capitolo undici

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Parte due

Capitolo undici

Lights will guide you home
And ignite your bones
And I will try to fix you

Fix you-Coldplay


POV
Anaëlle

Il Capitano, Steve, si è dimostrato premuroso fin dall'inizio di questo viaggio. Mi sorride spesso, si
accerta che io stia bene, si preoccupa per la sua squadra in una maniera che trovo veramente ammirevole.
Anche Clint, a modo suo, sta facendo in modo che io non mi preoccupi di nulla, infatti mi ha appena porto un'altra pistola da nascondere non so bene dove, dato che le due fondine della cintura e quella nell'interno coscia sono già piene.
La tuta che Stark ha ideato è ottima e mi permette movimenti fluidi, inoltre vi è installato un dispositivo che accentua la mia percezione dello spazio  circostante e il tessuto di cui è fatta non influisce minimamente sul mio tatto, così sono in grado di
sentire immediatamente ogni cosa che mi sfiora.
Ma non è finita qui: nell'auricolare speciale che mi è stato dato è presente anche una miniatura di J.A.R.V.I.S, ovvero una piccola voce robotica
collegata ad uno scanner che mi descrive i colori degli oggetti di cui percepire solo la forma e le
dimensioni.
In pratica, sono sempre meno cieca, il che non può che rendermi felice.
Mentre giocherello con le pagine di una rivista trovata in aereo non posso fare a meno di chiedermi se Camille stia bene, se sia già atterrata, se corra dei pericoli.
Da quando siamo arrivate allo
S.H.I.E.L.D si è presa cura di me, mettendo da parte se stessa fin troppe volte ma, talvolta, mi ha fatto prendere degli spaventi così grandi che il solo pensiero mi fa venire voglia di tirarle uno  schiaffo, forse anche due.
Quando ha scelto di andare in Norvegia con Natasha, sono rimasta interdetta: avevo dato per
scontato che avremmo affrontato la missione in Russia insieme ed ancora non posso credere di essere
sola su questo volo, ma la mia delusione è stata subito soffocata dall'ansia che mi ha attanagliato lo
stomaco e tutt'ora sembra volermi soffocare.
Camille è tutto ciò che io non sono: euforica, estroversa, divertente.
È la mia controparte, ci equilibriamo come la notte e il giorno e non posso pensare di perderla, in realtà il solo fatto di averla lontana mi scombussola non poco.
Ciò non vuol dire che non sappia cavarmela benissimo da sola, ma saperla a centinaia di chilometri
mi fa sentire come se una parte stessa di me mi fosse stata portata via.

"Preoccupata?"

La voce del Capitano mi riscuote e quando me lo trovo davanti, sorridente, parte del mio malumore
sembra svanire immediatamente.
Vorrei parlargli, spiegarli come mi sento, ma le parole non sono decisamente il mio forte: Camille
parla, io ascolto e faccio le domande al momento giusto, scocco la freccia con precisione nel caos, come mi aveva detto Clint.

"Un po' " rispondo alla fine.

Lo sento alzare lo sguardo su di me e osservarmi, forse incuriosito ed uno stupido sorriso compare sul mio volto senza che io possa fare assolutamente nulla per fermalo.
Dio solo sa quanto io mi stia sentendo stupida in questo momento.

"È normale, andrà tutto bene. Non è detto che si arrivi ad uno scontro fisico" mi rassicura.

Scuoto la testa, aggiustando una ciocca dei miei corti capelli biondi dietro un orecchio.

"Non è per quello" ribatto.

È vero, il combattimento non mi fa paura, per quanto non sia totalmente sicura di essere adatta all'azione sul campo di battaglia. L'aggressività non è nelle mie corde, almeno fino a quando sono la tranquilla e pacifica Anaëlle: quando il lupo o qualsiasi cosa sia prende il sopravvento, fa quasi tutto l'istinto. Di solito, se si somma alla rabbia, l'effetto è micidiale e mi sorprendo io stessa della  violenza con cui agisco, in maniera decisamente...animalesca.

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