Sono partita. Con lo zaino, le Reebok e i jeans con le frange. È una bellissima mattina di giugno, la campagna intorno è verde. L'autobus che va da Hookset a Garville mi ha lasciata vicino alla Route 2, dove ho fatto l'autostop per Wickburg. Ogni volta che mia madre mi faceva uscire di testa, scappavo da qualche parte con l'autostop. Sognavo sempre un tizio stupendo che mi faceva salire e mi confessava di star andando in California, e io gli dicevo: andiamo, e giriamo tutta l'America passando per paesini e città. Ma non va mai così.
Ho lasciato un messaggio a mia madre, non è lungo.
"Vado via per un po', mamma. Non preoccuparti, starò dai miei amici di Wickburg, Martha e George."
Non ho amici a Wickburg, me li sono inventati.
Lei crede davvero che esistano e che io vada a trovarli quando scappo. Forse fa solo finta di crederci, così non le rimorde la coscienza per avermi lasciata andare e non aver chiesto alla polizia di cercarmi.
Comunque faccio finta di ricevere lettere da Martha e da George. Lei non le vede mai, perché non esistono.
Le ho lasciato il messaggio dove lo troverà facilmente. Sono contenta perchè questa volta non sarà sola, con lei c'è Gary.
C'è un traffico pazzesco, specialmente grossi camion che quasi mi risucchiano quando passano e sbuffano. Alla fine si ferma una macchina rossa e io la raggiungo di corsa. È un uomo solo, elegante. Quando il finestrino si abbassa, dalla macchina esce un profumo di dopobarba. Lui sorride con il sorriso falso dei commessi viaggiatori e ha la mano tra le gambe. - Ciao, dolcezza - mi fa - Salta su.
- Sparisci, maiale - gli urlo contro.
Il finestrino si chiude di botto, quasi imprigionandomi la mano.
Le macchine continuano a passarmi davanti, le vedo quando si avvicinano e cerco di immaginarmi che tipo di persona le guida.
Si avvicina un furgoncino blu tutto impolverato, tiro fuori il pollice con aria speranzosa, ma il furgoncino non si ferma. Mi stringo nelle spalle e mi giro, poi qualcosa mi spinge a voltarmi di nuovo. Il furgoncino sta tornando, a marcia indietro.
Quando apro la porta e mi infilo dentro, il conducente socchiude gli occhi. Avrà più di trent'anni. È carino, a posto, porta una maglietta sportiva aperta davanti, azzurra come i suoi occhi.
Mi sistemo sul sedile, metto lo zaino vicino ai piedi, mi volto a guardarlo e capisco che non è tanto sicuro di aver fatto bene a tirarmi su. Vorrei chiedergli cosa c'è che non va, ma so già di che si tratta.
- Stai andando a Providence? - chiedo. Non dico mai la mia vera destinazione.
- A Monument - dice lui. - È abbastanza lontano? - Poi: - Non l'ho mai fatto prima. Voglio dire, è una cosa che non faccio mai, dare passaggi. Specialmente a una ragazzina.
- Sono contenta che tu l'abbia fatto - gli sorrido e accavallo le gambe.
Mi guarda per un lungo istante. Sta cercando di non posare gli occhi sulle mie gambe, ma le guarda comunque, di sfuggita. Quando la macchina comincia a muoversi, chiede: - Perché vai a Providence? - Poi subito dopo: - Scusami, non volevo impicciarmi.
Non mi sento più sola. Lui sembra gentile, uno che saprebbe essere tenero. Mi sorride con un'espressione incerta.
Mi guarda di nuovo e le nocche strette sul volante gli diventano bianche. Il pomo d'Adamo gli va su e giù quando deglutisce.
- Ti piacerebbe baciarmi? - gli chiedo all'improvviso.
Sono sorpresa di veder arrossire un adulto. Le mani lasciano il volante per un momento e la macchina sbanda. Lo afferra di nuovo. Si imbuca in uno spiazzo accanto alla strada e si sistema in un punto dove non possono vederci. Si accascia sul sedile accanto, con la faccia girata dall'altra parte. È come se stesse piangendo. Non ho mai visto un uomo piangere, prima.
Gli sfioro la spalla, lui mi guarda e mi arrabbio con me stessa, perché la sua è la faccia più triste che abbia mai visto, e la colpa è mia. Guarda in basso e mi vede i polsi.
- Cos'è quello? - chiede, tirando su con il naso.
- Mi ha morso un cane. Un bull terrier impazzito.
Se hai intenzione di dire una bugia, devi essere precisa, mai vaga. La storia del bull terrier suona autentica, anche se io non ne ho mai visto uno.
Per poco non gli chiedo della moglie e dei figli, sono sicura che ha una moglie e forse dei bambini. Forse è per questo che ha pianto.
Si prepara a riprendere il viaggio e il portafoglio gli scivola e si incastra nello spazio tra i sedili anteriori.
Quando la macchina infila l'autostrada, lentamente allungo la mano a lo afferro, poi lo faccio scivolare nella mia tasca. Ci muoviamo in silenzio, lui con gli occhi fissi sulla strada, e io che non dico nulla perché, tanto, non riuscirei a farlo sentire meglio. Mi scarica alla periferia di Monument.
Mentre apro la portiera per andarmene mi tocca la spalla, poi ritrae subito la mano. Vuole che torni dentro. Scuoto la testa.
- Mi dispiace - fa lui.
- È stato bello incontrarti - gli dico, pensando al suo portafoglio nella mia tasca.Nel suo portafoglio ci sono due pezzi da venti e tre da uno: quarantatré dollari. Forse li ha appena presi allo sportello automatico, perché sembrano nuovissimi.
Sommati ai miei trentatré fanno la bella cifra di settantasei dollari. Più gli spicci.
Trovo anche la patente, si chiama Walter R. Clayton. Vive al 38 di Humberton Road, Monument. Ci sono anche le sue carte Blue Cross e Blue Shield con il numero segreto, una carta per prelevare dagli sportelli automatici della Wachusset Savings, dieci dollari nascosti, ripiegati tra le carte di credito, una VISA e una Mastercard.
Sono seduta su un pezzo di legno a fianco dell'autostrada, nascosta dietro i cespugli. Sento il traffico scorrere mentre frugo nel portafoglio. Poi rimetto tutto a posto e resto lì. Non è la prima volta che rubo qualcosa, ma è la prima volta che rubo a un Walter R. Clayton, uno con un nome.
Rubare a un Walter Clayton è diverso che rubare in un posto anonimo come un negozio. Rubare in un negozio non ti fa sentire troppo male, non come mi sento ora, sapendo che Walter non solo ha perso i suoi soldi, ma anche le carte di credito e la patente. Dovrà spiegare alla moglie come ha perso il portafoglio.Quando arrivo a Wickburg compro una busta e dei francobolli e gli spedisco le carte di credito e la patente.
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Tenerezza
FanfictionCamila, diciassette anni, cambia continuamente casa e città insieme a una madre sbandata, e ogni tanto, quando la vita diventa insopportabile, fugge per obbedire a una della sue stravaganti "fisse". Lauren Jauregui, invece, ha trascorso in prigione...