Emma rifletteva su quello che era accaduto a casa di Matteo. Sembrava tutto così perfetto, poi era successo qualcosa; qualcosa che le aveva impedito di continuare a comportarsi come se niente fosse. Aveva dovuto fuggire, non avrebbe sopportato che lui la vedesse in quello stato.
Lui le aveva telefonato, ma lei non se l'era sentita di rispondere o di mandargli un messaggio. A che scopo? Non sapeva nemmeno bene cosa dirgli. Si era ripromessa di renderlo felice, di far sparire quell'espressione seria dal volto di quel ragazzo così affascinante. Quanto potevano essere splendidi due occhi scuri, seppur pieni di tristezza?La gente dice sempre che sono gli occhi chiari a essere più belli; Emma aveva perso la testa per due occhi che sembravano uguali a migliaia di altri. Sembravano, perché per lei Matteo era unico, nonostante lo conoscesse poco. Forse era colpa del suo carattere, del fatto che prendesse tutto con troppo entusiasmo, ma i sentimenti nei confronti di lui erano cresciuti senza che lei se ne accorgesse. Non le era di certo indifferente.
Certo che voleva rispondere ai suoi messaggi. Accidenti se aveva voglia di sentire la sua voce, ma diavolo, non stava per niente bene. Non stava affatto bene. Per questo decise semplicemente di sparire.*
Matteo non la smetteva di chiedersi come mai lei non lo chiamasse o non si facesse più vedere in palestra né tantomeno sotto casa sua. Emma sembrava sparita dalla circolazione e la cosa lo turbava più di quanto si sarebbe aspettato.
Qualche giorno dopo, ricevette una telefonata da sua nonna che gli chiedeva se poteva portarla a fare la spesa. Approfittò di una mattinata libera dal lavoro per farle quel favore, anche se avrebbe preferito starsene a casa a ronfare. Sua nonna parlava sempre troppo e soprattutto le piaceva raccontare le disgrazie altrui. In quel periodo lui non era in vena di ascoltare storie tristi e deprimenti, il mondo faceva già abbastanza schifo.
Non appena la donnina minuta con i capelli tinti di un rosso troppo acceso salì sull'auto, cominciò a spifferare tutto di qualcuno che aveva una nipote con una brutta malattia degenerativa contratta in giovane età.
Lui staccò la spina e non le diede ascolto, pensando solo ad arrivare alla fine di quell'incontro. Un tempo non era stato così. Un tempo viveva appieno ogni istante, assaporando i momenti, i minuti che scorrevano, che si trattasse di un'esperienza piacevole o meno. Da quando la stronza della sua ex gli aveva spezzato il cuore, non riusciva più a godere delle gioie della vita.
Già, le gioie della vita. Il sorriso di Emma, la sua risata sfacciata, quei baci che lo avevano colto di sorpresa e non solo quelli...Al supermercato sua nonna conosceva tutti e lui si trovò a sperare di fare in tempo per essere al lavoro in orario quel pomeriggio.
Incontrarono proprio la donna che aveva la nipote con la grave malattia; le due anziane cominciarono a discutere e a descriverne i sintomi. Matteo si allontanò, perché gli sembrava di stare lì a origliare una conversazione privata. Cosa spingeva le persone a condividere così tanti particolari sulla propria vita, perlopiù dolorosi? Se avesse potuto avrebbe spazzato via dalla sua le cose deprimenti e spiacevoli che gli erano successe ultimamente. Gli incontri con Emma, all'inizio tanto odiati, quelli sì che li avrebbe mantenuti.
Alla fine della corsia dedicata ai cioccolatini vide una persona in difficoltà: si sporgeva per afferrare un pacchetto posto in alto, ma non riusciva ad arrivarci. Le giungse alle spalle e l'aiutò.
«Grazie!» trillò la ragazza.
«Emma, ciao» borbottò Matteo, leggermente in imbarazzo.
Lei gli sorrise e lo abbracciò brevemente, senza accennare a ciò che era successo tra di loro qualche giorno prima.
Poi qualcosa d'improvviso la turbò.
Il pacchetto di cioccolatini le cadde dalle mani e lei si guardò intorno, un'espressione smarrita negli occhi.
«Che ci faccio qui?» mormorò, a bassa voce, ma lui la sentì.
«Tutto bene?» le chiese e lei parve riscuotersi.
«Oh, io...»
«Emma! Eccoti qui. Hai preso i croccantini per il gatto?»
Lei si batté una mano sulla tempia e rise di se stessa. «Che sbadata! Avevo capito cioccolatini.»
Fu allora che Matteo realizzò e mise insieme i pezzi con una grossa stretta al cuore. La sua sbadataggine, la goffaggine nei movimenti. La rigidità delle sue dita, il fatto che spesso facesse cadere degli oggetti.
Emma era malata, soffriva di una grave malattia degenerativa. Eppure aveva sempre il sorriso sulle labbra. Quel sorriso così bello che lui non riusciva a togliersi dalla mente. Com'era possibile che non avesse notato niente fino a quel momento?
La nonna di Emma e quella di Matteo si scambiarono un'occhiata ma non dissero niente. Per una volta era lui a voler dire qualcosa, anche se non aveva la minima idea di cosa.
