Hope

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(Mesi dopo: 18 aprile)
Lauren's POV

I giorni passano, Camila non si sveglia.

Sofi e Alejandro sono tutti i giorni qui, all'ospedale. Io anche, è raro che non passi.

Ormai tutto il mondo sa che Camila è in ospedale e chi faceva parte del suo fandom, anche di quello del gruppo, le sta dando supporto e amore, seppur a lei non sembri importare.

Sono una persona pessimista, io spero davvero che si risvegli, ma ogni giorno che passa quella speranza diminuisce.

Le ripeto sempre parole dolci, quando gli altri non ci sono, le ripeto che la amo e che ci sono tante braccia qui ad aspettarla.

Ho bisogno di lei.

"Non posso dire addio anche a te" le sussurro prima di andare via, per l'ennesima volta, da quella stanza. Mi chiedo se avverta di essere sola o in compagnia.

In ospedale so la strada a memoria, in realtà so gran parte dell'edificio a memoria. Quando portano Camila a fare controlli non posso seguirla, quindi faccio giri di perlustrazione.

O almeno, facevo, adesso vado in un posto che mi piace tanto: il reparto neonatale.

Guardare i bambini, le nascite, la vita, mi tira su il morale. Adoro i bambini. E mi spiace per loro, che nella vita incontreranno sicuramente sofferenza e dolore. Perché la natura svolgerà il suo corso e non le importerà di quanto farà del male.

Oggi ci sono quattro bambini appena nati. Altri invece sono stati portati a casa. Mi avvicino al vetro per leggere i nomi sulle etichette.

Cole, Sarah, Dylan. Il quarto non ha nome, forse non l'hanno ancora scelto.

Ma non è per questo che attira la mia attenzione.

È attaccato ad un macchinario che sembra tenerlo in vita, è simile a quello di Camila, ma spero non sia per lo stesso motivo.

Un'infermiera si avvicina alle mie spalle: "la conosce?" Mi chiede, facendomi capire il sesso della piccola.

"No, cos'ha?" Chiedo sperando di non essere invadente.

"È nata, viva, ma non ha pianto, ha solo stretto i pugni. È strano che sia sopravvissuta, ma capitano casi poco spiegabili. Adesso è in uno stato molto simile al coma, non ha molte ore di vita e non sappiamo quanto vivrà. La madre e il padre non l'hanno riconosciuta, è sola."

Quanto può essere sadica e meschina la vita per renderti tutto così complicato dalla nascita? Cosa può aver mai fatto quest'esserino per meritarsi tutto questo?

"Lei perché è qui?" Mi chiede la donna in camice blu.

"Sono in questo reparto solo perché mi piace vederli, così piccoli e indifesi. Ho una persona molto importante ricoverata qui per un coma. Non che sia molto chiaro il perché di questo stato, visto che non ha subito un vero e proprio trauma. Credo che abbia solo mollato" dico senza quasi pensarci, le parole escono dalla mia bocca senza volerlo, tramutando i pensieri che ho tenuto questi mesi dentro di me.

Ormai ne sono passati tre e mezzo, difatti Aprile sta finendo e il caldo di Miami inizia a diventare pesante. Qui le temperature sono sempre così alte, quasi ti sciogli.

L'infermiera mi sveglia da quei pensieri chiedendomi: "è la signorina Cabello, la persona ricoverata qui?"

Annuisco, tirando con fatica un mezzo sorriso.

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