Liliana accelerò il passo, mentre Ruzzante stringeva il manico di Eucratea.
Più si avvicinavano alla catapecchia, più rumori leggeri e gradevoli riempivano l’area, contrastando i versi degli animali e degli spiriti.
Passarono vicino a una delle finestre, venendo inondati di luce. Minuscole e eteree come semi di soffione, centinaia di fate sedevano sul davanzale. Nel loro intelligibile chiacchiericcio si bagnavano nella luminosità quasi giornaliera che proveniva all’interno della casetta.
In un silenzio colmato da mille suoni, i due viaggiatori fecero il giro dell’edificio e trovarono la porta d’ingresso nel muro che tra tutti era il più rovinato.
Si poteva addirittura scorgere l’interno da un alto frammento mancante.
Ruzzante fece per alzarsi in punta di piedi e sbirciare, ma la principessa lo trattenne per una spalla: se il padrone se ne fosse accorto avrebbe potuto irritarsi e non accoglierli.
Bussò con tre lievi colpi contro la porta di un legno secco e tarlato, che rimase attaccata ai suoi infissi per miracolo.
I rumori di sottofondo cessarono per qualche istante, per poi riprendere, più bassi.
-Vi chiediamo la possibilità di entrare!- gridò Liliana. -Per favore...
Si appoggiò leggermente alle assi della porta, e quelle cedettero del tutto.
-Ah! Mi scusi...
La ragazza, incurante di come si era appena comportata con la guardia, avanzò nella dimora.
Una donna sedeva su una vecchia sedia foderata girata verso la soglia e dalla sua pelle scaturiva una luce che non faceva male agli occhi.
-È... un angelo...- balbettò Ruzzante, avanzando di qualche passo e mettendosi in ginocchio nella polvere.
Liliana, che si stava muovendo con il capo un poco abbassato in segno di precauzionale rispetto, guardò dietro di sé e sorrise: -Vi sbagliate. È una ninfa.
Un lampo attraversò il volto della donna, mentre per un secondo sembrò sorridere. Un suono nuovo si aggiunse per un istante nel sottofondo sovrastato a stento dalle parole alate delle piccole creature.
-Come fate ad esserne sicura?- mormorò Ruzzante, storcendo la bocca. -Ho letto infiniti libri sulla mitologia locale e non, le ninfe sono capaci di variegate e straordinarie abilità, sono difficili solamente da individuare dal resto delle creature magiche, non immagin...
-C’è scritto sul muro.- lo interruppe lei dopo una risatina.
Sulla parete meno diroccata si trovava un’iscrizione a caratteri distinti e chiari, sbiaditi dal tempo.
“Mi chiamano Ema.” Iniziava la prima riga. “Sono una ninfa del suono, insieme alla mia non qui presente sorella. Non parlo per scelta, se ne occupa il mio respiro per me.”
Liliana ripeté ciò che leggeva a voce alta, mentre Ruzzante si rialzava spazzolandosi i pantaloni con una mano e osservando la donna, che muoveva solamente gli occhi e le palpebre, respirando, facendo nascere una composizione di melodie che sfiorivano dopo un grappolo di momenti.
“Poco lontano dalla mia dimora si trovano alberi e cespugli di frutti, se siete affamati potete gustarli. Un corso d’acqua scorre poco lontano. Fermatevi per poco, per favore.”
Il corpo luminoso della ninfa fremette, aggiungendo un nuovo suono appena percettibile, come per dare un assenso a quella iscrizione.
Liliana, ritrovata un po’ di forza, saltellò fuori dalla casa, cercando il cibo promesso dalla scritta sul muro.
Dopo un attimo di esitazione Ruzzante rimase nella abitazione, avvicinandosi alla donna, che rimaneva immobile.
Si fermò e si accucciò per incrociare i suoi occhi, che irradiavano una luce ancora più pura del resto del corpo.
Abbassò il capo e chiuse le palpebre.
Sospirò.
Si morse le labbra.
Alzò la testa, fissandola, mentre lo sguardo di lei scandagliava la sua memoria.
Deglutì, immerso nei suoi pensieri.
L’uomo stava per parlarle, quando Liliana rientrò, con un sorriso, le braccia cariche di cibo.
-Le piante ci sono per davvero! Il ruscello è ormai un rigagnolo, ma non abbiamo problemi grazie all’acqua che abbiamo preso dal fiume.- posò il tutto sul tavolo polveroso, che subito minacciò di cedere.
-Cosa state facendo?- mormorò subito dopo.
-Stavo osservando questo peculiare fenomeno, principessa.- rispose lui, alzandosi in piedi. -Il fatto che brilli è un qualcosa di straordinario e terribile.
La ragazza sorrise: -State attento, Da Virgilio: vi rammento che può sentirvi e che non è costretta a stare nella sua posizione.
-Lo comprendo.- commentò lui, allontanandosi dall’entità. -Per qualche ragione ha scelto silenzio e l’immobilità. Chissà quanti segreti di viaggiatori come noi porta nella sua mente...
-Da Virgilio!- gridò l’altra. -Avanti, cessate di importunare la padrona e venite a mangiare.
L’uomo sbuffò, mentre sul suo volto si apriva un sorriso pensoso.
Cenarono.
Cercarono di dormire, sul pavimento, vicino a quella confortante fonte di luce piena di rumori.
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Incroci
MaceraLa principessa Liliana da Felce e la sua fedele guardia del corpo Ruzzante da Virgilio decidono di viaggiare alla ricerca del cavaliere Tullio da Virgilio, che sembra scomparso in guerra...