Ottavo capitolo.

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Devo lasciare Harmony House.
Metto la roba nello zaino, faccio più piano possibile.
Probabilmente tornerò a casa e lascerò perdere la fissa per Lauren Jauregui.
Prima di tutto, sono senza un soldo, fin dove posso arrivare con nove dollari e settantotto centesimi?
E poi, non penso di essere la benvenuta qui.
Dinah, Ally e Normani sono state molto carine con me, Rachelle ha cercato di esserlo, ma si capiva che fingeva.
Mi ha odiata sin dal mio arrivo qui.
Metto lo zaino sulle spalle e sono pronta a partire.
Scivolerò fuori dalla casa e andrò a dare la buonanotte a Lauren Jauregui.
E chi lo sa, magari è ancora sveglia e sta guardando fuori dalla finestra.
Magari mi vede e mi invita ad entrare.

Jake Proctor ricevette una telefonata alle sei e trentasei del mattino.
Jimmy Pickett gli faceva quotidianamente rapporto, passandogli le scarse informazioni raccolte dagli uomini del furgoncino che sorvegliava la casa di Lauren Jauregui.
Una sorveglianza insufficiente, ma Proctor non aveva ottenuto il permesso di piazzare microfoni in casa Barns.
Proctor era sicuro che avrebbe agito ancora.
Pickett era andato su di giri nel vedere sul giornale la fotografia di Miss Sconosciuta. A interessarlo era stato specialmente quel misterioso "una volta", che lasciava sospettare l'esistenza di rapporti precedenti tra Lauren Jauregui e la ragazza.
- Pensi che potrebbe servirci?- aveva chiesto Pickett.
Il tenente ci aveva pensato su.
- Cerca di sapere di più sul suo conto.
Più tardi, quello stesso giorno, Pickett gli aveva riferito che abitava in un centro per ragazze madri.
- Hampshire, diciassette anni, potremmo interrogarla...
- Lascia perdere - aveva detto il vecchio sbirro. - Non mettiamola in pericolo. Seguiremo il piano prestabilito.

La telefonata non tardò ad arrivare.
- Sono Pickett, ancora, ho notizie. È uscita, ha lasciato la casa di sua zia dodici minuti fa...
- Dov'è diretta?
- A ovest, sulla Route 2, proprio come avevi detto - tacque sospirando - Aspettiamo ancora un po', va bene tenente?
- Va bene - aspettare era diventato il suo modo di vivere.

Lauren era seduta al posto di guida del suo furgoncino, col volante tra le mani e il piede sull'acceleratore.
"Si parte."
Ma una parte di lei non poteva rilassarsi, era insospettita da un'auto ammaccata che procedeva dietro di lei, alla fine decise di essersi sbagliata.
Continuava a procedere alla velocità di novantacinque chilometri quando un rumore infranse il silenzio dentro il furgone.
Di nuovo allarmata, si rese conto di non essere da sola. Qualcuno o qualcosa si nascondeva alle sue spalle.
Rallentò, cercando un posto dove fermarsi. Dietro non si muoveva più niente, l'immaginazione le stava giocando un brutto scherzo?
Accostò sempre più tesa, con voce ridotta a poco più di un sospiro, parlò: - So che sei lì, chi sei? Che ci fai nel mio furgone?
Una faccia riflesse nello specchietto.
La ragazza del salice, Miss Sconosciuta dei giornali. Occhi marroni che la guardavano con l'espressione di una bambina sorpresa a fare qualcosa di proibito.
- Salve -

Ci guardiamo.
Non riesce a credere ai suoi occhi e neanch'io riesco a capacitarmi d'aver dormito sul sedile posteriore e di essere venuta con lei.

