PSICHE

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"Arrivederci" borbotto sbattendole la porta in faccia prima di uscire dalla stanza, quel posto serve solo per tormentare i miei ricordi e giudicare i miei pensieri.
Sospiro e, nel frattempo, come ogni mercoledì pomeriggio torno in camera mia percorrendo il solito e monotono corridoio azzurro che separa gli alloggi degli studenti dalle aule professionali del comitato studentesco, compresa una psicologa.
La psicologa dovrebbe occuparsi dei malati di mente...non degli innamorati impediti.
Come diamine ci sono finito?
Oh...Abigail.
Lei...è bellissima...con i capelli ricci e biondi che le incorniciano il viso e scendono in ciocche ingestibili lungo le spalle, fino al fondo schiena; i suoi occhi sono marroni, ma con qualche screziatura di colore verde...occhi che ho l'occasione di ammirare tutti i giorni dato che quando le parlo sono l'unica persona che guarda negli occhi...
Ma come sto pensando?
Fanculo.
Apro la porta della mia stanza e mi butto frustrato sul letto.
La luce filtra dalle finestre, illuminando le pareti verdi e riflettendosi contro gli oggetti che possono attirarla a se.
Quanto vorrei Abigail, fra le mie braccia, ora.
La sua pelle pallida a contatto con la mia abbronzata e le sue mani piccole e fredde che non riescono a stringere le mie troppo grandi e calde.
Distolgo lo sguardo dal soffitto per spostarlo sul mio compagno casinista che è appena tornato da chissà dove.
Adrian mi guarda perplesso e io sbuffo quando l'odore di fumo mi invade le narici.
"Com'è andata sta volta?" biascica e si siede accanto a me barcollando con fare teatrale mentre mi raggiunge.
Fantastico è anche ubriaco!
"Bene" mi allontano da lui per andare ad aprire la finestra.
Abigail non viene mai qua, in camera mia...non puó inalare le particelle di fumo per il semplice motivo che è asmatica.
A pensarci bene non l'ho mai invitata da me...che idiota che sono cazzo.
"Oii, Terra chiama Andrew Hue" ride Adrian beffardo e con la testa in un altro mondo più che mai.
Ma come puó presentarsi a lezione così?
"Fanculo amico" lo fulmino con lo sguardo, prendo la cartella ed esco dalla stanza.
Detesto i luoghi chiusi, sono tetri e assillanti.
Non quando c'è lei in una stanza: è capace di renderla bella, persino di farla brillare di luce propria.
Sono le tre del pomeriggio e, dato che nella mia stanza di privacy non ne ho, raggiungo la biblioteca per studiare: sabato ho un compito di storia che deve assolutamente andare bene.
Apro il computer e sembra passare un'eternità mentre cerco di capire qualcosa sulla tetrarchia e bla bla bla... alzo lo sguardo verso l'orologio: 15:30.
Non ce la posso fare, cazzo.
Gemo sommessammente e proprio quando inzio a concentrarmi, un profumo familiare inizia ad aleggiare nella piccola stanza con solo 10 posti studio e con le pareti di un giallo sbiadito, a tratti scrostato.
Fingo di stiracchirmi e alzo il capo con l'intenzione di cercarla: un viso pallido con le guance arrossate e una matassa di capelli ricci e splendenti come il sole si siede accanto a me.
Non riesco mai a distinguere se il velo di rosso sulle sue guance è per il caldo o per il disagio che prova spesso quando è con gli altri.
Sospira mentre appoggia il lap-top sul grande tavolo, accanto al mio, poi mangia una caramella alla fragola.
L'odore si mischia al suo profumo dolce ai frutti di bosco.
"Hey" mi guarda, radiante di felicità, ma il suo lato timido ed esitante che cerca invano di nascondere non manca mai.
"Ciao" le sorrido senza smettere di osservarla.
Ha le labbra rosa, quasi rosse per il rossetto sbiadito; il naso piccolo e poco definito le aggrazia il viso e...
Andrew basta!
Se continuo così mi interneranno...o intensificheranno la terapia che sto facendo con la psicologa.
Sento una strana pressione fredda sulla mano: Abigail che l'accarezza per riportarmi alla realtà.
"Scusami" balbetto "dicevi?" osservo i suoi occhi che in questa prospettiva e con questa luce tenue e flebile sembrano più scuri.
Trascorriamo le due ore successive a studiare e scherzare sui nomi strani degli imperatori del passato.
E il suo sorriso sincero spazza via, per un attimo, il ricordo della pietosa seduta di stamattina.
Arianne, la mia psicologa, non capisce cosa provo per lei.
Per Abigail.
"A che serve storia?" si lamenta mettendo via l'astuccio e i quaderni nel piccolo zaino rosa che porta sempre in spalla con se.
"Bella domanda" l'aiuto tenendole qualche libro tra le braccia.
"Grazie" mormora, imbarazzata, sistemandosi una ciocca bionda dietro l'orecchio.
L'accompagno in camera portandole i libri pesanti colmi di appunti scritti alla perfezione incastrati tra le pagine.
Ha una calligrafia semplice, ordinata: viene alternata su pagine bianche con i pennarellini di colore blu e rosa.
Odia il rosso, quindi come alternativa ha scelto il rosa affermando che il tutto, in presenza del colore, è meno monotono.
La monotonia...cavolo che cosa triste che è.
Sono stanco di seguire il branco...stanco di vivere la mia vita con le stesse azioni, le stesse emozioni, le stesse...cose.
Da bambino ogni cosa era come un piccolo bocciolo colorato...tutto nuovo e sorprendente, ma ora?
Stessi corridoi, stessa scuola, stesse persone, stessa routine, stessi spazi...tutto è uguale a se stesso.
Banalmente vorrei fuggire: vivere in un luogo dove le novitá sono travolgenti.
L'unica novità che ho il piacere di assaporare fin dentro le ossa è lei.
Ogni giorno è nuovo, diverso, colorato e fottutamente sorprendente.
Lei non è il bianco o il nero, ma il grigio.
Confuso e stravagante: senza confini precisi.
È...libera. Insolita.
Il suo cuore scandisce il tempo con un ritmo nuovo mai sentito.
E io invece?
Se mi guardo dentro...cosa?
Andrew...non so cambiare, non riesco a dare una svolta.
Non rischio e lei non è così.
Nessuno é come me: quatto e attento anche a quanti respiri giornalieri devo emettere.
No, gli altri vivono.
Il nero che mi sporca tanto poi si lava...ma il mio nero è indelebile, scuro come il catrame ed inevitabile.
E questo rende tutto monotono.
Uguale...solo la diversità cambia le cose: travolge e inonda questo posto di merda che ci cade addosso.
Quindi fanculo, Abigail: cambieró per te.
Porteró i colori nella mia vita: rosso per donarti amore, giallo per brillare e vederti sorridere, verde per aiutarti a inseguire i tuoi sogni e azzurro per preservare la tua spensieratezza.
Scarteró il nero della tristezza e il bianco dell'indifferenza per ricostruire il suo miscuglio di colori: il grigio.
Come hai fatto te.
Hai mescolato tutto.
Tutti.
E lo faró anche io.
Per te, Abigail.
Solamente per te.
"Ci vediamo a cena dopo e...ah! Ogni tanto passa da me. Camera 38" le sorrido risquotendomi dal mio soliloquio interiore ed invitandola da me.
"Ma certo, 19:30 saró da te. Scendiamo a cena insieme" sorride e mi saluta con un bacio sulla guancia prima di chiudere la porta.
Wow, sto migliorando...forse mamma, Arianne e mia sorella Scarlet avevano ed hanno ragione...
Non illuderti, Andrew.
Non illuderti.
                      • • •
"Perchè sei qui?"
Sorrido ingenuo ad Arianne.
"Per parlarle di Abigail e lei è qui per parlarmi di quanto sia irrazionale questo amore"
"No Andrew"
Sbuffo e distendo le gambe guardando per l'ennesima volta la stanza della dottoressa Allen.
Le pareti color cremisi sono coperte da dipinti di colori brillanti nei quali sembra essere possibile scorgere delle illusioni ottiche create dall'artista.
Una luminosa finestra permette alla luce di entrare, ma solo in parte, dato che è incorniciata da pesanti, spesse tende di velluto blu.
La libreria alla mia destra si staglia lungo la parete, fino al soffitto, e i libri presenti in essa sembrano incontabili.
Il lampadario ondeggia piano quando dei buffetti  d'aria s'inoltrano nella stanza quatta e antiquata.
Arianne picchietta l'unghia smaltata di un viola brillante sulla scrivania di legno color noce mentre attende il flusso di parole che quotidianamente dovrei rammentarle.
Penso le abbia imparate a memoria anche lei a questo punto.
Guardo l'orologio sulla parete alla mia sinistra: il suo ticchettio fastidioso scandisce il tempo, i minuti, i secondi e la cosa è alquanto irritante.
Sospiro e chiudo gli occhi per un attimo: d'altronde sono passati solo 5 minuti da quando sono sprofondato su questa sedia scomoda e scricchiolante a ogni minimo movimento...
"E allora cosa dovrei dirle?" sbuffo e alzo gli occhi al cielo senza farmi notare da Arianne.
È una donna di mezz'età, minuta, con gli occhi neri, piccoli e vigili che sono in perfetta sintonia con i capelli nero corvino raccolti in una crocchia disordinata, di solito le scendono lungo le spalle fino a metà schiena.
Le rughe, leggermente accentuate, le solcano il volto quando cambia espressione.
Sto divagando. Cazzo.
"Raccontami la tua storia. Di lei, Abigail" ha la voce gentile ed accogliente, simile a quella di una mamma che non ho mai avuto.
E di sicuro non è tagliente e puntiglioso come quello dei professori.
Ha un che di...terapeutico ed è rilassante, ma al contempo estenuante.
Il nome della ragazza che amo mi provoca un fremito nel petto, lungo la spina dorsale divagandosi in tutto il corpo con il passare dei secondi.
Affascinato e ammaliato, come sempre, chiudo gli occhi e mentre parlo penso a lei.
Al nostro primo incontro.
Al nomignolo "Abby" che lei detesta.
Al nostro ultimo-primo bacio.
Mi chiedo quanto potró resistere: amarla da lontano, il novanta per cento delle volte, mi infligge nostalgia.
Sono stato un emerito coglione ad averla trattata male...peró solo stando con lei ho capito cos'è il vero amore.
"Hai mai pensato di ricominciare premendo 'Reset' come in un videogioco?"
La domanda blocca il flusso di pensieri che stavo cercando di riordinare, come un muro che compare dal nulla e ti costringe a fermarti.
"No" rispondo e la dottoressa, perplessa, fa per parlare, ma la blocco prima del tempo.
"Il motivo è semplice: non cancellerei mai il mio passato, per quanto tormentato sia, perchè amo ogni momento ingenuo condiviso con lei. Le voglio bene. E mi creda, dottoressa Allen, a quello che le sto per dire. Il nostro amore è basato sulle esperienze che abbiamo avuto; e proprio quelle esperienze hanno rafforzato i miei sentimenti che non si decidono a lasciarla".
Sospiro e cerco di evitare gli occhi scrutatori e intensi di Arianne.
Sorride.
"Ci vediamo domani, Andrew".

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