Parte 14

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~ JOSH ~

Mi svegliai con un mal di testa fortissimo, sudato e angosciato. Avevo di nuovo sognato l'incidente. Mi tormentava ormai da troppo tempo.
Mi agitavo nel sonno e poi al risveglio mi sentivo oppresso da qualcosa. Un senso di colpa doveva essere.

Alzandomi cosi precipitosamente svegliai anche Anna che dormiva accanto a me.
La feci spaventare e mi guardò con aria interrogativa.

< Incubo?> mi chiese dopo essersi ripresa dallo spavento.
Non ero pronto a dirle tutto.

< Non ti preoccupare. E' passato>
dissi cercando di tranquillizzarla.

<Dimmi cosa hai sognato> disse implorandolo. Mi guardava fisso negli occhi per cercare di recepire qualche emozione. Ma niente. Il mio sguardo era fisso nel vuoto. Ieratico.

< Fidati di me> aggiunginse successivamente.

< Ho smesso di fidarmi delle persone molto tempo fa.>
Le mie parole erano taglienti. Fredde e dure. Facevano intuire un problema. E forse lo aveva intuito. Ma dovevo tenerlo al segreto per più tempo possibile.
< Di me puoi ancora fidarti>

disse con uno sguardo pieno di compassione.
< Non credo. Non eri tu quella che ha detto che voleva una vendetta? La tua vendetta verso di me? > mi fermai un secondo per riprendere fiato. Mi stavo agitando e questo non era un bene per me.

Più mi agitavo, più i miei battiti acceleravano e il mio cuore si sforzava troppo tanto che l'ultima volta stavo quasi per finire in arresto cardiocircolatorio.
Alle mie parole lei si alzò e si sedette di nuovo sulla sedia.
Le sue mani erano strette da pugni duri che sbattermi al contatto con la sedia.

Rimanemmo zitti per molto tempo fino a quando Anna si alzò e se ne andò sbattendo la porta e lasciandomi solo.

~ ANNA ~

Me ne andai. Ero frustrata e non riuscivo più a ragionare.
Mi dava fastidio avere torto. Ero in colpa con me stessa.
Arrivai con il treno alla stazione e mi avviai velocemente a casa mia.

Aprii la porta e in uno schiocco di dita ero in bagno davanti allo specchio. Volevo osservare ogni minimo particolare della mia faccia magra. Poi improvvisamente trovai una lametta.
Era vicino al lavandino.

Piccola e lucente era risaltata dalla luce che entrava dalla finestra. Ritornò quella sensazione di sollievo che mi dava la lametta mentre mi tagliavo.

Così la presi in mano e incominciai la mia tortura.
Questa volta non mi taglia i solo sui polpacci ma anche sui polsi. Mi sentivo una merda.

Odiavo me stessa, odiavo di avergli detto che volevo una vendetta, odiavo il fatto che non si fidava di me. Aveva ragione questa volta.

Lasciai un biglietto sul lavandino indirizzato a Josh, chiamai il 118 e mi sedetti sul bordo della vasca, con le forze che mano a mano andavano via.
Poi vidi il buio. Il nulla. Il mio corpo si lasciò cadere nella vasca e la mia mente non aveva più il controllo sulla mia carcassa di guerra.
Non c'era niente e nessuno che poteva salvarmi questa volta. Questa volta me ne sarei andata in pace senza ostacoli e avrei riposato per sempre.

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