capitolo tredici

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Capitolo tredici

The animals, the animals
Trapped, trapped, trapped 'till the cage is full
The cage is full
Stay awake
In the dark, count mistakes

You've got time-Regina Spektor


Sono in silenzio non so da quante ore, la testa che sembra voler esplodere e una rabbia al centro del petto che non fa che crescere, minuto dopo minuto. Sono stata un'idiota a pensare di potermi fidarei di Natasha e dello S.H.I.E.L.D, a pensare che ci dicessero la verità sul nostro conto, che ci tenessero al sicuro.
Vorrei dire di avercela con Fury o con la Hill, ma la verità è che mi sento tradita da Natasha più di chiunque altro.
Le ho aperto il cuore dopo il ritrovamento di quella dannata cartellina rossa, le ho detto di avere paura, di sospettare che ci fosse qualcosa di grosso sotto e lei ha...finto, finto che le mie parole fossero un fulmine a ciel sereno per tutti loro, che fosse questo ad averli portati ad
indagare in quel fottuto bunker dove siamo saltati per aria.
Sempre che anche quella non fosse tutta un'altra enorme recita.
Serro i pugni e chiudo gli occhi, cercando di calmarmi.
Cosa potevo aspettarmi dalla famigerata Vedova Nera?
Un abbraccio cordiale, un sorriso spontaneo e una sincerità disarmante?
Sono stata veramente un'ingenua, solo adesso me ne rendo conto.
La gentile e disponibile Natasha era solo l'ennesima delle sue maschere, probabilmente un semplice modo di avvicinarsi a me per capire, per scoprire se nei miei ricordi ci fosse qualcosa di utile per il suo tornaconto personale.

Lo stomaco mi si stringe in una morsa e non so più so ho voglia di piangere o prendere a pugni qualcosa, qualsiasi cosa, fino a polverizzarla.
Uno scossone scuote il quinjet, costringendomi ad aprire gli occhi e guardarmi intorno: Natasha è
seduta nella cabina di pilotaggio, la cloche stretta tra le mani e le grosse cuffie che le coprono le orecchie.
Sebbene potrebbe insierire tranquillamente il pilota automatico, ha scelto di guidare per tutta la durata del viaggio, probabilmente per schiarirsi le idee su quanto ha appena sentito.
Vorrei poter dire con certezza che quell'espressione ferita sul suo volto è reale, che vedere riaffiorare frammenti del suo passato dal nulla la fanno soffrire, ma ormai non sono più certa di cosa sia reale e cosa un'enorme finzione.

Mi stringo nella grande felpa e tiro su il cappuccio, cercando da isolarmi da qualsiasi cosa mi circondi e portandomi le ginocchia al petto, appoggiandoci la testa.
Non è questo che conta, adesso.
Non è Natasha, non è lo S.H.I.E.L.D, è questa...qualsiasi cosa sia che manipola le persone come me e Anaëlle, che sperimenta, che cerca di accrescere il suo potere.
Mi chiedo come io e An siamo arrivate ad unirci ad un orrore tale, se fossimo coscienti di quale fosse il loro vero scopo, se siamo state costrette.
Voglio credere che se non fossimo state trasformate, i nostri nomi sarebbero comparsi in quella lista
di finti suicidi: del resto avevamo permesso che le due ragazzine scappassero, ci eravamo ribellate a quel sistema disumano.
Un'idea mi balena per la mente: e se fossimo state infiltrate? Quante possibilità c'erano che non fossimo realmente fedeli all'associazione?
Scarto immediatamente questa opzione, ripetendo di non illudermi, di non idealizzare ciò che è stato cercando una sorta di redenzione probabilmente inesistente.

Non sento Natasha sedersi davanti a me, non fino a quando si schiarisce a voce e sobbalzo, tirando su la testa.
È solo in quel momento che mi rendo conto di avere le guance umide, rigate di lacrime.
Mi asciugo velocemente con la manica della felpa e cerco di assumere la mia espressione più seria, ma senza molto successo a giudicare dallo sguardo di Natasha.

"Cosa vuoi?" le domando, freddamente. La mia voce trema, nonostante cerchi di essere il più risoluta possibile.

"Parlare" mi risponde semplicemente, come se fosse la cosa più innocente del mondo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 29, 2018 ⏰

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