Capitolo Dodici

5 5 0
                                    

La sua guancia posava sui ciottoli umidi dell’argine del fiume, mentre le sue gambe, inerti, erano ancora immerse nell’acqua.
Ruzzante stava lentamente riprendendo conoscenza quando avvertì il suo braccio sinistro che veniva alzato e tirato, facendo slittare il suo corpo un po’ di più verso l’asciutto, e una voce che borbottava latino in un incessante mormorio.
Liliana!
Gli occhi della guardia brillarono, mentre si ricordava della sua protetta. Abbandonò con una punta di malincuore quel troppo piacevole torpore e aprì gli occhi muovendo a poco a poco le membra.
-Da Virgilio!- disse qualcuno, interrompendo la cantilena e lasciando che il suo braccio cadesse a terra per andare ad esaminare meglio il volto dell’uomo.
Era proprio la ragazza. Con i corti capelli bagnati e arruffati, il vestito lungo macchiato di sangue e ricolmo di strappi e la borsa magica a tracolla.
Voltò la testa: Eucratea e il coltello scudo erano posati sull’erba della foresta, da cui erano circondati.
Il solito sottofondo di risatine canzonatorie e infantili giunse dagli alberi: ancora una volta le piccole fate sembravano farsi beffe di loro.
-Principessa...- mormorò lui, muovendosi a carponi completamente all’asciutto tra mille dolori. -Sono contento che stiate bene.
-Anche io lo sono.- replicò lei, sorridendo fiera.
La guardia, dopo aver passato qualche minuto a scuotere la testa e a premersi le dita sul volto, riuscì ad alzarsi con la forza recuperata.
-Siete stata voi a trarmi in salvo?- disse alla ragazza, aggiustandosi le armi in vita.
-Oh, beh.- mormorò Liliana, falsamente modesta, togliendosi la sacca e porgendola a Ruzzante. -L’acqua a poco a poco mi ha come ridestata.
Appena l’uomo prese in mano l’oggetto, chiuse le mani a pugno, cercando di non focalizzarsi sulle memorie appannate di qualche ora prima.
-Avete indizi sulla nostra posizione?- chiese, assicurando la sacca alla schiena.
-Sono spiacente.- mormorò lei. -Ho trovato solamente un cespuglio di more. Il muschio ricopre da ogni lato il tronco di queste piante. Non conosco altro modo per sapere da che parte si debba andare.
-State tranquilla.- rispose l’altro, chiudendo gli occhi e ricollegando la memoria a scene di quando era bambino, di quando, cercando modi più semplici per aiutare suo padre nella caccia che non fosse imbracciare una pericolosa balestra, era salito sopra un albero per scovare i movimenti del bosco negli spazi non mangiati dalla maestosità delle chiome degli arbusti. -Ho una soluzione.
-Prima di qualsiasi cosa, da Virgilio, guardate altrove.- mormorò la ragazza. -Ho intenzione di liberarmi subito di questi abiti peccaminosi.
La guardia annuì, per poi abbassare lo sguardo. Incontrò la sua giacca, il cui colore originale, il blu, stonava con il vermiglio sanguigno.
Si accucciò a terra e vomitò.
-Penso che li sostituirò anche io.- disse, asciugandosi la bocca con una manica.

Dopo il cambio di vestiti e l’abbandono degli altri nella corrente magica del fiume tiepido, Ruzzante illustrò l’idea alla principessa: si sarebbe arrampicato su uno degli alberi, per capire la loro posizione e la loro distanza da Montescuro.
Liliana approvò il piano, osservando i raggi di luce che filtravano tra gli alti rami delle piante.
L’uomo consegnò lo scudo e la sacca alla ragazza, tenendosi solamente la fedele spada Eucratea.
Ispezionò gli alberi vicini, trovando quello più adatto al suo scopo, iniziando subito ad arrampicarvisi sotto gli occhi della protetta.
Un ramo dopo l’altro, uno sforzo a intervalli che non sembrava avere fine, sempre più in alto: la guardia arrivò infine, accucciandosi, sull’ultimo ramo abbastanza grande da sostenerlo.
Con un grande respiro, l’uomo si alzò in piedi, leggermente traballante, sbucando fuori dalla chioma dell’albero, venendo abbracciato dai raggi del sole, che lo lasciarono leggermente stordito.
Osservò l’ambiente circostante. Dopo quell’infinito mare di foglie vide un campanile, troppo lontano per arrivarvi entro la notte. Dal lato opposto, appena visibile per la lontananza, si trovava una enorme città gettata su un monte bruno. Ai suoi piedi si scorgeva una piana brulla, colorata tenuamente da insegne, stemmi e bandiere.
Montescuro.
Sulla minuscola strada che gli occhi della guardia riuscivano a distinguere che portava alla meta, si distribuiva ancora la foresta, un pezzo del fiume e un grappolo di città talvolta distinguibili soltanto dalle imponenti mura colorate e dalle guglie delle chiese.
Ruzzante abbassò la testa, ignorando le istintive vertigini, guardando la principessa, che stava riempiendo una delle loro borracce dell’acqua del fiume.
-Spostatevi!- gridò.
La ragazza si ritrasse, mentre l’uomo, incastrato tra i rami per non cadere, traeva dal fodero Eucratea e la lanciava a terra, nella direzione che dovevano seguire.
Infine scese, con circospezione, tirando un profondo sospiro di sollievo quando sentì il terreno sotto i piedi.
Liliana si era avvicinata alla spada, che era caduta in diagonale davanti a un gruppo di alberi.
L’uomo la raccolse, passando le dita sulla lama, ancora leggermente incrostata di sangue, come per scusarsi con lei.
-Ho visto le città al di là della foresta. Montescuro è all’orizzonte.- infilò la spada nel fodero. -Per di qua.
La principessa sorrise e annuì, seguendolo.

IncrociDove le storie prendono vita. Scoprilo ora