Cacciatori di cacciatori di taglie: in un Universo troppo caotico e poco sicuro, anche questo mestiere serve a mantenere l'ordine... e a sbarcare il lunario.
Ma un turno come un altro si trasforma in un incubo per i due Legionari Ralph e Nathan, q...
Alla fine, Margherita era andata a letto senza aspettare Matt.
In preda alla consueta inquietudine notturna, si era tirata le lenzuola sulla fronte, per non vedere i numeri luminescenti dell'orologio a muro.
– Di che avrò paura, poi? Mi aspetto forse che passi un'ombra all'improvviso?– si disse.
Immediatamente dopo aver pensato a una tale irrealistica eventualità, fu percorsa da un brivido.
– Accidenti a me. Quelle pillole non servono a niente.
Si rigirò nel letto, tentando di prendere sonno, sperando almeno di riuscire a chiudere gli occhi, spalancati contro il tessuto ruvido del lenzuolo.
– Non riesco. Non riesco. Non riesco, accidenti, come sempre quando – Fu scossa da un sussulto di impazienza e si alzò a sedere, strappandosi di dosso la coperta. Si guardò intorno nel buio, poi accese la lampada con uno scatto.
Prima ancora di domandarsi cosa le stesse succedendo, aveva in mano il telefono, e dopo qualche istante di esitazione si trovò ad ammettere che, in fondo, non riusciva a non aspettare suo marito.
– Dov'è? Dov'è andato a finire? Questa sera doveva esserci. Questa sera dopo quanti mesi? Quanti?
Posò il telefono sul comodino.
– Quanti mesi?– Sentì le lacrime pizzicarle gli occhi. – Quanti dannati mesi sono che non dormo?
Si alzò, attraversò la stanza e si gettò sull'interruttore. Per un attimo venne accecata dalla luce, poi riaprì lentamente gli occhi e si guardò intorno quasi con timore. Sul letto, le coperte dal lato di Matt erano intatte. Come sempre.
Mag cominciò a gironzolare nervosamente.
– Magari è rimasto in panne. Magari sta ancora lavorando e non ha visto l'ora.
Si fermò all'improvviso e disse ad alta voce: – Magari ha avuto un colpo, poveretto.
Non aveva pronunciato quelle parole in tono sarcastico, né distaccato, come avrebbe voluto. Non aveva usato il tono con cui diceva qualsiasi cosa durante la giornata, durante le giornate che passavano una dopo l'altra come un fiume di rifiuti lenti e putrefatti.
– Ora non è la giornata. È notte, ora – pensò.
Piuttosto, il suo tono della notte era stato flebile, sottile, forse minato dalle sigarette. Il tono di una donna fondamentalmente debole, sola e piena di paura. Una donna che di giorno Mag avrebbe odiato e preso in giro senza pietà.
Aveva di nuovo il telefono in mano.
Lo sbatté per la seconda volta sul comodino.
Si guardò intorno una, due, tre volte, e quella cosa non le passava.
Quella cosa che la faceva stare male. Quella cosa che le faceva odiare se stessa. Quella cosa che era lenta e putrefatta dentro di lei. Quella cosa che mangiava piano piano il suo cervello e le svuotava il petto mentre respirava. Quella cosa che le rendeva difficile stare al mondo.
– Come se tutti quanti sapessero qualcosa che io non so, come se tutti quanti avessero qualcosa che io non ho.
Quella cosa che taceva e scompariva quando c'era Matt.
Le lacrime rotolarono via dai suoi occhi. Le lenzuola di Matt erano ancora al loro posto.
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