BECAUSE...

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Ottobre.
Il vento freddo contro la mia pelle screpolata mi fa rabbrividire, ormai il sole sta calando e il mio felpone non è sufficiente per scaldarmi.
La musica nelle orecchie mi accompagna lungo il vialetto del dormitorio centrale e mentre commino osservo il paesaggio attorno a me: gli alberi con i rami ricoperti di foglie dai colori caldi discontinui fra loro, alcune piante ormai sono per metà spoglie.
I sassolini scricchiolano sotto le mie Nike mentre varco l'ingresso, attraverso l'atrio e raggiungo i miei amici.
Faccio un cenno col capo per salutare tutti e accolgo volentieri le labbra calde di mia sorella contro la pelle fredda della mia guancia.
Sorrido ad Irina ed Eureka prima di spostare lo sguardo su Abigail.
Indossa dei jeans attillati neri abbinati a una maglietta antracite, aderente e con le maniche a 3/4; noto anche le sue unghie ricostruite smaltate di nero in armonia con l'anulare argento.
Il suo sguardo incrocia il mio e osservandola percepisco un sussulto prima che la mia attenzione si sposti sulle parole del discorso di Adrian.
Quasi tutto l'istituto affolla il prato: alcuni ballano in pista, altri bevono qualsiasi bicchiere presente sui tavoli, mentre i più asociali, come me, stanno seduti su dei tronchi umidi, con una birra in mano, a osservare le fiamme dell'immenso faló.

Una folata di profumo ai frutti di bosco mi invade le narici e un corpo caldo affianca il mio; le sorrido stupito e al contempo ammaliato dalle sue screziature verdi illuminate dalle fiamme ardenti che ci riscaldano.
"Hey" mi guardo le mani congiunte sulle gambe.
"Come stai?" mormora, come al solito ha la voce rauca.
"Bene, tu?" la guardo: è di profilo che scruta ció che la circonda.
"Potrebbe andare meglio" si alza e mi porge la mano "andiamo".
Colgo l'occasione e stringo le sue dita con le mie mentre la seguo in un posto più appartato.
Mi siedo su un masso non troppo grande e lei si accomoda sulle mie gambe; le cingo la vita con le braccia e ascolto il suo respiro agitato colmare il nostro silenzio.
Non capisco, non la capisco; ho trascorso un'estate senza pensarla minimamente e ora, che è qui con me, il mio cuore palpita tremolii senza sosta.
"Mi sei mancata" mormoro contro il suo collo.
Volta appena il viso verso il mio scostando i morbidi ricci nella direzione opposta: le mie labbra sono pericolosamente vicine alle sue tanto da poter percepire il suo respiro irregolare.
"Andrew" sussurra e scruta il mio viso assorto nei suoi lineamenti mentre col pollice della mano destra mi accarezza il labbro inferiore.
Sospiro appena, sento il mio corpo immobile scosso da flebili tremiti che mi velano la cute di pelle d'oca; inclino appena la testa e sfioro le mie labbra con le sue.
Il burro cacao alla pesca addolcisce la fugacità con cui le nostre labbra si scontrano: da un bacio delicato lei prende l'iniziativa e accarezza la sua lingua contro la mia, trasformandolo in un bacio possessivo.
Percepisco la sua ansia diventare tranquillità, accesa dalla passione, quando il suo corpo si rilassa fra le mie braccia.
Tutto sembra spegnersi attorno a noi, o almeno, attorno a me finchè sento il freddo della sera soffiarmi sulla pelle e il caos circondarmi.
Le guardo il viso rigato di lacrime mentre due idioti ridono alle sue spalle.
"Poveri piccioncini" urla uno dei due prima di allontanarsi dileguandosi nella folla, stringo i pugni e reprimo la rabbia.
Abigail sembra una bambina con i vestiti macchiati di chissà quale alcolico per colpa di uno di quei due cazzoni che le ha versato addosso il bicchiere con il solo scopo di allontanarla da me.
Mi alzo e la stringo al mio petto.
"Sei bellissima" sussurro appoggiando il mento sulla sua testa.
Singhiozza e nasconde il viso contro il mio petto.
È stupefacente come i nostri coetanei siano ignoranti, come la nostra generazione sia frammentata da persone differenti.
Perchè creare divergenze fra noi esseri umani?
Alla fine ognuno di noi è se stesso, ma proprio per questo non deve essere emarginato o deriso.
In fondo, se ci pensiamo, siamo tutti sullo stesso orizzonte, accomunati dalla vita dove la quale lei stessa ci congiunge attraverso altre sfaccettature quotidiane.
Abbiamo tutti almeno un fattore in comune, qualunque esso sia, ma nessuno è diverso a tal punto da essere discriminato.
Io sono ció che sono, fiero di me stesso in tutti gli ambiti.
Sciolgo piano l'abbraccio dopo che la percepisco tranquillizzarsi fra le mie braccia, sfilo la felpa e gliela porgo.
Questo silenzio mi devasta l'anima, vorrei sentire la sua voce e non limitarmi ai gesti.
La osservo indossare la mia felpa grigia della Nike, le sta grande e non valorizza le curve del suo corpo, ma non importa: il solo pensiero di lei con un mio indumento addosso mi fa minimamente credere che lei mi appartiene anche se non è così.
"Grazie" mormora mentre si asciuga le guance ancora umide.
"Non dare peso a loro, erano ubriachi e domani non si ricorderanno nulla" le sfrego dolcemente, ma pressando appena, la guancia sinistra per toglierle il trucco degli occhi colato.
"Spero, dato che li vediamo ogni mattina alle lezioni di biologia" tira su col naso e mi guarda negli occhi.

"Andiamo?" la scruto notando la stanchezza nel suo volto pallido.
Le prendo le mani nelle mie e le stampo un tenero bacio sulle labbra rosee.

Attraversiamo il corridoio femminile mentre ci teniamo mano nella mano, è troppo taciturna e io sono troppo emozionato all'idea di dormire accoccolato a lei.
Apre la porta e mi fa cenno di accomodarmi, faccio un passo verso di lei e le prendo il viso fra le mani guardando le sue iridi illuminate dalla tenue luce del corridoio.
Si alza sulle punte e io automaticamente mi chino verso il suo viso.
"Sono un disastro" sussurra e mi bacia.
È un bacio lento e bisognoso, quasi disperato.
Una lacrima si insinua fra le nostre labbra e per darle sicurezza la attiro a me cingendole la vita con le braccia.
Il bacio si intensifica e quando diventa troppo salato mi stacco appena asciugandole le guance paonazze.
"Scusa" abbassa lo sguardo e solo ora percepisco l'odore acre che ci ricopre.
"Posso restare per la notte?" la tengo per i fianchi ed entriamo nella stanza, mentre un profumo di ciliegia si fa largo fra le mie narici la osservo chiudere la porta a chiave.
"Si" mi guarda e sorride appena "in cambio lasciami la tua felpa".
"Te la regalo" sorrido, spero tanto che in questo momento non si sente battere il mio cuore.
"Accomodati" mi indica il letto dopo aver acceso la luce.
"Scarlet resta con Adrian?"
"Si" la guardo prendere il pigiama da sopra il cuscino del suo letto "mi faccio una doccia per togliere sta puzza di schifo" alza gli occhi al cielo con un sorrisino che le istiga le labbra, poi sparisce in bagno.

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