Mi prenderò cura di te

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Quella gita con picnic fu solo la prima di molte esperienze che Emma e Matteo condivisero.
Lui aveva accumulato molti giorni di ferie e appena gli era possibile li utilizzava per stare con lei.
Era ormai primavera inoltrata e i loro incontri erano illuminati da un sole tiepido. Emma rideva e la cosa che più scaldava il cuore di Matteo era la felicità che vedeva sul suo volto.
Prima di incontrarla non avrebbe mai creduto che sarebbe tornato ad amare con un'intensità maggiore di quanto avesse fatto in passato.
Era un giovedì pomeriggio ed erano andati al lago.
«Voglio suonare qualcosa con la chitarra!» esclamò Emma all'improvviso, distogliendo Matteo dai suoi pensieri.
Fece per alzarsi, ma le mormorò di stare seduta, ci avrebbe pensato lui a recuperare lo strumento musicale.
Le mise in braccio la chitarra e lei iniziò a pizzicare le corde, con un'espressione concentrata sul volto, seguendo gli insegnamenti del ragazzo.
«Stai migliorando molto, sai.» Le sfiorò la fronte con le labbra.
«Lo dici solo per essere gentile, non m'inganni.»
«Ormai dovresti sapere che non sono quel tipo di persona» le rispose, scostandole una ciocca di capelli dal viso.
Emma scoppiò a ridere, felice come non mai. Già, lo conosceva meglio ogni giorno che passava e non poteva fare a meno della sua compagnia, del suo profumo, dei suoi stupendi occhi scuri che la studiavano con attenzione e spesso la guardavano con desiderio. Lo stesso che provava lei.
«Se continui a guardarmi così, mi viene voglia di mandare all'aria la nostra gita e chiederti di portarmi a casa tua...»
La frase di Emma fu interrotta dall'arrivo di un terremoto. Non nel vero senso della parola, ma un cane saltò addosso alla coppia, facendo scivolare la chitarra via dalle mani della biondina.
Il cucciolo si mise a leccare il volto di Matteo e il ragazzo non si mostrò affatto infastidito, da quell'adorabile invasione. Quando il cagnolino fu richiamato dal padrone, Emma notò che il ragazzo si era incupito parecchio.
«C'è qualcosa che non va? L'incontro con quel cucciolo sembra averti scosso.»
Lui fece di no con la testa, però lei non si arrese.
«Dai, Teo, a me puoi dirlo.»
Riuscì a rompere la barriera che lui aveva costruito intorno al suo cuore. Piano piano le difese di lui stavano cedendo, grazie all'affetto che lei gli dava.

Le raccontò di Briciola, del giorno in cui, due anni prima, era andato con la sua ex al canile, per adottarlo. Era il più debole della cucciolata, nessuno aveva voluto prenderlo con sé. Matteo se ne era innamorato subito e, anche se la sua ex avrebbe preferito un altro cucciolo, era riuscito a convincerla a portare a casa quel fagotto adorabile.
«Scommetto che ora Briciola è con lei» mormorò Emma mestamente, passando una mano tra i capelli scuri del ragazzo.
Lui annuì, lo sguardo rivolto a terra. «Si è portata via anche l'ultima parte buona di me che rimaneva.»
Emma avrebbe potuto dirgli chissà quante parole per convincerlo che non era così, che in lui c'era molto di buono, solo che non riusciva più a vederlo. Invece lo baciò, intensamente, stringendolo quanto più forte il suo corpo indebolito dalla malattia le permetteva, poi gli sussurrò nell'orecchio che voleva trascorrere la notte con lui.
Gli occhi scuri di Matteo si illuminarono a quelle parole: la disperazione che c'era un tempo era svanita.

