La raggiunsi titubante, allungai le mani e le appoggiai sulle spelle scarne facendola voltare.
Mi sorrise amaramente prima di annuire poco convinta.《Ora devo andare, ci vediamo domani, okay Amanda?》
Le accarezzai dolcemente una guancia prima di stringerla in un abbraccio.Lei però rimase immobile, per qualche secondo restammo così, vicini fisicamente, ma mille anni luce distanti mentalmente.
Mi salutò quasi sussarrando mentre mi chiudevo alle spalle la porta bianca di legno.
Scesi gli scalini velocemente, volevo tornare a casa il prima possibile, fare una doccia e poi passare il resto della giornata sdraiato sul divano con in mano una birra.
Aprii il portone robusto usurato dal tempo e appena i miei piedi toccarono i gradini in cemento del giardino, un'aria fredda, quasi ghiacciata, mi penetrò fin dentro le ossa.
Costrinsi le mie gambe a muoversi ma una folata di vento mi fece chiudere gli occhi, percepii qualcosa di morbido toccarmi in modo brusco e poco dopo un rumore strano, sordo, come se fosse caduto qualcuno, si espanse intorno a me.
Dischiusi le palpebre mentre le mie mani ghiacciate cercavano di afferrare una ragazza che si trovava distesa sull'asfalto.
Fu solo un secondo infinito, il mio cuore precipitò sotto le mie scarpe sgualcite.
Le sue iridi languide e limpide mi guardavano mentre piano si rimetteva in piedi.Margherita dopo più di sei mesi si trovava di fronte ai miei occhi increduli.
Il vento le scompigliava i capelli neri, le labbra rosse tremavano quasi impercettibilmente e una singola, fredda e incandescente lacrima le solcò il viso.
I suoi occhi azzurri mi sembravano tristi, quasi come se stessero contemplando la sofferenza in persona.
Era molto più bella rispetto all'ultima volta che l'avevo vista.In quel preciso momento, l'unica cosa che davvero capivo, era quanto mi fosse immensamente mancata.
Mi era mancata come alla luna mancano le stelle.
Come ai polmoni manca l'ossigeno.
Come ad un cuore mancano i suoi battiti.
STAI LEGGENDO
I RICORDI DEL CUORE {Completa}
Short StoryNascondevo i suoi occhi in un piccolo vortice di pensieri che albergava nella mia mente. Intrecciavo, senza incertezze alcune, le immagini delle sue labbra rosse alla mia sembianza di uomo troppo superficiale ed apatico, lei sgretolava le mie mura c...