Capitolo quattro

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Capitolo quattro

I'm gonna live like tomorrow doesn't exist
Like it doesn't exist
I'm gonna fly like a bird through the night, feel my tears as they dry
I'm gonna swing from the chandelier, from the chandelier

Chandelier-Sia


Sono passati cinque giorni da quando si sono conclusi i nostri test fisici e io e Anaëlle siamo state spostate in due differenti stanze, poco più che celle, ma col letto decisamente più morbido.
Hanno ritenuto prudente separarci, per evitare ulteriori episodi come quelli avvenuti in palestra e, sebbene la cosa mi secchi profondamente, comprendo che sia la scelta logica migliore.
Così, quando l'agente Hill ce l'ha comunicato, non ho battuto ciglio, a differenza di Anaëlle che ha emesso una specie di uggiolio intristito, decisamente inquietante.
È strano come entrambe percepiamo che il nostro legame sia forte ma nessuna delle due sappia cosa realmente ci avvicina: siamo forse sorelle? Migliori amiche? So per certo che questa è una delle centinaia di domande che tormenta entrambe mentre cerchiamo di fare luce su un passato praticamente inesistente.

Lancio ancora una volta in aria la pallina antistress datami da Banner e la riprendo al volo, lasciando che i pensieri mi travolgano. È un suono sordo che mi distrae, facendomi scivolare la pallina di mano e facendola rotolare in un angolo della piccola stanza: qualcuno sta bussando alla porta. Mi alzo lentamente e faccio scivolare la mano sulla serratura, aprendo.

"Strano, non pensavo che qui allo S.H.I.E.L.D. foste così educati" scherzo, mentre Barton sbuffa lievemente, nascondendo un accenno di sorriso che si forma sulle sue labbra.

"Sei fortunata che non abbiano mandato Natasha" scherza, inaspettatamente.
Oggi sembra essere particolarmente di buon umore.

"Già mi manca!" esclamo e una risata sommessa attira la mia attenzione: Anaëlle è a pochi passi da noi e osserva, sempre che così si possa dire, la scena con aria divertita.
Barton sembra ignorare la mia risposta mentre ci fa cenno di seguirlo con un movimento del capo.
Mi stupisco del fatto che non ci ammanettino o prendano misure di sicurezza di alcun tipo, ma faccio appena in tempo a formulare quel pensiero che sento il metallo freddo serrarsi intorno ai miei polsi così come intorno a quelli di Anaëlle.

"Lo immaginavo" commento, guardando Clint, che pare sorpreso da quell'affermazione.

"Ma non mi dire! Forse perché sfoderi denti e scaglie con cui sbrani la gente?" mi domanda sarcastico e Anaëlle ride mentre alzo gli occhi al cielo e Barton torna a camminare per i corridoi, chiaramente soddisfatto di se stesso.
La stanza in cui veniamo condotte non ha nulla a che fare con tutte quelle viste in precedenza: non ci sono ostacoli, spalliere né tanto mento strumenti da laboratorio o per prelievi. Sembra quasi un ufficio sulla cui parete sono proiettati grandi schermi blu e con una grossa scrivania in vetro al centro, ricoperta di fogli e appunti di vario genere.

"Non sapevo che voi spie super tecnologiche aveste anche dei super uffici moderni!" commenta Anaëlle e sorrido, felice di sentirla finalmente aprire bocca.

"Non ne bastava una sarcastica...ce ne sono toccate due" borbotta sotto voce Clint e l'istinto mi suggerisce di battere il cinque ad Anaëlle, ma mi fermo, convinta che non sia il momento opportuno. Lei sembra fare lo stesso poiché si limita a lanciarmi un'occhiata che potrei benissimo interpretare come compiaciuta.

"Gi uffici super moderni sono solo per i super capi."

Una voce profonda ci fa sobbalzare all'improvviso e ci giriamo verso la porta d'ingresso, vedendo un uomo di colore stagliarsi sulla soglia: è vestito con un lungo impermeabile nero e ha una benda sull'occhio destro. Lo riconosco: è Fury, l'uomo che pochi giorni fa ci aveva mandate da Banner e che era rimasto particolarmente seccato dal fatto che avessimo provato a prenderci gioco dei suoi agenti...

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