Capitolo 18.2

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Lascio scivolare il tessuto ruvido dalle dita, mi alzo e indietreggio di qualche passo, mentre cerco di metabolizzare quel che mi è apparso come un lontano ricordo sbocciato dal nulla.
"Papà," scuoto il capo e continuo a compiere passi al contrario, finché le spalle non incontrano il muro, "Non è possibile, non posso essermi dimenticata una cosa del genere."
Chiudo gli occhi e una lacrima scivola giù, inquieta e malinconica.
"Non ci credo, non può essere rimasto assopito per tutto questo tempo, non ha senso."
La furia cieca mi assale, rabbia e delusione montano dentro di me e mi spingono a cercar vendetta.
"Che Thomas abbia volutamente portato a galla quello strano discorso per spronarmi a ricordare quel che stranamente era svanito dalla mia mente?"
A passo spedito mi lancio contro l'armadio di William, lo apro e getto i suoi abiti in aria; mi accanisco sui suoi vestiti, sul suo ordine e sui suoi oggetti personali. Creo caos nel suo piccolo mondo, una paradossale riproduzione del macello che ho dentro.

<Tutto torna amore mio, ma niente resta.>

Ed eccola a confondermi i pensieri già sottosopra, quella voce che mi aveva stordita quella mattina nel bagno con Luke, che mi portava a ripetere quelle frasi apparentemente prive di significato.
"Però è vero, tutto torna. Thomas ha detto che non ha potuto sbarazzarsi di me in passato e che anche adesso, per quella stessa ragione, non può agire; uccidere la figlia del proprio fratello, nonché sua nipote, sarebbe valso come atto ingiurioso. Il tradimento tra Licantropi equivale alla pena di morte, anche se William non ha ereditato la licantropia è comunque un membro stretto, che condivide il sangue con l'alfa."
Cullo le braccia in avanti, poggiandole a peso morto sulla scrivania ricolma di fogli e oggetti. Con uno scatto deciso spingo tutto sul pavimento e la abat-jour si rompe; il rumore che produce rispecchia l'eco del mio cuore che va in frantumi.
Le mani fremono, sudano e reclamano qualcosa da scagliare e rompere, sento il bisogno di sfogare il senso di oppressione che avverto addosso.
<<Perché non avevo memorie di lui come padre?>> prendo la sedia in legno, posta in un angolo della stanza, e la tiro su, <<Come mai lui si è finto mio tutore per tutti questi anni, cosa lo ha spinto a mentirmi in questo modo crudele, facendomi credere di essere completamente orfana.>> inizio a colpire tutto ciò che mi capita a tiro con i piedi scheggiati della seduta, finché il frastuono del vetro rotto non mi desta da questa ira che mi grava sul petto.
Alcune schegge si riversano in terra, altre finiscono fuori, cadono come pioggia affilata; spilli che scalfiscono la carne. La finestra rimane senza specchio, nessuna lastra a contenere il freddo che ora entra con raffiche di vento deboli.

<Non permettere alla rabbia di accecarti.Non farti inghiottire dalle tenebre.>

<<Taci!>> ammonisco il frutto malato della mia mente.
Mi accascio al suolo, la testa trattenuta tra le mani che tremano e le ginocchia premute contro il petto.
"Chi sono io?", dubbi su me stessa, sulla mia identità e su quella di chi mi ha dato la vita, mi assillano.
<Chi sei tu?>
"Non lo so più."
<Oh, sì che lo sai.>
<<No. Non lo so.>> sussurro, esprimendo così a voce i miei stessi pensieri.
"Sto colloquiando con il nulla, con un allucinazione vocale. Semplicemente, sto impazzendo."

<Tu sei il fiore sbocciato da un'illusione.>

Cedo al silenzio e alle sue pesanti carezze, mi assento per guardare il cielo; è già buio fuori, la notte è calata su Respite Town ma la luna ha deciso di giocare a nascondino, nasconde la sua luminosità accattivante dietro nuvole gonfie e grigie.
Le strofe di una vecchia ninna nanna prendono vita, riaffiorano anch'esse da meandri appartati del mio cervello confuso.
Note di un sonno e di un risveglio che non posso fare a meno di intonare.

<<Il buio fa paura,
arriva l'ombra oscura.
Che paura che fa. Che paura che fa...
L'angelo tentenna e la luna si addormenta;
Il demone è feroce e la bimba si lamenta.>>

Midnight Soul [In REVISIONE & MODIFICA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora