Capitolo 4- Verso il destino

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Spesso il destino fa di tutto
Per darci qualcosa
Che non siamo pronti
A sentirci dire


Crystal:

«SVEEEEEEGLIA» qualcuno grida e la sua voce riecheggia tra le mura. Una voce maschile, forte e rude.
Apro gli occhi di soprassalto, dove sono?
Ispeziono la stanza mentre i miei occhi si abituano alla luce forte del sole: una grande vetrata al soffitto permette di filtrare i raggi dentro a una grandissima stanza dalle mura sverniciate e malridotte, illuminando di un azzurro-giallo celestiale il pavimento bianco impolverato. Perché sono qui? Per un secondo mi dimentico dell'accaduto. Poi ricordo.
Il braccio.
Istintivamente lo alzo per osservarlo; c'è una scritta che prima non era presente sulla mia pelle immacolata "Sarai una stella cadente" è stata scritta con il pennarello blu in caratteri corsivi ed eleganti. È stato Lui?
«Vi voglio tutti qui, OOOORAAA» la voce continua ad urlare e a mettere timore ogni fibra del mio corpo. Mentre cerco di sollevarmi da terra noto con la coda degli occhi altre ombre in movimento che eseguono i miei stessi movimenti.
Non sono sola.
Seguo la voce dell'uomo ritrovandomi ancora frastornata e con poco equilibrio; so che la causa è il veleno ignettatomi nel braccio ora coperto da quella scritta così appariscente; non sono l'unica, anche altri ragazzi della mia stessa età barcollano e combattono per rimanere in equilibrio; mi chiedo se io abbia il loro stesso aspetto: una ragazza mora ha i capelli in disordine tanto da ricordare in un modo buffo un nido per uccelli, gli occhi scuri contornato da chiazze violacee che donano un aspetto tetro e oscuro; un ragazzo alla mia destra, tremante e impaurito, ha le braccia blu come se fosse un tossicodipendente, il viso tirato e le labbra serrate.
Cosa ci hanno fatto?
Mentre osservo gli altri miei coetanei che guardano di sottecchi l'uomo dinanzi a noi per timore, i miei occhi vengono rapiti su un corpo di un ragazzo: è poco più alto di me, i folti capelli sono lo stesso colore del limone, gli occhi grigi come un giorno di pioggia; non sono impauriti come tutti gli altri, sono forti, determinati e gelidi che fissano con ostilità l'uomo di fronte a lui in segno di sfida. Non sono solo i suoi occhi a parlare ma anche la sua postura dritta e tesa e le mani serrate a pugni tanto forte da ingiallire le dita esangui.
Sposto lo sguardo dal giovane ragazzo alla persona che ci ha ordinato con tanta imponenza di alzarci e dirigerci da lui; è un uomo sulla cinquantina d'anni con qualche filo bianco che risaltano tra i capelli color noce; lo stesso colore degli occhi gelidi e privi di emozioni. Una cicatrice gli marchia il viso tendente a solchi di anzianità, solchi dove si celano tutti i sentimenti trasformati in espressioni facciali; la pelle bronzea segnata da cicatrici di un colore più chiaro; i vestiti militari fatti su misura e grandi stivali neri e consumati, lo stesso abbigliamento del ragazzo di stamattina.
Al sol pensiero lo stomaco si contorce immaginando di strappargli con le dita quei suoi occhi colmi di ogni tipo di emozioni e sfregiare con un coltello quelle labbra così perfette tanto da odiarle.
«Sapete chi sono?» quasi urla con la sua voce che fa vibrare ogni fibra al mio interno; i pochi coraggiosi tra cui io e il ragazzo dagli occhi di tempesta scuotiamo la testa.
«Sono il Generale e voi siete i miei Spartani» alzo gli occhi increduli su di lui; ho sentito bene, siamo i suoi...Spartani? No non può essere. Questo vuol dire che...
«Voi combatterete e sopravviverete per ricordare agli umani del mondo esterno la brutalità dell'uomo; questa sarà una Commemorazione speciale» sogghigna prima di continuare «Durerà più delle altre memorie; siamo alla millesima» silenzio.
Questo vuol dire che combatteremo tra di noi? Che ci esibiremo per ricordare agli altri cosa è stato fatto in passato? Ci uccideremo?
«P... Perché proprio n...noi?» chiede una voce tra di noi.
«Perché voi?» ride di gusto tanto che la sua voce risuona in tutta la stanza «Voi siete stati destinati a questo Fato già da quando siete nati, il vostro primo urlo era spartano, il vostro primo passo era verso il vostro destino da guerrieri».
Ecco perché mia madre mi ha...
«Ho mandato altri Spartani a prelevarvi con un veleno che ha effetto solo sul DNA di voi guerrieri» mostra una fialetta con dentro un liquido violaceo «se venisse ignettato a un cittadino normale non avrebbe il suo effetto collaterale e cioè: perdita dei sensi» i suoi occhi si spostano su di me; so che sta parlando con tutti ma ho l'impressione che quest'ultimo messaggio era rivolto solo a me «Aumento degli ormoni, tanto da provare emozioni più profonde e determinate, in alcuni casi anche inesistenti» ecco perché trovavo così attraente Occhi Azzurri.
«Vi verrano date tutte le indicazioni dopo che avrete mangiato, riposato e...» con una smorfia di disgusto dice «lavati».
Senza aggiungere una parola esce dalla porta automatica lasciandoci soli, spaesati, confusi e stanchi.

Dopo pochi secondi la porta si riapre e compaiono dei ragazzi poco più gradi di noi, tra cui lui in tutto il suo splendore, una bellezza così sgargiante piena di sé; troppa perfezione.
Non riesco a trattenermi, credo che sia per colpa del veleno o per colpa dell'odio che provo per lui; mi precipito su di lui gridandogli contro «Tu...TU... È TUTTA COLPA TUA».
La mia mano si chiude a pugno e si dirige a tutta velocità verso quel viso dagli occhi incantevoli. Maledetto veleno, maledetto ragazzo.
Uno schianto e poi tutto è così veloce che non ricordo.

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