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La storia degli eletti è vecchia quanto il mondo, e anche scontata a mio avviso: luce contro tenebre, e nessuna prevale sull'altra

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La storia degli eletti è vecchia quanto il mondo, e anche scontata a mio avviso: luce contro tenebre, e nessuna prevale sull'altra. Vi sono pertanto eletti della luce, come me che sono nata da due eletti della luce, ed eletti delle tenebre contro cui mi ritroverò a combattere. Quelli della luce non conoscono l'identità di quelli delle tenebre e viceversa.
William Cedric Blake, il mio tutore, è stato molto chiaro a riguardo:
-Se quelli delle tenebre dovessero scoprire che appartieni alla luce, ti ucciderebbero.-
Ecco perché devo nascondere la mia appartenenza agli eletti, senza farne parola con nessuno.
Facile...se non hai un giovane lupo che ti segue ovunque.
Dal giorno in cui è apparso in mia difesa non mi ha mai lasciata sola.
Gli ho dato nome Zar.
È stato Blake (preferisco chiamarlo così) a presentarci: ogni eletto viene affidato ad una creatura custode che altri non è che una manifestazione fisica, appunto sotto forma di animale, del potere degli eletti. Zar è il mio custode.
-Combatterà assieme a te e ti proteggerà. Ma dovrai fare attenzione e nasconderlo da sguardi indiscreti.- Mi disse Blake consegnandomi l'over soul. Si tratta di una biglia rossa intrappolata in una catenella, dove Zar può nascondersi quando non combatto o quando devo nascondere la sua esistenza.
Oltre all'over soul, Blake mi consegnò un altro simbolo che doveva restare segreto: la croce cerchiata, il simbolo degli eletti. Tutti gli eletti ne posseggono una, identica. È una croce in oro dalle linee sottili, che si aprono in una sorta di giglio adornato di gemme rosse alle estremità. Le linee sono spezzate a metà da un cerchio, anch'esso in oro.
È un oggetto prezioso e può costare la vita. Se gli eletti delle tenebre lo dovessero vedere, scoprirebbero la mia identità, e sarebbe più facile per loro farmi la pelle.
Blake si è premurato di ripetermi questo concetto ogni giorno per lunghi mesi.

Essere un'eletta non è una realtà semplice da cogliere, e nemmeno io capivo cosa significasse questa nomina. Blake mi raccontò diverse storie. Disse che, all'origine, il nostro mondo non era diviso in anelli e furono proprio le lotte tra gli eletti a renderlo tale. Le due frazioni simboleggiano l'ordine, la luce, e il caos, le tenebre, e coloro che ne sono parte tramandano nel proprio DNA una cellula di quello scontro che portò alla creazione degli anelli. Una sola cellula che non si perde nelle generazioni e permette di sviluppare doti di controllo sulla luce o sulle tenebre. Non magia o illusionismo, ma controllo sugli elementi. Così era stato per me possibile plasmare il sole e dargli la forma di Zar.
Scegliendo di essere il mio tutore, Blake si era preso l'incarico di insegnarmi come usare questo potere per la mia sopravvivenza, per la sopravvivenza della luce. Era disposto ad insegnarmi le regole di questo pericoloso tranello per mantenere l'equilibrio dell'universo dove nessuna forza poteva prevalere sull'altra. Mi disse che il giorno in cui le due forze si annienteranno a vicenda, distruggeranno l'intera creazione. Essere eletti significa tentare d'impedirlo.

Far parte degli eletti significa combattere, e prima o poi anche io avrei combattuto, avrei affrontato il mio opposto: l'eletto delle tenebre che avrebbe tentato di uccidermi per restare in vita.
Blake mi preparò ad affrontare e sopravvivere a quel giorno.
Per quattro anni mi allenai con lui ogni giorno, nascondendo i lividi e le ferite, non solo fisiche.
Mi allenò con pazienza, e non scherzo dicendo che sono testarda, scontrandosi più volte con me, insegnandomi a parare i colpi e ad attaccare.
M'insegnò soprattutto ad essere paziente e perseverante.
Scoprì in quegli anni quanto fosse forte Blake: era agile, ragionava alla svelta, intelligente e molto forte.
Combattendo con me, sapevo, usava un accenno della sua forza, del suo potere di eletto.
Non era mai stanco, mai affannato, mentre io la notte crollavo a letto sfinita.
Lui no. Era inarrestabile.
La pantera nera dalle ali del falco era la sua creatura custode: Phaaren. Era veloce e spietata, si nascondeva agile scomparendo nella notte grazie al suo manto lucido come pece. Silenziosa puntava la sua preda, e quando incrociavo i suoi occhi gialli, accesi come fari nella notte che mi paralizzavano dalla paura, sapevo che era troppo tardi. L'agguato andava a buon fine grazie alla crudele agilità e lo sfrusciare delle ali piumate.
Allo stesso tempo Blake era paziente.
Il nostro combattimento tipo, finiva con me che rotolavo a terra piena di lividi (nella migliore delle ipotesi) e Blake che mi raggiungeva camminando tranquillo, come se nulla fosse.
Si chinava su di me e mi aiutava a rialzarmi.
Prima di salutarci e darci appuntamento all'indomani, mi donava parole di conforto e insieme ci facevamo quattro risate.
William Cedric Blake era tra gli eletti più forti, ma di persona sembrava un ragazzo taciturno come tanti. Erano rari i suoi sorrisi, e riservati esclusivamente a me: la sua protetta.
Mio confidente e migliore amico, ho trascorso con lui quattro anni.
Era inevitabile che in entrambe sarebbe presto nato un sentimento. Non ricordo il giorno in cui lo baciai, ricordo però che non si oppose, anzi, ricambiò il mio gesto. A quello seguirono molti altri baci, e allenamenti.
Il mio mondo di eletta era sospeso tra l'amore per Blake e il combattere con lui per preparami a qualcosa di orribile.
Quel qualcosa lo incontrai quando ebbi compiuto sedici anni.

Era l'imbrunire e avevo abbandonato i pomposi e castigati abiti dei lord in favore di un paio di jeans e una maglietta arancione, il mio colore preferito.
Quando Blake era impegnato in faccende degli eletti, Zar ed io ne approfittavamo per giocare e fare qualche scampagnata.
Quella sera ci ritrovammo in una regione del quarto anello, ai cancelli di una villa spettrale. Trascurata nell'aspetto sebbene ancora abitata, aveva tende nere alle finestre e sembrava che la luce del sole non vedesse quel luogo da lungo tempo. Attorno alla villa, tutto era morto.
Guardandola sentì un brivido corrermi lungo la schiena.
Forse la sera dava un tono che sapeva di storia di paura, alla villa a tre piani dal cancello in ferro battuto, ma l'odore che si respirava lì attorno ricordava il fumo di un incendio.
L'erba del giardino era bruciata e restavano pochi alberi neri a sbattere i rami contro le finestre impolverate.
Pochi istanti davanti alla villa erano bastati a farmi promettere di non mettere mai piede in luoghi simili. Volevo allontanarmi al più presto da quel luogo macabro.
Zar scavalcò il cancello.

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