Tiro fuori una sigaretta e l'accendo, mi siedo vicino a Nigel e guardo le stelle, fa freschino senza la felpa e mi vengono i brividi <<Hai freddo?>> mi chiede Nigel, è gentile e sembra essersi finalmente accorto che esisto <<Si, sono uscita di casa di corsa e ho dimenticato la felpa.>> tira fuori il suo felpone nero e me lo passa, lo indosso e respiro il suo profumo senza farmi vedere, è dolciastro, sembra incenso.
Pietro si siede per terra davanti a me, in mano ha quello che penso sia tabacco, lo spulcia e lo mette su una cartina che chiude. Brucia l'estremità e chiede a tutti <<Chi vuole fumare?>> all'inizio rimango perplessa dalla domanda, tutti abbiamo il pacchetto di sigarette, poi capisco che quella non è una semplice sigaretta ma un canna.
La offrono anche a me e rifiuto, non insistono e sono contenta così. Si mettono in cerchio e se la fanno passare, un tiro per ciascuno. Nigel si risiede vicino a me, sembra tranquillo, in pace. Ha lo stesso odore della felpa, ma molto più intenso. Mi sorride e ricambio, sapendo che questo suo sorriso in realtà non è niente di significativo.
Guardo il telefono e sono le dieci, mi sento a disagio, vorrei non essere mai venuta in questo posto. Pietro si siede a gambe incrociate e mi osserva, mi sento ulteriormente a disagio <<Non hai mai fumato erba?>>
<<No>>
<<Non vuoi provarla?>>
<<No>>
<<Guarda che non succede niente se la provi.>>
<<Veramente, non ci tengo a provarla. Non è una cosa a cui tengo.>> sorride e guarda Nigel, lo guardo anch'io <<Be, è normale, ognuno fa quello che vuole.>> sono grata che non abbia voluto insistere sulla cosa, ho sempre cercato di tenermi lontana da questa roba e dalle persone che ne fa uso, seppur leggere, ora mi ci trovo in mezzo, inevitabilmente.
Fumo un'altra sigaretta e bevo la birra che ha portato Alberto. Parliamo della valle e mi raccontano alcune leggende del posto, sto bene qui, con la felpa di Nigel mentre ascolto le loro storie, non avrei mai immaginato che mi sarei trovata così bene in questo posto e tutto grazie a queste persone.Verso le undici e mezza alcuni se ne vanno e rimaniamo io, Gaia, Pietro e Nigel. Quest'ultimi stanno parlando di una mostra della musica hiphop che faranno a Milano mentre io e Nigel guardiamo le stelle sdraiati nella piazza della chiesa, siamo in silenzio, ma la cosa non ci imbarazza. Sono felice come non lo sono mai veramente stata, ma la mia felicità si interrompe quando mi squilla il telefono, guardo il display: è mio padre. Tolgo il suono della chiamata e vedo che Nigel mi osserva perplesso <<Tutto bene?>>
<<Così così.>>
<<Capito, se vuoi parlarne fai pure.>> è talmente gentile con me stasera che nella mia testa mi passa l'idea che forse dovrebbe fumarne un po' di più di quella roba e dentro di me rido di aver anche solo pensato una cosa del genere. <<Non ho un buon rapporto con mio papà. Non ho condiviso molto nell'infanzia con lui a causa dei suoi continui viaggi di lavoro e ora che viviamo insieme tutti i giorni vuole provare a fare "il padre" che purtroppo per lui non è e io provo una rabbia per quello che non ha fatto in passato e quello che cerca, in maniera sbagliata, di fare.>> non dice niente per qualche minuto e continuiamo a guardare le stelle <<Io non ho problemi con i miei genitori e l'unica cosa che posso dirti è che mettendomi nei tuoi panni, non so che cavolo farei.>>
<<Già.>> speravo fosse un po' più di aiuto, ma evidentemente la mia storia è talmente assurda e triste che nessuno oltre a me può essermi d'aiuto <<Forse quello che puoi fare è stare più tempo possibile fuori casa. Quando vuoi fare un giro chiamami tanto io se non lavoro ci sono sempre.>> si sdraia sul fianco e mi guarda, giro la testa e ci guardiamo dritti negli occhi, sono così azzurri che sembra di navigare nel mare, non un mare calmo, ma uno di quelli in tempesta, vedo tanta voglia di lottare dentro di lui, tanta diversità che mi attira come una calamità. Ho voglia di baciarlo e non farlo andare via, è una sensazione strana per me, non mi era mai capitata una voglia così, ma per fortuna lui si alza e io ritorno con i piedi per terra.
Mi alzo anch'io e insieme a Nigel, Gaia e Pietro torniamo al bar, io devo tornare a casa e Pietro si offre di accompagnarmi ma declino l'offerta, ormai la so la strada.
Mentre cammino osservo il telefono quattro chiamate di mio papà, qualsiasi cosa voglia me lo può dire faccia a faccia ora.Apro la porta di casa e mi ritrovo davanti mio papà furibondo <<Si può sapere dov'eri? È quasi l'una ti rendi conto o no?>> osserva con disprezzo la felpa che indosso, cavolo mi sono dimenticata di restituirla a Nigel <<E questa di chi è?>> e strattona la manica della felpa <<Di Nigel>> rispondo con sicurezza e mi avvio verso le scale, lui mi trattiene per un braccio e mi fa voltare <<Tu da stasera e per un bel po' di giorni non esci di casa, sia di pomeriggio che di sera è chiaro?>>
<<No, io esco quando voglio, non vedo perché non posso farlo.>> dico con insolenza, lui perde le staffe e mi molla uno schiaffo sulla guancia, mi lascia il braccio mentre io mi sfrego la guancia che scotta, dalle scale scende mia madre e cerca di proteggermi da quell'essere immondo di mi padre.
<<Non ti azzardare mai più a mettermi le mani addosso o non mi vedrai mai più, hai capito? Brutto stronzo!>> scavalco mia madre e salgo in camera. Mi metto a letto e inizio a piangere, oltre a essere sempre stato assente nella mia vita ora scopro che ho un padre violento e prepotente. Prendo il telefono e ascolto Piove Musica, mi calma e mi addormento in un sonno irrequieto.
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Musica cicatrene
RomanceIncontrarsi, odiarsi, essere così diversi, ma con la musica nel sangue. Allontanarsi, amarsi, non riconoscersi più Perché non tutti gli amori più belli possono essere tranquilli? Perché gli amori più belli nascono dalla tempesta.