Il gruppetto si salutò dopo i soliti convenevoli. Quando Emma si alzò in punta di piedi per scoccargli un bacio sulla guancia, Matteo resistette all'impulso di stringerla tra le sue forti braccia. Cosa gli stava succedendo, per colpa di quella biondina che un tempo sopportava a stento?Durante il tragitto verso casa la nonna di Matteo notò quanto si fosse rabbuiato ed evitò i suoi soliti discorsi drammatici. Fu lui a sfogarsi e a esprimere tutto il disappunto per le condizioni della biondina.
«Perché certe cose devono succedere a delle persone così giovani e solari? L'hai vista, sembra una ragazzina.» Fece una pausa e cercò con tutto se stesso di ricacciare indietro le lacrime. Ancora faticava a realizzare quello che stava provando. Fino a qualche giorno prima non avrebbe creduto di potersi emozionare così, convinto che dopo il tradimento della sua ex il suo cuore fosse diventato di pietra. «Non è giusto, cazzo!» Picchiò forte sul volante, furioso.
«È inutile prendersela. Lei ha accettato il suo destino. Se le vuoi bene dovresti farlo anche tu. Se ci tieni a lei stalle vicino» affermò saggiamente l'anziana signora, che non vedeva il nipote così infervorato da tempo.
«Cosa?» Doveva aver sentito male. Approfittò del semaforo rosso per voltarsi a guardare sua nonna. «Non ti ho nemmeno detto che la conosco, come fai a dire che le voglio bene?»
La donna alzò le spalle. «È solo questione di tempo. Te ne renderai conto.»
Matteo trasse un grosso respiro e scosse la testa, incredulo. Emma voleva fare di tutto per prendersi cura di lui, quando in realtà avrebbe dovuto essere il contrario. Non aveva idea di come comportarsi, semplicemente desiderava averla vicino.*
Aveva paura. Tutto qui. Ogni tanto cercava di dimenticare la sua malattia, poi però i sintomi si mostravano quando meno se lo aspettava e si sentiva perduta.
Cercava di fare finta di niente, di mostrarsi forte e indifferente, ma quando le venivano delle crisi come quella al supermercato, tutto diventava così dannatamente difficile da sopportare.
Aveva smesso di chiedersi perché fosse successo a lei; perché da un giorno all'altro paroloni e medicinali che aveva sentito solo di sfuggita erano diventati parte della sua quotidianità.
Era sollevata che Matteo non sapesse della sua condizione. Lei voleva renderlo felice con la sua compagnia, di certo non depresso o pieno di commiserazione nei confronti di una sua quasi coetanea che era destinata a vivere una vita diversa da tutti.Era stato difficile, dopo che le avevano diagnosticato la malattia, avere delle relazioni normali – d'amicizia o amorose – con altra gente, perché veniva prima di tutto additata come la poveretta che poteva crollare da un momento all'altro. Qualcuno di non normale, da non frequentare, insomma.
Certo, Emma ce la metteva tutta per continuare a condurre un'esistenza normale, cercava di tenere uno stile di vita sano e le terapie l'aiutavano molto. Eppure la malattia era imprevedibile, le crisi anche, così come le persone che le stavano attorno. Chi credeva ci tenesse a lei l'aveva allontanata, spaventato da quella sua condizione. La nonna si prendeva cura di lei, ma per quanto tempo ci sarebbe stata?
Ricacciò indietro le lacrime, indecisa su cosa fare con Matteo.
Del resto aveva deciso che sarebbe stata solo una presenza passeggera nella sua vita. Solo per fargli tornare il sorriso sulle labbra. Se gli avesse detto come stavano realmente le cose lui sarebbe diventato triste, a meno che lei non si stesse solo illudendo di contare qualcosa per lui.
Rischiava di innamorarsi, una cosa che si era ripromessa di non fare più. Le stava bene essere innamorata della vita, delle sensazioni, ma di una persona, no. Non avrebbe dovuto innamorarsi di una persona.***
Ciao a tutti, non so se qualcuno, leggendo, aveva notato qualcosa di strano, ma sì, Emma purtroppo è malata. Non ho voluto scrivere un nome in particolare della sua malattia, dato che non mi ritengo un'esperta in materia, ma ho cercato qualcosa sui sintomi. Se ci sono errori a riguardo, mi scuso, ma ho scritto questa storia di getto, non credevo nemmeno che l'avrei pubblicata. Il fatto che ci sia qualcuno a leggerla mi sta spronando a migliorarla e ad aggiungere qualche parte quà e là.
Spero vi stia continuando a piacere.
Grazie a chi segue, commenta e vota!
p.s. volevo ringraziare Eleonor_Dives perchè è grazie a una conversazione avuta con lei su Wattpad che mi è venuto in mente di aggiungere la riflessione di Emma sugli occhi scuri di Matteo ad inizio capitolo.
Maria C Scribacchina
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Le cose che vorrei cambiare
Short Story[COMPLETA] Lui la detesta, anche se non la conosce. La trova insopportabile: è perennemente allegra, senza alcun motivo evidente. Balla e si agita ogni mattina, sulla metro, infischiandosene della gente che può pensare che non ci sia molto con la t...