- Tu.
Era sorpresa per la presenza della ragazza, ma si rese immediatamente conto del pericolo che rappresentava. La tipa puzzava di guai.
- Scusa - sussurrò Camila - Stanotte pioveva e sono entrata nel furgone per ripararmi, poi mi sono addormentata.
Ma il furgone era chiuso a chiave.
- Fuori - le ordinò, ma sapeva che non poteva lasciarla andare così.
Mentre si sistemava per uscire: - Aspetta.
La ragazza si fermò con una mano sulla maniglia.
- Chi sei?
- Sono scappata di casa, è una lunga storia...
- Perché ti sei nascosta nel mio furgone?
- Non mi stavo nascondendo, non sapevo dove andare e c'era un cane che ce l'aveva con me, e...- il sudore le brillava sul viso - Ti dispiacerebbe aprire un finestrino, per favore? Fa caldo qui dentro.
- Chi ti ha mandata?
Si ritrasse sorpresa, come se lei l'avesse schiaffeggiata.
- Non mi ha mandata nessuno, sono sola - era confusa - E poi, chi dovrebbe mandarmi? Te l'ho detto, non avevo nessun posto in cui andare.
Raccolse lo zaino.
- Adesso vado, ciao -
"Non fare stupidaggini, non puoi lasciarla andare, quel giorno ti ha vista."
- Calma.
- Farò l'autostop fino alla prossima città.
- E poi? - chiese Lauren, quasi assente, cosa doveva fare con lei? Qualche anno prima non ci avrebbe pensato due volte, ma adesso era troppo presto. Doveva avere pazienza, non doveva correre rischi.
Scrollando le spalle, lei rispose: - Ascolta, sono scappata di casa, ma ora voglio tornare indietro. Chiamerò mia madre e mi verrà a prendere.
Si mosse verso la maniglia, ma Lauren la fermò, afferrandole il braccio.
Sapeva che non poteva lasciarla andare, certamente non ora, forse mai. Rappresentava ancora un pericolo. Dormire nel suo furgoncino la notte prima della sua partenza sembrava molto più che una coincidenza. Chi le aveva insegnato a entrare in una macchina chiusa a chiave? Doveva guadagnarsi la sua fiducia, metterla a sua agio, in modo che non avesse nessuna voglia di scappare. E in quel modo, forse, avrebbe anche potuto ottenere le risposte che cercava.
- Lascia che ti aiuti - le disse con una nota di tenerezza nella voce, uno dei suoi sorrisi malinconici.
- Perché? - le chiese lei sistemandosi sul sedile.
- Perché no? Forse mi fa piacere averti vicino. Forse sono stata sola troppo tempo.
Un sorriso appena accennato le affiorò sul viso, e la ragazza sembrò una bambina.

Quando mi guarda in quel modo mi sciolgo.
Le gambe mi diventano di gelatina e sento le farfalle nello stomaco; il mio respiro diventa affannoso e non sto più nella pelle. Voglio baciarla.
Ma lo sa chi sono?
"Tu" mi ha detto appena mi ha vista, si ricorda di me da quel giorno lungo i binari o per la foto sulla prima pagina del giornale?
- Siediti avanti - non è un ordine, suona come un invito.
Penso sia il momento buono per confessarle la mia fissa, baciarla e finirla lì.
Prima che mi decida a farlo mette in moto.
Viaggiamo per qualche chilometro senza scambiare una parola.
- È da molto che hai la patente? - le chiedo. Non m'interessa sul serio, l'ho domandato per riempire il silenzio.
- Cosa?
- La patente, l'hai presa da poco?
- Sì - risponde - Guido così male? - mi guarda come se la mia risposta fosse importante.
- Oh, no, guidi molto bene invece - e che altro avrei potuto dire?
Non parla per parecchio tempo, come se riflettesse sulla mia risposta: - Grazie...
Ho fame. Il mio stomaco è così vuoto che comincia a gorgogliare e il rumore mi mette in imbarazzo.
Mi domando dove stiamo andando, dove mi sta portando, ma non lo chiedo, ho paura di farlo.
Guardandola di sottecchi e sperando che non se ne accorga, studio il suo profilo delicato. È bella, lo ammetto, ma questo non vuol dire che non possa aver ucciso quelle ragazze.
Calma, mi dico, se fosse un'assassina non l'avrebbero rilasciata.
Vedo un cartello che dice: "Benvenuti a Greenhill Park."

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