Parte 19

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~JOSH~

Lei non c'era più nell'abitacolo dell'automobile e proprio davanti al sedile, sul vetro due era formato un grande buco. Lei era stata catapultata fuori. Sulle punte dei pezzi di vetro appuntiti, si vedeva una sostanza scura che gocciolava giù verso il sedile. Mi spaventati moltissimo.
Era orribilante la scena. Mi venne subito da vomitare così corsi fuori dalla vettura è mi inginocchiai nel prato umido.

Vomitai l'anima e piccoli gridolii di paura mi uscivano involontariamente dalle mie labbra.
Gli occhi erano lucidi e qualche piccola lacrima mi solcava il viso fino a cadere nel terreno.

Cercai di riprendermi un po' e poi mi alzai, allontanandosi dall'odore nauseante del vomito.
Cercai di avvicinarmi alla macchina ma era difficile visto che c'era poca luce e io mi ero allontanato troppo.
Dopo pochi passi inciampai e caddi a terra pestando il ginocchio su un sasso.
Rimasi accasciato a terra per qualche secondo e poi guardando dietro di me per vedere cosa avevo preso dentro, vidi il corpo di Anna.

Era distesa sopra al terreno. Piena di quella sostanza viscosa scura che era sangue  e con di sicuro qualche ossa rotte. Probabilmente era svenuta.
Le andai più vicino che potevo ma la puzza che emanavano le sue ferite ancora aperte era orribile.
Chiusi agli occhi in due piccole fessure per recuperare quella flebile luce che c'era e mi riposo il naso con due pezzi di staffa che intanto, mi ero ricavato dalla camicia.
Cerca i di sbagliato a ma non ci riuscii e, per la disperazione che teneva in pugno il mio cuore, incominciai a piangere.

Piangevo come un ragazzina alla quale avevano rubato il gelato o la sua bambola.
Mi sentivo debole e in quel momento pensai veramente che fosse morta.
Dopo pochi minuti trascorsi a piangere sul corpo i se ne della ragazza, in lontananza si intravedevano delle luci di dati di qualche auto.
Era la mia unica speranza.
Corsi più veloce che potevo anche se sapevo che  la mia gamba non mi avrebbe sorretto ancora per molto.
Era l'istinto di sopravvivenza.

Raggiunsi dopo numerose cadute, la strada. Iniziò così, lapiù corsa disperata per farmi notare dalla vettura che appena mi vide si fermò.
Due coppie giovani scesero dall'auto e mi guardarono spaventati.
Mi avvicinai a loro e dissi che oltre a me c'era una ragazza che aveva bisogno di a esistenza subito se no sarebbe morta. La mia ragazza sarebbe morta.

Li portai vicino a Anna, la caricammo sento alla jeep e poi sfrecciammo in direzione dell'ospedale più vicino.

In pratica tornammo al vecchio ospedale che ci aveva appena trattenuti.
Appena arrivati una delle due coppie andò a chiamare dei medici e io aspettai nell'abitacolo insieme ad altre due persone, con la mia Anna tra le braccia.
Le lacrime non si fermavano mai e continuarono a solcare il mio viso per poi terminare sul fragile corpo della ragazza che stavo tentando di salvare.

Arrivarono dei medici con una barella sulla quale posarono Anna.
Venne portata subito d'urgenza nel reparto di terapia intensiva e successivamente in sala operatoria.

Io seguii i medici fino a quando le mie gambe crollarono.
Delle persone mi sollevarono e mi fecero sdraiare su un lettino. 
Le infermiere continuavano a urlarmi di stare calmo ma io dovevo andare da lei.
Dovevo correre dalla mia Anna.
 

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