9- Coward

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Premetti sull'icona della rubrica e cercai il numero di Hayley.
Lo conoscevo a memoria, ma non volevo sentirmi un disperato, più di quanto già lo fossi almeno.

Averla vista così da vicino quella mattina, mi aveva fatto cadere in un vortice di emozioni incontrollabili.
La rivolevo nella mia vita e non mi capacitavo di come potevo averla lasciata andare.
Costretta, io l'avevo costretta a lasciarmi, senza alcun motivo valido.

Bloccai lo schermo del telefono, pensando al perché avrei dovuto chiamarla dopo tutto quello che le avevo fatto. Mi aveva a mala pena guardato quella mattina, prima di sparire di nuovo, perché avrebbe dovuto anche solo rispondermi?.

Eppure il destino, il fato, ci aveva fatti incontrare.

Appena mi ero svegliato avevo ricevuto una mail dal bar nel quale andavo di solito a fare colazione -o prendere qualcosa da portare allo studio veterinario- con scritto che sarebbe stato chiuso per quel giorno, per cause famigliari.
Non ricordavo nemmeno di aver lasciato loro la mail, ma date le conseguenze non mi importava, l'avevo rivista, dopo tutto quel tempo.

Mi mancava terribilmente.

Sbloccai il telefono e composi il suo numero a memoria, ma mi fermai per la seconda volta.
Come poteva perdonarmi? Non avrebbe mai potuto farlo, avevo fatto di tutto per farmi odiare, era quello il mio intento e..l'avevo distrutta, più di quanto riuscissi ad ammettere a me stesso.

Cancellai il numero e mi sdraiai sul letto, portandomi una mano fra i capelli, sbuffando. Aprii la galleria e guardai le foto che avevamo fatto insieme. Ero patetico, ma d'altronde l'amavo ancora e non avevo mai smesso di farlo.
Le sue guance erano leggermente più scavate e il colorito sotto i suoi occhi era più intenso, ma i suo sguardo era caratterizzato dallo stesso nocciola famigliare che ti rilassava e ti faceva sentire a casa.

Eppure lei non era più mia.

Solo il pensiero di saperla con un altro uomo mi faceva impazzire, d'altronde l'avevo costretta io ad andare a vanti con la sua vita. Ma l'avrà fatto veramente?.

Mi fermai ad osservare una sua foto che la ritraeva seduta sul suo letto, mente giocava con il gatto Jack Frost. Il suo sorriso mi lasciava ancora senza fiato e mi sentii perso, non potevo non averla nella mia vita.
Uscii dalla galleria e ricomposi il numero per la terza volta. Dovevo sentire la sua voce, dovevo rivederla, dovevo almeno privarci.

Prima che potessi premere sul tasto verde, ricevetti una chiamata, da mio fratello minore Adam.

<<Pronto?>> usai un tono leggermente sorpreso, di solito usavamo i messaggi per sentirci.

<<Ciao Logan ti disturbo?>> chiese.

<<Ciao Adam, no dimmi pure>>.

<<Non ti ruberò molto tempo>> mi informò. <<Mamma e papà vogliono fare una riunione di famiglia per festeggiare la liberazione dal nemico>> sembrava che la trovasse un'idea ridicola e per quella volta gli davo ragione. <<Tralasciando il fatto che nostra madre abbia usato davvero il termine "nemico"...domani sera saresti libero?>> mi chiese.

Sorrisi immaginando l'espressione di mio fratello. <<Sarò libero solo se papà non farà uno di quei suoi discorsi da veterano di guerra>>.

<<Lo strozzo prima che ci provi, non voglio subirmi le sue manie di grandezza, soprattutto perché lui non è stato colpito direttamente come voi>> affermò, con un tono arrabbiato.

<<Allora ci sarò>> risposi gentilmente. <<Grazie per l'invito>>.

<<Ci vediamo domani>> mi salutò con tono freddo, prima di riattaccare. D'altronde non potevo aspettarmi altro da lui, era pur sempre il ragazzino viziato e sempre arrabbiato.

Prejudices || come backDove le storie prendono vita. Scoprilo ora