Ribes rosso

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Sono seduta timidamente sopra un divano di pelle marrone, uno di quelli coi braccioli arricciati su se stessi. La pelle tira, scricchiolando sotto al mio sedere a causa dei miei spostamenti, per cui decido di restare ferma. Non saprei spiegare il perché però mi sono sempre sembrati divani da trovare nello studio di un avvocato, non in un salotto. Eppure, guardandomi intorno, in questo cocktail di urban e industrial, con mia sorpresa, si adatta perfettamente. Manuel è di spalle, dietro al bancone, sta preparando la tisana per me e mi diverte vederlo mentre apre e chiude tutti gli sportelli alla ricerca dell'ultima bustina di infuso che sostiene aver visto un giorno indietro da qualche parte.




"Arrivo subito eh, ora la trovo e sono da te!" - Mi avvisa chiudendo per la terza volta lo stesso sportello.




Acconsento fiduciosa ma quando un uomo dice da qualche parte può essere da tutte le parti del mondo come da nessuna. In ogni dove o in ogni nulla.




"Ooh, eccola! Lo sapevo che non stavo delirando!"- dice sventolando nell'aria una piccola bustina viola che poi inserisce accuratamente nella fessura delle sue labbra ritirandole un po' indentro per non bagnarla.




Ok, magari non vale proprio per tutte le volte...E questa potrebbe essere un'eccezione. Giunge da me con la tazza e lo zucchero nelle mani. Mi porge la bustina. Lo ringrazio e strappandone la parte superiore leggo che è al gusto di lampone e ribes rosso. Io adoro i frutti scuri! Poi le faccio fare un tuffo dritto nell' acqua e la lascio lì, come un biscotto in ammollo. Il calore della tazza mi trapassa la pelle ma questa calda circostanza contrasta l'aria fresca di stasera. Ostinata a indossare il vestito lungo nero, quello con la schiena scoperta appena usciti dal ristorante ho accusato il colpo del cielo buio. A quel punto il mio chiodo di pelle avrei potuto regalarlo alle stelle perché credo che le sue braccia su di me avrebbero fatto di più. Ma non avendo avuto le sue braccia mi sono tenuta il chiodo. Probabilmente per farmi sentire più a mio agio, nel suo loft, non siede vicino a me ma di fronte, su di un vecchio baule ridipinto a cui è stata assegnata la nuova vita da tavolino. Bevo un sorso della mia tisana e spostando lo sguardo verso la scala a chiocciola penso al suo letto che sicuramente si trova là sopra, a qualche scalino da noi e mi interrogo sulle sue intenzioni. Scaccio via il pensiero mentre lui si solleva giusto quanto basta per aprire il coperchio del baule da sotto le sue gambe e afferrare una birra. Si gusta il sorso anche lui, tenendolo un po' in bocca. Poi succede quello che è successo poche ore prima durante la cena. I cibi e i liquidi paiono scuse per tergiversare, per allungare i tempi, per tardare le voglie d'amore e desiderarsi di più. Quelle, le voglie, vanno sapute domare perché quando ti prendono se ne fregano del dove ti trovi, del con chi sei. Sopraggiungono e basta come una specie di uragano che non sta a badare ai tuoi capelli pettinati se lui è fatto per scarruffarti l'esistenza. Riprende la lotta segreta di morsi dati con la malizia che appartiene soltanto agli occhi (quella interrotta più volte dal cameriere, dalle portate, infine dal conto).

Brividi selvaggiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora