Capitolo Ventuno

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Liliana saltellò perché le piante spinose non le graffiassero gli stivali, mentre Ruzzante aveva gli occhi più rivolti alle sue spalle che sul quasi immaginario sentiero.
Rimasero in un silenzio inframmezzato solo da un canticchiare spezzato di Liliana, che si divertiva a camminare sui rami bassi degli alberi, a correre fino a nascondersi alla vista della guardia tra le sterpaglie, ad accarezzare le cortecce e la punta dei fili d’erba, mettendo il fuga le fate, con un’allegria che raramente l’uomo le aveva mai scorto in volto.
Quando lui glie lo fece notare, lei sorrise, gettando la testa verso il cielo di un blu striato da nuvole nere: -È naturale.- replicò. -Oggi arriveremo sicuramente a Montescuro. Oggi conoscerò il mio destino. L’emozione mi attanaglia.
Ruzzante sorrise, con una tonalità nervosa. Per qualche istante rimasero muti, mentre gli stivali di Liliana andavano a tempo con l’ormai famigliare chiacchiericcio magico.
Finalmente, dopo aver impostato ogni frase, la guardia parlò: -Liliana, voglio solo dirti che, uhm...- chiuse la bocca, per un istante. -Io, in... in entrambi i casi del tuo destino, se Dio vorrà, ci sarò sempre. All’inizio... all’inizio del mio lavoro, tu eri solamente un dovere. Avevo... avevo studiato, diciamo, per fare quello, e i mieei genitori, colta la tua solitudine, mi hanno introdotto al re, e lui mi ha accolto. Per una cosa che quasi sicuramente sarebbe durata tutta la mia vita. All’inizio ero restio, più avanti, rassegnato... ma infine... posso solo trovare felicità tra i miei sentimenti. Sei una donna terribilmente amabile, Liliana, sono sicuro che renderai follemente felice chiunque riuscirà a posare le sue labbra sulle tue.
I passi della ragazza si erano fermati, nel folto della foresta, circondati dai sussurri delle fate, qualche metro davanti all’uomo che, continuando ad avanzare, si avvicinò a lei.
Sentendo i suoi occhi sul volto, la principessa distese un sorriso quasi imbarazzato, mentre commentava con un semplice: -Grazie, Ruzzante.
La guardia ricambiò ancora più nervosamente, prima di correre verso un albero, aggrapparsi a un ramo e sparire tra le fronde, alla ricerca del giusto cammino.
Liliana aspettava appoggiata al tronco, canticchiando pensosa la stessa melodia, con toni più gravi.

Gli alberi, quasi in una maniera impercettibile, iniziavano a diventare radi, il costante sottofondo di risatine fatate sempre più fioco. Se le supposizioni di Ruzzante erano esatte, una volta usciti dal bosco si sarebbero ritrovati davanti alla periferia del campo di battaglia di Montescuro.
Giunti alla vista di uno stemma riconoscibile, avrebbero chiesto del cavaliere Tullio, apprendendo il suo fato.
Accadde tutto in un istante: Liliana aveva appena innocentemente pestato la radice di un albero, e quella scivolando si strinse alla sua caviglia.
Con un gridolino di sorpresa  la principessa cadde a terra.
In un istante, Ruzzante era chinato vicino a lei: -Cosa succede?
-Qualcosa mi ha preso il piede!- lamentò lei, divincolandosi.
La guardia trasse Eucratea, pronto a tagliare, se necessario, l’intero albero, quando un ramo, da un’altra pianta, calò repentino sull’uomo, attorcigliandosi al polso che teneva in mano l’arma e strattonandolo.
Una risatina filtrò tra gli alberi, immobilizzando le reazioni dei viaggiatori, da confusi a curiosi.
Si guardarono attorno, ma nessuno era in vista.
D’improvviso, con una scarica impressionante di scintille, una figura comparve davanti a loro.
Di spalle.
L’apparizione vestiva di un abito dall’aria pesante ricolmo di fiocchi e veli, con lunghi capelli neri racchiusi in una coda voluminosa.
La persona si guardò attorno, spaesata, prima di accorgersi che i due erano dietro di lei.
Si girò.
Aveva il volto oscillante tra confusione e trionfo. Dal polso fino alla punta delle dita, le sue mani erano nero pece.
-Una strega!- gridò Ruzzante, riconoscendo quel segno particolare, cambiando il pugnale di Clavis in scudo.
Il volto dell’essere divenne ancora più confuso, prima di tendersi in un sorriso un po’ troppo tirato: -... avrei voluto dirlo io, ma va bene.- agitò le nere dita davanti al volto, come per darsi un fare misterioso. -Sono una strega!- fece, con un sussurro misterioso. Alzò di scatto un braccio, un dito puntato verso il cielo scuro, mentre l’altra mano era su un fianco. -Nellabellla!- respirò. -È il mio nome!- sbatté le palpebre un paio di volte. -Mio! Sì! Strega! E...- aprì la bocca per acquistare nuova aria. – Siete, ora, in mio potere!
Nel mentre Ruzzante aveva tagliato i rami che si erano attorcigliati su di sé, liberando subito dopo la caviglia della sua protetta.
Verso la fine della presentazione, entrambi fronteggiavano la nuova arrivata.
Questa cambiò leggermente la sua espressione, tinta ora di irritazione.
-Certamente.- disse, tra sé. -Certamente.
Alzò una mano e gridò, chiudendola a pugno: -Legati!
Dopo un bagliore, una moltitudine di foglie secche precipitò sui due viaggiatori che, seppure un iniziale turbamento, ne uscirono indenni.
La strega, da qualche parte dentro la gonna, pestò un piede, facendo ondeggiare i capelli.
-Sempre così, è sempre così.- mormorò, scuotendo le dita come se fossero bagnate e riprovando: -Legati!
Un albero vicino fu tagliato di netto, crollando pesantemente a un passo dai ragazzi.
Lanciando un grido di frustrazione, Nellabella si portò le mani alla testa, gettando quella che sembrava un’imprecazione nella stessa intonazione della lingua fatata.
Facendo frusciare il vestito e i veli a lui attaccati, d’improvviso scoraggiata, si sedette per terra, incrociando le braccia con lo sguardo basso.
Liliana e Ruzzante si guardarono, con uno sguardo interrogativo, decidendo silenziosamente di avanzare verso di lei.

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