Capitolo Uno

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Quando Louis apre gli occhi non è di certo dove si aspetta di essere. 

La luce del sole lo acceca, costringendolo a chiudere gli occhi ed a strizzare le palpebre per qualche secondo.

Dove sono?, pensa quasi in preda al panico; di certo quello non è il paradiso dei lupi.

Ma in realtà l'omega sa esattamente dov'è, sa esattamente che le pareti di pelliccia di quella tana, sono le sue; sa esattamente che il dolore che avverte in tutto il corpo è causato dal suo tentato suicidio.

Per quale ragione non è riuscito nemmeno ad ammazzarsi? Del resto suo padre l'ha sempre detto che non è in grado di fare niente, figuriamoci una cosa così complicata come uccidersi.

"Louis" il respiro si accelera ed il malessere cresce, il cuore inizia a galoppare veloce nel suo petto. "Non avere paura" l'alfa può sentire la sua paura scorrere nelle sue vene.

"Che cosa vuoi?" gracchia Louis con voce incredibilmente roca e fragile, spezzata. Il primo pensiero del liscio è quello di coprirsi il volto, sa bene che una frase detta con quell'impudenza non può portare che ad una sua punizione.

"Il tuo perdono" mormora Troy, a voce così bassa che non sa nemmeno lui stesso se l'ha pensato o detto.

"Che cosa?" Louis non può crederci ed è per questo che sorride, forse dopotutto ci è davvero andato in paradiso. Perché mai, nemmeno tra un milione di anni, il suo amatissimo padre direbbe una frase del genere.

"Ora ho capito che senza di te non potrei mai farcela, vederti lì a terra quasi privo di vita... Ha cambiato ogni cosa" 

Il viso di Louis scatta nella direzione della voce e, per la prima volta da quando si è svegliato, fissa negli occhi l'uomo che gli ha rovinato ogni singolo istante di vita.

"Non ti credo" e come potrebbe? Quell'uomo l'ha picchiato ed umiliato fin dal primo giorno ed ora che cosa vorrebbe, il suo perdono? "Ho capito sei malato e stai morendo. Non preoccuparti, a Fernir non importerà se hai quasi ucciso un omega" 

"Non è così, maledizione!" urla Troy, con così tanta forza da far tremare Louis che, dopotutto, è solo un piccolo omega. Si sa, gli omega sono sottomessi per natura, non solo perché fisicamente sono più piccoli, più fragili e più deboli ma anche perché è nella loro indole obbedire ad ogni parola espressa da un alfa. "Mi dispiace, scusami, non avrei dovuto alzare la voce" mormora il padre quasi con rammarico.

"Perché ora ti importa?" 

Se c'è una cosa che Troy ha imparato di suo figlio in tutti quegli anni è che, nonostante il corpo da omega, di certo la lingua è stata forgiata da Fernir in persona. Nessuno, alfa o meno, gli ha mai parlato in quella modo, nessuno ha mai osato. Ma quella piccola pulce di figlio non ha mai avuto nessun problema a farlo, così come non ha mai avuto nessun problema a prendersi tutte le botte che negli anni Troy gli ha inflitto.

"Louis, non posso dirti di essere cambiato, ma vederti lì ha smosso qualcosa dentro di me e se tu mi aiuterai, se tu lo vorrai, potrai aiutarmi a cambiare... Per davvero" 

L'omega non sa se ridere ora o aspettare che se ne vada. Non è così stupido da poter pensare che anni ed anni possano essere cancellati in una notte, in pochissime ore.

"Va bene, ti credo" mormora però il liscio, che cosa potrebbe fare dopotutto? Sa già che qualsiasi cosa il padre voglia la otterrà comunque e quindi perché tentare di opporsi ad un destino già tracciato? Meglio sentire direttamente cosa vuole, facile ed indolore, in modo di farla finita subito.

"Oh figlio mio" e Louis sa che sta per vomitare, ma si trattiene. 

Si trattiene così intensamente che è costretto a ficcarsi le unghie nel palmo della mano; perché suo padre l'ha appena abbracciato stretto e l'odore dell'alfa gli dà la nausea.

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