Pensieri sgraditi e incontri indesiderati

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Ci mancava solo che quella cretina gli tornasse in mente prima di addormentarsi. Come se non faticasse già abbastanza a prendere sonno nell'ultimo periodo, da quando la sua ex lo aveva pugnalato alle spalle.

Gli aveva sorriso. A lui, un attimo dopo che l'aveva praticamente insultata e guardata male. Ok, portava le cuffie e magari non l'aveva sentito, ma come si faceva a essere così stupidi?
Quando finalmente riuscì a prendere sonno, la sognò, che ballava, con quelle cuffie enormi che le facevano sembrare la testa molto più grande del corpo esile.

La mattina dopo si risvegliò con il sorriso sulle labbra, senza ricordarsi il motivo per cui aveva dormito così serenamente.
Tutto gli tornò alla mente sulla metro, mentre chiacchierava del più e del meno con il suo amico.
«Oggi non c'è la matta che balla?»
L'altro alzò le spalle, disinteressato. «Non sei contento? Magari qualcuno l'ha finalmente buttata giù dal treno.»
Sapeva che l'amico scherzava, però, stranamente, non si sentiva tranquillo.
L'aveva detestata per tutto quel tempo, ma ora che non era lì a ballare e fare la cretina, era tutto così diverso. Del resto, era merito suo se quella mattina si era svegliato con il sorriso sulle labbra.
Si diede mentalmente dell'idiota e scacciò dalla testa quei pensieri.
Aveva ricevuto un messaggio dalla sua ex. Doveva andare da lui per riprendersi delle cose. Come poteva sorridere quando doveva incontrare la donna che aveva creduto l'amasse, mentre invece se la faceva con un altro? La vita era uno schifo, tutto qui.
Durante la pausa pranzo i suoi colleghi lo trascinarono a mangiare fuori dall'ufficio, anche se lui non ne aveva nessuna voglia. Dopo li lasciò a chiacchierare di cose che non lo interessavano affatto: matrimonio, figli e fidanzate. Tutto quello che lui aveva perso e che non avrebbe mai più trovato, siccome non aveva né voglia né intenzione di rimettersi in gioco, dopo la batosta ricevuta.

Si ritrovò in un negozio che vendeva strumenti musicali. Un tempo suonava la chitarra e cantava. L'aveva fatto anche per lei. La stessa lei che lo aveva tradito e abbandonato, calpestando con il suo affilato tacco undici il suo cuore straziato.
Ora aveva perso qualsiasi motivazione e persino il suo amore verso la musica era svanito.
Udì delle note stonate provenire dal reparto che ospitava le chitarre. Chi era quell'incapace che stava suonando? Sicuramente qualcuno che prendeva in mano uno strumento per la prima volta.
«Hey, ragazzino! Se non vuoi distruggere quella povera chitarra, ti consiglio di posarla» intimò al tizio che la stava suonando. Era di spalle, magrolino e portava una felpa col cappuccio tirato sulla testa.
Quando si voltò, però, non si trattava di un ragazzino, ma della biondina tutta scema.
«Tu sai suonarla?» gli chiese, con un sorriso ancora più aperto di quello che gli aveva rivolto il giorno prima sulla metro.
Non aveva tempo da perdere con lei, doveva tornare al lavoro. Così, senza nemmeno risponderle o rivolgendole un cenno alcuno, se ne andò.

***

Lei non capiva certa gente. Non riusciva a comprendere il loro comportamento.
Quello era il ragazzo della metro, lo aveva riconosciuto immediatamente. Perché se ne era andato via senza degnarla di una risposta? Dal tono con cui le si era rivolto, doveva saper suonare la chitarra, al contrario di lei.
Voleva imparare, ora che ne aveva, per così dire, il tempo. Ora che era a casa dal lavoro le si erano aperte molte possibilità su ciò che avrebbe potuto fare nell'immediato futuro.
Uno strumento musicale e poi che altro? Ah, sì! Si sarebbe iscritta in palestra. Avrebbe imparato a cucinare dolci e sarebbe andata a tutte le mostre della città.
Aveva tante di quelle idee sul cosa fare per impiegare il suo tempo.
Talmente tante che...
Ok, la chitarra doveva essere sua. Andò alla cassa a pagare, incurante del fatto che il suo conto in banca si sarebbe assottigliato più in fretta, ora che aveva perso il lavoro. Poco importava, aveva messo da parte qualcosa negli ultimi anni, c'era abbastanza denaro per quello che aveva in mente di fare.
Quella stessa sera, poi, si sarebbe iscritta in palestra. Gliene avevano consigliata una molto attrezzata. Non era la più vicina a casa sua, ma poco importava. C'era la metro e avrebbe viaggiato volentieri.

Quando arrivò in palestra, fece un sacco di domande, entusiasta e curiosa. Si iscrisse senza remore, era più che decisa. Il suo cuore batteva forte per l'emozione, come sempre quando cominciava una nuova avventura.
La ragazza che stava alla reception le indicò la sala con gli attrezzi e le disse che all'interno avrebbe trovato qualcuno a spiegarle come funzionava ogni cosa. Alla fine del giro, scelse il tapis roulant. Adorava correre, lasciare indietro i pensieri e muoversi sempre più velocemente. Certo, farlo all'aperto era molto più bello, ma quella sera non aveva voglia di concentrarsi sugli attrezzi.

Mise le cuffie oversize e prese a correre, aumentando man mano il ritmo. Scuoteva la testa a tempo di musica e la sua andatura non era proprio impeccabile.
Quando si fermò, esausta, lo vide che la guardava. Era seduto su una panca per gli addominali ed era bellissimo.
Distolse lo sguardo ma lei gli si avvicinò e con tono sfacciato gli chiese: «Allora, puoi insegnarmi a suonare la chitarra?»
I suoi occhi scuri la fissarono, con freddo disprezzo. Quando vide che lei non accennava ad andarsene, il suo sguardo fu velato da una certa curiosità. «Senti, ragazzina...» cominciò con la sua voce calda e profonda.
«Come, scusa?» Lei scoppiò a ridere.
«Non fare tanto la grande con me» insisté lui, alzandosi in piedi.
Forse intendeva spaventarla, dato che era più alto di lei. Invece le piaceva quell'aria da duro e la barba un po' lunga. Perché un ragazzo così non avrebbe dovuto amare sorridere?
«Quanti anni credi che abbia?» lo sfidò lei, divertita e intrigata.
Lui però scosse la testa. «Non starò qui a perdere tempo con te.»
Girò sui tacchi e se ne andò.

***

Eccoci alla fine del secondo capitolo. Sono contenta di avere ricevuto pareri positivi sulla storia finora e vi ringrazio molto. Come ho già accennato questo è un racconto breve, cominciato per caso, come una specie di esperimento. Forse altrove c'è una storia pressochè identica, ma per me era la prima volta che scrivevo qualcosa così e spero che continuerà a piacervi :)

Maria C Scribacchina

Le cose che vorrei cambiareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora