Dietro le quinte

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Da circa 7 minuti mi trovo ricurvo e nascosto dietro ad una Renault Clio, intestata a non so chi, incuriosito dalla scena che la principessa selvaggia sta mettendo in atto. Rapunzel , la chiamerò Rapunzel, penso colto da un istante di divertimento.                                                                            I cartoni di oggi sono forti, superano i limiti dei generi: ci sono principesse che dicono di no e rompendo gli schemi fanno intendere i loro valori con grande dignità, ci sono uomini che credono e lottano per amore. Soprattutto ci sono donne e uomini che si impegnano nella complicità quotidiana e anche quando non sono fisicamente una di fronte all'altro rimangono collegati da un filo invisibile. Li guardi da adulto con gli occhi di bambino e capisci che per essere principi dentro non serve un bel frac ma la nobiltà del cuore.                                              Intanto lo vedo allontanarsi un po' indeciso mentre tira su col naso. Chi è? Il suo ragazzo?!  Vedo  che Alissa manca di interesse nei confronti del tipo dai jeans molto strappati sulle ginocchia, forse uno strappo è ciò che ha interrotto il legame. Un pezzo di stoffa che risulterebbe irrecuperabile anche tra le mani di un sarto esperto, ma fare supposizioni in questo momento è solo una perdita di tempo. So ancora troppo poco di questa ragazza così graziosa nei suoi lineamenti quanto aggressiva nei suoi movimenti e d'un tratto percepisco il piacevole peso di voler sapere tutto, o quasi, di lei fino a che le botte che riserva al mio cuore non si trasformeranno in dolci e sensuali carezze. Senza accorgersene mi sta dando motivi per credere in qualcosa che viene direttamente da lei, dal suo corpo esile e dalla sua anima testarda e sento che, per qualche incomprensibile ragione, anche lei sente me.      Spingo il portone del palazzo che da buon vecchio custode di entrate e uscite resta chiuso immobile dinanzi al mio petto opponendo una certa resistenza. Ho ora gli occhi che scorrono sui nomi dei campanelli in cerca di un bottone da premere, ma l'uscio si apre all'improvviso quanto basta per far passare due volpini scodinzolanti che allungano subito i musetti sulle mie scarpe. Io ne approfitto per grattargli le orecchie.




"Aspettatemi! Ah, buongiorno!"



Esclama la signora che vedendomi tira per il guinzaglio i suoi animaletti dal passo vivace rispetto al suo un po' gongolante.



"Grazie signora, buona giornata a lei!"  le dico lasciandola passare.




Adoro quando la vita si semplifica così, sollevandoti di un soffio e spingendoti un passo più avanti, senza che sia tu a chiederle una mano. Il legno d'ottone scivola sotto al mio palmo e mi introduco nel palazzo come un condomino qualunque. L'androne odora di una sottile umidità, ho quasi salito la prima rampa di scale che mi trovo davanti a due ingressi adiacenti e  resto in ascolto. Sento voci concitate di adulti e bambini mescolate al rumore delle stoviglie di porcellana provenire da destra così mi dirigo verso l'altra porta e piuttosto sollevato noto che mi resta ancora una mezzora abbondante della pausa pranzo. Avvicino l'orecchio alla porta e mi sembra di sentire fruscii di piedi che si spostano. Senza badare troppo a cosa dire a chiunque aprirà quella porta premo il campanello e rimango impalato e in attesa. Sento i passi fermarsi di colpo e tutto resta immobile. Tutto, ad eccezione dei miei sensi che sono troppo coinvolti. 





Brividi selvaggiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora