Quinto capitolo.

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Lauren Jauregui non sognava. Le ore in cui dormiva erano vuote, chiudeva gli occhi e sprofondava nel nulla.
Tutti i suoi giorni al riformatorio erano stati così, ora faceva fatica a rendersi conto che la libertà era a portata di mano.
Il tenente Proctor l'aveva sorpresa tirando fuori i nomi di Laura Andersun e Betty Ann Tersa, ma il vecchio non aveva la più pallida idea dell'esistenza di una ragazza chiamata Alicia Hunt, la più bella delle tre.
Dopo qualche mese di riformatorio, Lauren era rimasta sorpresa nell'accorgersi che le tre ragazze si somigliavano molto, di quanto fosse stata attratta da quelle alte e slanciate, coi capelli lunghi e chiari.
Alicia era stata la più bella: pelle olivastra e folti capelli che le ricadevano sulle spalle, capelli che avevano fatto galoppare il suo piccolo cuore.
L'aveva incontrata il fine settimana in cui Harvey e sua madre erano andati sulla costa del Maine. Lauren aveva preferito restare a casa da sola, anche perché sapeva che Harvey non amava la sua compagnia, un'ora dopo la loro partenza era salita sull'autobus per Albany, New York.
Ad Albany aveva preso un autobus per una città scelta a caso. Il suo arrivo era coinciso con l'uscita delle scuole superiori e non ci aveva messo molto a individuare la ragazza, Alicia Hunt.

In riformatorio, però, non lasciava troppo spazio ai ricordi perché aveva visto per la prima volta la Señorita alla fine del turno di pulizie. Era alta e slanciata, con una cascata di capelli lunghi e biondi, palesemente tinti, sulle spalle.
I loro sguardi si erano incontrati, poi la voce della guardia si era intromessa: - Ehi, voi due laggiù.
Lei era arrossita violentemente.
- È il mio primo giorno qui - si era scusata, le parole addolcite dall'accento latino.
Mentre la guardia le faceva cenno di andarsene, i suoi occhi avevano cercato di nuovo Lauren. Lei aveva sentito una fitta squarciargli il cuore, il desiderio sopraffarla. Quando aveva chiuso gli occhi, quella notte, le era apparsa la faccia di lei. La sua voce bassa e sensuale le era risuonata nelle orecchie. Era stato in quel momento che per lei era diventata la Señorita. I giorni seguenti l'aveva intravista: occhiate fugaci dalla finestra della sua camera, si era attardata alla mensa dopo le pulizie, sperando di vederla.
I vecchi desideri erano diventati più intensi che mai. La notte si agitava nel letto, passeggiava per la cella. Il suo rilascio era previsto da lì a poco, ma lei quanto sarebbe rimasta dentro? Sperava non per molto, c'era chi restava in riformatorio solo per poche settimane.
Lauren si svegliava spesso all'improvviso pensando a quei capelli, al collo esile, le mani le tremavano come fosse malata.
I giorni e le notti in riformatorio erano stati una lunga serie di abitudini che avevano coinvolto ben poco il suo corpo e la sua mente. Il giorno successivo, al momento di alzarsi e uscire dalla mensa aveva fatto finta di perdere l'equilibrio, sorreggendosi ad un muro.
La Señorita era in infermeria, aveva vomitato tutta la notte, così pensava di raggiungerla e parlarle, finalmente.
La mandarono in infermeria, ma lei non c'era più.
Dunstan, il paramedico la esaminò da vicino.
- Perché non ti stendi un po'? Tanto non credo ti vada di mangiare, sta' qui intanto... ti terrò d'occhio.
"Meraviglioso" pensò Lauren mentre si avviava tremante verso una branda vicina alla finestra.
- Chiamami se ti serve qualcosa - disse Dunstan con gentilezza.
Lauren si concesse il lusso di rilassarsi, con gli occhi socchiusi spiò il grande orologio alla parete, seguendo il percorso della lancetta più piccola. Altri due detenuti entrarono per delle medicazioni e lei li ignorò, uscendo senza dare nell'occhio.
Quel pomeriggio, Distributore le portò un messaggio.
Distributore era un ragazzo che organizzava incontri segreti e aiutava gli altri a mettersi in contatto tra loro senza destare sospetti, a pagamento naturalmente.
Il prezzo consisteva in qualsiasi cosa i detenuti potessero offrire. Aveva anche aiutato qualcuno a scappare, nessuno sapeva perché non se n'era andato anche lui.
Lauren gli lanciò un'occhiata interrogativa: - Di chi è?
- La ragazza nuova, non so il suo nome - parlava in fretta come al solito, la sua espressione si addolcì improvvisamente: - Gratis, un regalo di addio.
Lauren gli fece un cenno per ringraziarlo, un po' a disagio perché non era abituata a ricevere favori che non si fosse guadagnata.
Aprì il biglietto nella sua stanza: calligrafia delicata, inchiostro blu, carta leggermente profumata.
Il messaggio diceva: "Ti ho visto che mi guardavi. Anch'io guardavo te. Mi chiamo Maria Valdez, vivo a Barton, esco tra poco. Chiamami, ti aspetto."
Seguiva il numero di telefono.
Si passò la busta sotto le narici, respirando il leggero profumo che non riusciva ad identificare. Premette le labbra sulla carta, alla ricerca di tutta la tenerezza che poteva contenere, pensando ai lunghi capelli biondi e al collo sottile.
Anche se sapeva che era un rischio conservare qualcosa che poteva diventare una prova, non riuscì a buttare il biglietto. Lo piegò più volte, riducendolo a un quadratino e lo infilò nel portafoglio.
Ventiquattr'ore e sarebbe stata libera.
Libera di seguire il suo destino.
Di seguirle tutte.

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