Parte 1 30 marzo 1939

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Avranno un anima gli oggetti comuni, le fredde cose che circondano i nostri tiepidi corpi? Pure da loro palpiterà un'essenza simile alla nostra? Il baluginio dell'essere ha un parallelo nelle cose inanimate? E gli oggetti piu' complessi, il frutto dell'ingegno umano, le macchine, posseggono una qualche essenza recondita? Si potrebbe pensare che possano emettere come un'aura, che proviene dalla somma di tutte le loro cromature, di tutte le vernici metalliche, di tutti gli sfolgoranti cristalli, che produce infine un tangibile palpito d'orgoglio! Perfino nel ron ron del motore si sente la gloria di una macchina di razza, e da quel crogiolo quasi mistico che si propaga la loro individuale unicità.

E come sono caute! Con quale circospezione si aggirano nel mondo circostante, noto o ignoto che sia.

La Fulvia, perchè di lei parliamo, non faceva eccezione a questa regola: procedeva con agitazione nervosa, su una strada sconnessa, ed era quasi offesa dal cimento cui la costringevano: non era stata progettata per affrontare quelle carreggiate malamente rabberciate, erano mulattiere a dirla tutta, ma era gioco forza fare così, altre vie di accesso, o di transito non ce ne erano: si trovavano nel lembo piu' estremo dell'Italia del Sud.

La macchina affrontò con corrucciata difficoltà un tornante troppo ripido, decisamente quello non era il suo habitat naturale, la Fulvia pensò con nostalgia al suo creatore, che disegnandola aveva pensato per lei,  un'unica cornice, quella delle grandi capitali europee, aveva pensato a Roma per l'esattezza, dove si rinnovavano dei fasti imperiali, che richiedevano appunto delle vetture di lusso, dei mezzi costosi, che con le loro forme aereodinamiche assecondavano la volontà di modernismo che come una febbre agitava le nuova generazioni.

Niente.

La strada adesso era proprio sterrata. E il fedele esecutore del veicolo, un autista in divisa, condividendo i timori della vettura, scendeva spesso dalla macchina, si guardava attorno con il binocolo e si lambiccava il cervello per trovare il modo di aggirare gli ostacoli vari, gli acquitrini per lo piu,' che seriamente rischiavano di zozzare la bella carrozzeria per non parlare delle buche, veri attentati alle gomme, ma piu' temibili di tutti erano le frane di pietrisco, tutti quei ciottoli che a varie riprese colpivano l'abitacolo, graffiando e scalfendo la vernice color porpora.

Il veicolo prudentemente si arrestò alla fine dell'ultimo viottolo, cosa si doveva fare meditò corrucciato il veicolo? Di qua c'erano dei fronzuti oleandri, carichi di fiori profumati e vermigli, di la un'intera raggiera di fichi d'india, con i loro terribili aculei: quasi si avvertiva il recalcitrare del mezzo.

Pure i passeggeri della Fulvia mal si adattavano a quella situazione di disagio , chiacchieravano distrattamente, o perlopiù l uomo dalla testa rasata ,massiccio ,seduto sul sedile posteriore ,poneva domande oziose al suo solerte segretario.che rispondeva serio e compunto

-e dimmi Giorgio perché è così importante Reggio Calabria?

Giorgio ,un fine giurista,un bel prodotto del glorioso ateneo di Messina,sospiró ,guardando l ex maestrino che si faceva beffe di lui,poi rispose da bravo scolaretto:

-non è importante  eccellenza,ma è il posto in cui sua maestà attuale ,Vittorio Emanuele III,ricevette la notizia dell'uccisione di suo padre,Re UmbertoI, in questo lido semi sconosciuto divenne di fatto il re d'Italia

Mussolini sorrise e disse:

-ci sarà il palco, le luci, e le giovani italiane, dimmi Giorgio sono belle le giovani italiane di Reggio?

Giorgio rispose senza esitazione

-su questo ,duce ,non ci sono dubbi, ho visto le più belle ragazze d'Europa ,a Reggio Calabria.

Mussolini in pericoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora