[Capitolo 19.]

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Correvo, correvo come una pazza mano nella mano con Dana.

In tutti questi mesi lei non mi ha mai lasciato un secondo da sola, è sempre rimasta a dormire nella casa vuota dove abitavo, è sempre venuta a trovare mia madre ed è sempre corsa insieme a me quando arrivavano le chiamate in piena notte.

L'ospedale era vuoto, tutti erano nelle loro stanze a dormire, nei corridoi c'erano solo pochi dottori e poi c'eravamo io e Dana che correvamo più forte che potevamo.

Eravamo nel cuore della notte ed io tremavo, avevo paura, non poteva essere vero.

Arrivammo davanti alla camera di mia madre, la porta era chiusa, sentivo voci provenire da quella stanza.

<<Carica.>>
<<E' in arresto.>>

E poi ad un tratto, silenzio. Nessuno parlava più.
La mia faccia era ricoperta da lacrime e il mio cuore batteva forte.
Dopo diversi minuti uscì una dottoressa, sul suo viso si leggeva chiaramente che qualcosa non era andato per il verso giusto.

Mi alzai e mi diressi verso di lei, ero nel panico, volevo sentire solo "puoi entrare, adesso sta bene." ma quando vidi che non diceva una parola capì.

Capì che ormai era tutto finito, mia madre non c'era più, mi aveva lasciata.

<<Nooo>> urlai. Le mie gambe non riuscirono a reggere il peso del mio corpo, crollai, non sentii più niente, sentii solo che in quel momento Dana tenne salta la presa per non farmi cadere.

Nella mia testa c'era il vuoto; caddi in un pianto disperato.

Sobbalzai dal letto, ero un bagno di sudore. Ogni notte questi incubi mi accompagnavano fino al mattino, così decisi di andare in cucina per rilassarmi con un thè caldo.

Mi alzai, mi cambiai, misi il pentolino con dentro l'acqua sul fuoco, preparai la tazza e mentre aspettavo che tutto fosse pronto guardai fuori dalla finestra.

In lontananza, proprio accanto al cancello vidi una sagoma seduta per terra. Era Chad.

Ma cosa ci fa qui? Eravamo nel bel mezzo della notte, perchè era davanti casa mia?
Preparai due tazze di thè e lo raggiunsi.

Appena sentì la porta di casa aprirsi scattò in piedi, mi guardò e mi raggiunse con passo svelto.

<<Perdonami, io non volevo. Non so cosa ti hanno detto ma..>> disse in preda al panico.

<<Shh, se non abbassi la voce sveglierai tutti.>>

Le porsi in thè caldo che le avevo appena preparato e ci sedemmo sulla panchina a fianco della porta.

<<Cosa ci fai qui?>>
<<Volevo parlarti.>> rispose. <<So che non sono un ragazzi di cui puoi mettere la mano sul fuoco, ho sempre sbagliato, con qualsiasi persona avessi davanti, sbagliavo. E anche questa volta è successo, ma è successo con la persona sbagliata, non avrei mai voluto farti del male o deluderti.
Non sono uno stronzo Alicia, credimi. Ho solo qualche difficoltà a comportarmi nel modo giusto.>>

<<Perchè hai detto quelle cose?>> risposi evitando quello che mi aveva detto. Non mi interessava sapere di tutte le volte che sbagliava con le altre persone, volevo sapere perchè questa volta stava sbagliando con me, era tutto quello che mi interessava.

<<Non ho detto quelle parole, devi credermi. Quei ragazzi li conosco da quando ero piccolo, e hanno sempre visto in me un ragazzo che si portava a casa una qualsiasi e il giorno dopo la mollava. Avendoci visto insieme avranno pensato che eri una delle tante, ma tu non sei come loro.>>

Lo guardai negli occhi. <<Non è che mi dici tutte queste belle parole perchè non ne vuoi prendere da Colin?>> risposi ridendo.

Scosse la testa e le sue labbra sorrisero. <<Come mai eri sveglia?>>

<<Ho fatto un brutto sogno e avevo bisogno di fare due passi.>> risposi sorseggiando il mio thè.

<<Succede anche a me ogni tanto.>>

Restammo fino all'alba a parlare, non affrontammo discorsi difficili o dolorosi.
Entrammo in discorsi semplici, mi spiegò cosa ci poteva essere di interessante nella città da vedere, mi descrisse la scuola, scherzò sulla mia goffaggine nel fare bevute e scontrini, fu una conversazione piena di argomenti e divertente.

I minuti e le ore passarono e non ce ne rendemmo nemmeno contro e in quei momenti, per la prima volta dalla sera prima mi dimenticai delle parole orribili che sentii da quella ragazzina fastidiosa.

<<Penso sia ora di andare a casa.>> le dissi vedendo il sole che iniziava a spuntare.

<<Direi di si.>>

<<Una volta davanti la porta mi strinse tra le sue braccia, come se fosse un abbraccio dedicato al perdono, fu gratificante.

<<Mi dispiace, ma ricordati, tu non sei come le altre, hai qualcosa in più.>> mi sussurrò mentre la sua mano scorreva sulla mia schiena.

Quelle parole mi provocarono brividi in tutto il corpo.

<<Adesso è tutto apposto, stai tranquillo. Ma non verrò lo stesso a letto con te. Buonanotte Chad.>> dissi ridendo.

Entrai in casa e sbirciai i suoi movimenti dalla finestra, lo vidi camminare lentamente nel vialetto con le mani nelle tasche, chiuse delicatamente il cancello per evitare di fare meno rumore possibile e si incamminò verso casa.

Non ne ero molto convinta ma decisi di essere fiduciosa, mi fidai delle sue parole, di quello che raccontava.

O diceva la verità o era un ottimo attore.

Always || #Wattys2016Donde viven las historias. Descúbrelo ahora