*

Mentre faceva l'amore con lei si sentiva agitato come se fosse la sua prima volta. Emma era così fragile tra le sue braccia, eppure così piacevole. Non avrebbe mai pensato che sarebbe potuto succedere con lei, la stessa tipa odiosa che gli dava sui nervi quando ballava come una forsennata sulla metro. Sembravano passati secoli da quei giorni, invece era trascorsa solo una manciata di mesi.

Le cose tra loro si stabilizzarono e i due diventarono inseparabili.
Quando usciva dal lavoro, ogni sera, andava a prendere Emma a casa di sua nonna. Oppure, se lei era stanca e non se la sentiva di spostarsi, lui rimaneva lì e le suonava qualche brano con la chitarra.
Ogni tanto la biondina strimpellava qualcosa da sola e lui la guardava, sorridendo e sentendosi felice come non mai. La loro non era una relazione sdolcinata, non c'era bisogno di parlare molto. Anche perché a lei ogni tanto mancavano le parole e lui non era di certo un tipo eloquente.
Uscivano con gli amici, da soli e ogni tanto con le famiglie, anche se non resero le cose ufficiali, non ne vedevano la necessità. Era più una questione tra loro due. Il momento migliore era quando si ritrovavano a casa di lui, sul divano o a letto, sdraiati, con i cuori che battevano all'unisono. Non sentivano il bisogno di nient'altro che non fosse la compagnia reciproca.
Tutte le cose che Matteo aveva detestato di Emma ora erano le stesse di cui non poteva fare a meno.
E per lei, vedere quegli occhi scuri, una volta tanto tristi, riempirsi di felicità grazie al tempo che trascorrevano insieme, era un'emozione così grande che dimenticava sempre più spesso la sua malattia.
Poi però arrivava una crisi e allora tutto le tornava in mente. Lui si rabbuiava di nuovo.
Successe anche una sera, in un momento cruciale.

Erano seduti sul divano con la televisione accesa, anche se nessuno la stava guardando. La testa di Emma era appoggiata sul petto muscoloso di Matteo e lui le accarezzava dolcemente i capelli. La biondina non era mai stata così in pace con se stessa, da quando aveva scoperto di essere malata, come lo era in quel momento.
Non avrebbe mai immaginato che sarebbe stato per lui, quel ragazzo all'apparenza irraggiungibile. Si voltò verso di lui e lo baciò sulle labbra, poi aprì la bocca per dirgli quello che provava. Voleva dirgli che lo amava, ma all'improvviso non sapeva come fare, non riusciva a mettere una sillaba dietro l'altra; accidenti, era così difficile per lei mettere insieme quelle tre sillabe. Era tutto quello che desiderava in quel momento, aveva bisogno di dirgli "Ti amo". Di fronte a quel volto che adorava, a quelle mani che non si stancava mai di stringere, a quelle braccia che l'avevano aiutata a non cadere tante volte, voleva solo esprimere la sua totale devozione, il suo affetto inesauribile.
Gli occhi le si riempirono di lacrime mentre boccheggiava come un pesce fuor d'acqua, frustrata.
«Emma, cosa succede? Una delle crisi, vero? Ti prendo qualcosa.»
Lei nascose il viso contro il suo petto, impotente. Perché non riusciva a dirlo? Provò di nuovo, sollevò il capo e lo guardò intensamente in quegli occhi scuri e profondi, che la scrutavano con amore misto a preoccupazione. Dalla bocca le uscì un suono così diverso da quello che credeva di avere emesso che scoppiò a piangere copiosamente, rimanendo senza fiato.
«Tranquilla, non sforzarti. Ci penso io a te.» Matteo la strinse forte a sé. «Ci sarò sempre per te. Ti amo, Emma.»
Pianse ancora di più, perché quelle erano le stesse parole che stava cercando di dirgli.

***

Anche questo capitolo ha subito un po' di modifiche rispetto alla prima stesura. Spero davvero che vi sia piaciuto.

Ringrazio come sempre chi legge, commenta e vota la mia storia.

Maria C Scribacchina

Le cose che vorrei cambiareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora