Chapter 5: Gasoline

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Ho sempre pensato che tutti i dettagli della vita di ognuno di noi fossero già stati programmati ancora prima della nascita: quasi come se qualcuno di potente e molto fantasioso, un giorno, si mettesse lì, comodo, con carta e penna a scegliere il destino delle persone, decretando le gioie e le disgrazie, aggiungendoci amore oppure odio.

Così facendo, una volta nati, siamo solo in parte padroni della nostra vita: possiamo scegliere il nostro colore preferito, la nostra band del cuore o il gelato che ci fa impazzire.

Su tutto il resto, invece, non abbiamo voce in capitolo: ci innamoriamo di determinate persone, viviamo in un certo modo e soprattutto moriamo quando e come è stato deciso dall'autore della nostra Storia.

Poi arriva un giorno in cui tutto va in frantumi; come quando ti svegli e decidi di prendere il completo controllo della tua vita, dopo che ti sei stancato di aspettare il tanto ambito colpo di scena che il destino ha in serbo per te e che ti migliorerà la vita. Decidi che vuoi andarlo a conquistare da solo, e così ti batti per ciò in cui credi, convinto che niente e nessuno potrà mai mettersi tra te e i tuoi sogni, le tue idee. Devi essere coraggioso, certo, ma a volte ce la fai, ottieni qualunque cosa tu ti sia imposto; altre volte, invece, un piccolo incidente di percorso rallenta la tua corsa, fino ad arrestarla completamente.

Fin da piccola l'ho vista come una sfida del destino, questa, una sorta di punizione per non aver saputo aspettare, come a dire "Avresti dovuto aspettarti una cosa del genere, succede sempre quando non ragioni e fai di testa tua".

Poi sono cresciuta: le prime cotte, le prime soddisfazioni... Ero convinta che tutto seguisse il normale schema, non volevo anche io sfidare il destino, potevo aspettare ciò che esso aveva in serbo per me; ma si sa, prima o poi deve succedere qualcosa che stravolga la tua vita, facendoti ricredere su tutto e aiutandoti a realizzare quanto fosse basato su un inutile castello di bugie.

Avevo quasi sedici anni quando trovai mio padre steso a terra, con una pistola tra le mani ed un'orribile macchia di sangue a circondargli la testa, che contrastava in modo evidente il lucido pavimento del salotto; aveva gli occhi chiusi e la bocca leggermente aperta, ma la cosa che più mi colpì e che mi fece spalancare gli occhi in preda al terrore e all'incredulità, era il foro alla sua testa dal quale stava uscendo ancora del sangue.

Ero sola in casa, lo ricordo bene, ma subito i genitori di Ashton (che in quel momento erano nel giardino accanto) accorsero quando sentirono il mio urlo, al quale però non seguì nessuna lacrima. Non subito, perlomeno. Non avevo realizzato, ero troppo sconvolta, mio padre non poteva essere ridotto in quel modo. Come avrebbe potuto, altrimenti? Perché, soprattutto? Tutti questi pensieri, però, affollarono la mia mente più tardi, quando il lutto passò in fase di accettazione (che non aveva ancora superato) e iniziarono le domande degli agenti, settimane dopo il funerale. Ad ogni modo, immediatamente dopo il suo ritrovamento arrivò l'ambulanza, la polizia, frotte di vicini curiosi e solo alla fine, solo dopo mille inutili abbracci e parole di conforto da parte di sconosciuti, arrivò lei. Mia madre. Mi bastò guardarla un attimo negli occhi per realizzare ciò che era realmente successo.

Ovviamente avevo subito capito che mio padre era morto, era così evidente in tutta la sua macabrità che nessuno avrebbe potuto non notarlo: si era sparato in testa con la pistola che usava quando era in servizio. Quello che tuttavia capii solo dopo, una volta letta la disperazione negli occhi abitualmente limpidi e schietti di mia madre, era molto, molto più grande.

Avevo finalmente realizzato che tutto quello su cui mi ero basata nella mia vita fino a quel giorno, ovvero il destino che ha già tutta la nostra storia scritta, era solo una terribile, grande e grossa bugia. Una bugia talmente veritiera che si era radicata in profondo nella mia mente, divenendo parte di me, ma che un evento terribile come la morte di mio padre la fece rivelare per quello che era. Insomma, quale persona o spirito che ha in mano le redini della nostra vita fin da prima della nostra nascita sarebbe capace di lasciare una sedicenne senza padre? O meglio, perché mai avrebbe voluto che si suicidasse?

Ghost // Calum HoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora